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TESTO Il silenzio della gioia

don Mario Simula  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (13/12/2020)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

In ogni creatura l'anelito alla felicità è insopprimibile!
E' un bisogno che affonda le radici nel cuore incandescente del nostro DNA umano.
Potremmo osare di più e dire: anche la creazione, tutta intera, vorrebbe essere sempre feconda, dissetata, curata, amata. Perfino trattata con tenerezza. Vuole essere felice di colori, di frutti, di acque limpide. Di animali che guizzano e volano e corrono.
Se scaviamo nelle zolle di ogni terra, troviamo un tesoro che reclama felicità.
Anche il dolore più intenso e inspiegabile è, a suo modo, una domanda irrisolta di godimento. Il pianto di ciascuno spera di trasformarsi in giubilo.
Per raccontare questo desiderio, il nostro linguaggio si serve di parole diverse tra loro: felicità, allegria, divertimento, euforia, spensieratezza, risata, baldoria.
La melodia della terza domenica di Avvento ne usa una soltanto.
La parola è gioia.

“Fratelli, gioite, siate sempre lieti. Ve lo ripeto: gioite, siate sempre lieti. Il Signore è vicino”.
La ragione della gioia è il profumo del Signore Gesù che ormai è alle porte. La ragione della gioia è il Signore Gesù che ci libera. La ragione della gioia è il Signore Gesù che non ci lascia mai soli nella lotta, ma condivide le lacrime e la vittoria.
Il messaggio del nostro Dio umano, è traboccante di speranza e di dolcezza.
Noi abbiamo paura. Alcune esperienze, ci scoraggiano. Certi incontri suscitano tristezza. Relazioni anche intime e a lungo vissute, si trasformano in prigioni dalle quali vogliamo scappare.
Il nostro stesso desiderio di rimanere fedeli al Signore non riesce nelle strettoie più pericolose della vita, a passare indenne in mezzo alla tentazione di tradimento.
Sempre, sempre ci ricompare la voce del Signore: “Siate nella gioia. Niente deve turbarvi. Cercate nel vostro profondo. Nell'abisso, nel quale soltanto voi potete entrare, troverete sempre le tracce della gioia”.
E' così. Non può non essere così. Noi possiamo attraversare ogni deserto, possiamo essere risucchiati dalle sabbie mobili, possiamo incontrarci con gli aspetti più sconcertanti delle nostre persone, e Dio ci ripete: “Siate nella gioia”.
In queste parole è racchiuso ciò che veramente stiamo cercando. Anche quando siamo lontanissimi da Dio.
Si apre davanti ai nostri passi la settimana dell'avvicinamento deciso al Signore.
Prendiamo in mano tutta la nostra vita. Guardiamola senza paura. Mettiamola sotto la luce abbagliante della verità e abbandoniamoci all'azione di Dio che si affianca alla nostra fatica e ci dice: “Cammina con me. Cammina e canta. Cammina seminando nel pianto. Ritornerai ricco di frutti e di gioia. Della mia gioia”.
Dio non ci promette una vita fuori della realtà. Tutto ciò che ci procura sofferenza appartiene tragicamente al nostro limite e alla nostra vulnerabilità. Ci accompagnerà sempre.
Dio non soltanto ci promette, ma ci assicura la gioia di chi ha lavorato sulla propria persona e sulla propria storia con rettitudine a fatica. Anche se dovessimo sbagliare, Dio accetta il dolore dolce del nostro pentimento. Ci dà la grazia di attraccare al porto della gioia e della letizia.
Se accogliamo il dramma umano con un cuore così disponibile e aperto, assetato fino al punto da anelare alla fonte limpida del cuore di Dio, avverrà che il consacrato del Signore, Gesù, porterà a noi tutte le ricchezze dello Spirito Santo. Porterà il lieto annuncio della gioia alla nostra povertà, la cura delle piaghe che fanno sanguinare i nostri cuori spezzati, la conquista della libertà affrancata da ogni schiavitù.
Ci regalerà un tempo di grazia.
Allora gioiremo pienamente in Gesù, colui che salva. La nostra anima esulterà in Dio perché ci ha rivestito degli abiti nuziali. Dio che trasforma le nostre aridità in un giardino rigoglioso di amore: pienezza di pace, di giustizia, di fraternità.
Questo fiume sotterraneo di gioia vuole scorrere sempre in noi. Ci domanda di non spegnere mai l'amore dello Spirito dentro la nostra vita. Ci invita a scegliere sempre il bene. Ci chiede di custodire tutta la nostra persona, spirito anima e corpo, perché siano pronti a ricevere il Signore Gesù che viene. Ci confermerà in quella gioia che nessuna nube, nessuna tragedia, nessuna perdita affettiva, nessuno sbaglio possono prosciugare.
Giovanni, testimone della Luce, è la voce forte e autorevole che ci invita ad attendere con certezza la gioia che viene da Gesù, che bussa ormai alla soglia della nostra casa.
Ci è capitato, penso, molte volte di trovarci nel terrore dell'angoscia, quella che avvilisce l'anima e potrebbe inaridirla e portarla alla disperazione. Poi ci siamo fermati. Abbiamo urlato: “Grido a te, Signore. Perché ti nascondi. Perché davanti a noi oscuri il tuo Volto. Ascolta la nostra voce”.
Abbiamo pianto senza consolazione e soli.
Lentamente si è addolcita la morsa che imprigionava il cuore e la dolcezza del riposo si è fatta strada.
Stava lentamente invadendo l'anima quella gioia che, oggi, ci porta al Natale.
Giuseppe piange, Maria piange. Hanno vissuto la loro crisi. Dio stesso piange davanti al nostro dolore e davanti al nostro male.
Nella grotta c'è la tenera bellezza della gioia di un bambino. La desideriamo. Verso di essa camminiamo, ancora un poco. Camminiamo con i piedi sanguinanti e gonfi, ma camminiamo e cantiamo nella gioia.

