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TESTO Commento su Marco 1,1-8

fr. Massimo Rossi   Home Page

II Domenica di Avvento (Anno B) (06/12/2020)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Cominciamo dall'inizio!

Il Vangelo di Marco inizia dalla predicazione di Giovanni. E tutto quello che era accaduto prima?...ad informarci sugli antefatti ci pensano gli altri Evangelisti, in particolare san Luca, che ascolteremo tra due settimane...

Ora tocca a noi preparare la strada al Natale del Signore, anche per gli altri.

Marco cita la profezia di Isaia, quella che abbiamo ascoltato come prima lettura: “Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore...”; ma il secondo evangelista cambia la punteggiatura: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore...”. Mentre il profeta esorta a preparare il cammino nel deserto, lontano dal frastuono della città, il Vangelo, invece, richiama il deserto come luogo dove si trova colui che predica.

Domanda: “E chi ci va nel deserto ad ascoltare un predicatore?”.

Il tempo forte dell'Avvento è un'occasione preziosa per recuperare la dimensione contemplativa, detto più semplicemente, il raccoglimento: quell'atmosfera necessaria a vivere un incontro intimo con la persona amata. In verità, oggi, questo bisogno di intimità, intesa come raccoglimento, al sicuro dalle chiacchiere, dagli sguardi indiscreti, dai rumori delle strade,... sembra che non sia più così tanto avvertito dai giovani. Disinvolti e disinibiti fanciulli e fanciulle non sono per nulla imbarazzati, tantomeno infastiditi dal caos urbano,... Beati loro!

Resta il fatto che il dialogo con Dio richiede un ambiente e una disposizione d'animo che mal si accordano con il frastuono, la confusione e la fretta di una metropoli.

Se poi, invece di parlare di spazi più o meno idonei, vogliamo parlate di tempi, il discorso fila liscio lo stesso, e forse ancora di più. Per incontrare il Signore, non è necessario abbandonare le nostre situazioni; in molti casi non sarebbe neppure possibile, per tante ragioni, non ultimo il fattore economico. È sufficiente ritagliarci un momento nella giornata, anche pochi minuti, nei quali spegniamo il telefono, lasciamo il computer in stand by, e apriamo la Bibbia...

Sto dicendo cose strarisapute, mi rendo conto. Ma chi lo fa?

Raggiungere l'intimità con Dio non è facile, e soprattutto è frutto di un lavoro lungo, perseverante, coraggioso, anche ostinato. Del resto, le vicende dei profeti che la Bibbia ci racconta non sono mai vicende facili, e i risultati sono frutto di un lavoro di anni... tutta una vita!

Con un velo di apparente cinismo, potremmo dire che Dio non regala niente a nessuno; l'incontro con Lui ha il sapore di una conquista.

A pensarci bene, c'è un legame di proporzionalità diretta tra fatica e valore: non è una tesi matematica, ma una semplice constatazione, un dato di esperienza. Non lo dico solo per il rapporto di fede: tutto ciò che riscuote importanza nella nostra esistenza, un legame affettivo, lo studio per conseguire un titolo accademico, per non parlare della professione, richiedono sudore e sangue!
Nessuno stupore, dunque!

Riscoprire la nostra identità di creature, risalire alle origini, e scoprire Dio, lo ripeto ancora, costituisce il risultato di uno sforzo che rasenta il sovrumano!

Ma in questa “fatica di Ercole” non siamo soli. Qualche cosa di analogo accade quando ci mettiamo in viaggio per raggiungere, magari a piedi, un santuario famoso - Compostella, Lourdes, Fatima,... -: coloro che lo hanno fatto, si sono resi conto che la loro idea non era poi così peregrina, ma l'avevano avuta in tanti... Strada facendo sono stati aiutati, e hanno aiutato loro stessi altri a perseverare nella fatica. Fatica premiata, sempre! Nessuno è tornato a casa a mani vuote: tutti hanno raccontato di avere trovato, di avere capito, di avere incontrato,... e si sono ripromessi di ripetere l'esperienza.

Ma, per intraprendere il viaggio dello spirito verso Dio, non è necessario mettersi fisicamente in cammino. L'icona del pellegrinaggio rimane tuttavia un richiamo suggestivo.

L'ho chiamato viaggio dello spirito verso Dio: ma è anche un viaggio verso noi stessi; un viaggio interiore. Già Caterina da Siena, grande mistica domenicana, parlava della cella interiore, la cella dell'anima, nella quale dimorava regolarmente in compagnia del suo dolce Signore.

Mille anni dopo uno dei più grandi scrittori cattolici francesi, Eric-Emmanuel Schmitt scrive così, a proposito di Gesù, tentato dal demonio nel deserto: “Mi ero seduto sulla sommità di un promontorio (...). Attorno a me nient'altro che spazio. Nulla da sperimentare se non il puro fluire del tempo. (...) Improvvisamente, senza che mi muovessi, ho cominciato a cadere. (...) Precipitavo dentro me stesso. Come potevo supporre che ci fossero simili scogliere, precipizi così vertiginosi, centinaia e centinaia di passi all'interno di un unico corpo umano? Stavo precipitando nel vuoto. Quanto più la caduta accelerava, tanto più forte gridavo. Ma la velocità soffocava il mio grido. (...)
E lentamente si consumò la trasformazione.

Ero disceso nella fucina della vita, nel centro, nel focolare, là dove tutto si fonde, si fonda e si decide.

(...) Stavo bene. Non provavo più né fame, né sete. Nessuna tensione mi torturava.

Provavo un appagamento totale. Non avevo trovato soltanto me stesso in fondo a quel deserto.
No. Avevo trovato Dio.

Da allora, ogni giorno, rifeci il viaggio immobile. (...) Mi tuffavo all'interno di me stesso. Andavo a verificare il segreto. E sempre raggiungevo l'insostenibile chiarezza, mi gettavo tra le sue braccia, e là trascorrevo un lasso di tempo incommensurabile. (...).

Dentro di me c'è qualcosa di più di me stesso. C'è in me un tutto che non è me e che tuttavia non mi è estraneo. C'è in me un tutto che mi oltrepassa e mi organizza, un tutto sconosciuto da cui si diparte ogni conoscenza, un tutto incomprensibile che rende possibile ogni comprensione, un'unità da cui derivo, un Padre di cui sono il Figlio. (...)

Ho fatto la scommessa di credere che le mie cadute, le mie gravi meditazioni, mi conducessero a Dio e non a Satana.

Ho fatto la scommessa di credere che avevo qualcosa di buono da fare.

Ho fatto la scommessa di credere in me stesso.”.

Buon viaggio a tutti!

 

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