Gesù, voglio comprendere nelle midolla, il gusto della tua Gioia.
E' più facile che mi perda inseguendo le mie infedeltà, le mie disgrazie, il dolore di un amore che si spegne, l'abbandono di una persona amata che muore.
E' più semplice seguire l'amarezza delle mie delusioni, del fallimento dei miei progetti. Mi sembra più grande la mia ribellione titanica e povera, come se potesse restituirmi ciò che ho perso o possa garantirmi ciò che mi manca e desidero.
Gesù, voglio comprendere, gustare, sentire, toccare, vedere la tua gioia. Mi passa accanto come una carezza così delicata da non accorgermene perché il chiasso delle mie amarezze è molto più alto e assordante.
Gesù, la tua gioia rimane sempre in me come ultima sponda per salvarmi. E' la promessa che soltanto il tuo amore riesce a mantenere, anche quando la prova ci sfinisce per la stanchezza e per il peso.
Gesù, la tua gioia sa stare insieme con le mie lentezze, con le mie disattenzioni, con i miei peccati.
Tu, Gesù, non la cancelli mai dalla natura più intima di me tua creatura.
Può cambiare la rappresentazione. Lo sfondo che, tuttavia, mi fa sentire sempre nella tua vicinanza e nel tuo cuore è e rimane la gioia.
Gesù, tu hai mani generose, un cuore che ama con viscere di misericordia, uno sguardo che consola, parole di bontà e di vita, gesti di tenerezza e di maternità. Vieni e visita i cunicoli oscuri della nostra storia e inondali di gioia. Soltanto della tua gioia. L'unica che appaga e sazia. L'unica che sa stare accanto al dolore. L'unica che sempre sa dare gusto all'amore. Anche all'amore sofferente. Vieni, Gesù, Signore della gioia.

 

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