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TESTO Costruire il futuro nell'attesa del Veniente

padre Gian Franco Scarpitta  

I Domenica di Avvento (Anno B) (29/11/2020)

Vangelo: Mc 13,33-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Quest'anno siamo tutti in aspettativa per il fenomeno della pandemia da coronavirus che ha destabilizzato intere nazioni, famiglie e singoli individui e viviamo nella speranza che questa parentesi storica, di cui si farà senz'altro memoria nel tempo, abbia un epilogo di pacificazione e di sostenibilità. Si spera da parte di noi credenti che codesta esperienza possa apportare in ciascuno un rinnovamento, un cambiamento di posizione e di punti di vista all'insegna dell'umiltà che garantisce l'accrescimento della fede che incentiva la speranza, sfociando queste virtù entrambe nella carità operosa. La pandemia, con i suoi bollettini di vittime, ricoveri e contagi e con i conseguenti squilibri sul fronte della società e dell'economia, non può trovare terreno arido nell'animo umano, ma deve costituire un monito al cambiamento consapevole di noi stessa in vista del rinnovamento del mondo, che ci conduca a non considerare nelle sole risorse umane il fondamento del successo e dello sviluppo della vita globale: nulla è possibile senza l'intervento divino nella storia, nulla è possibile a noi se escludiamo Dio dalla nostra vita e tutto diventa illusorio quando estromettiamo i moniti del Signore dall'impostazione dei nostri criteri di convivenza.

Oltretutto, quello che sta succedendo con il dilagare esponenziale del coronavirus non costituisce una novità, se osserviamo con attenzione certi eventi narrati dalla Bibbia come l'invasione della cavallette in Gioele, ler dieci piaghe in Egitto, i noviluni, la peste bubbonica che colpì i Filistei, i morsi dei serpenti nel deserto che uccidevano il popolo... Tutti avvenimenti puntualmente corredati da appelli divini alla conversione e alla deliberazione di una condotta giusta e conforme, non sempre tuttavia ascoltati; moniti al ravvedimento per la correttezza e l'onestà di vita, che tuttavia non in tutte le circostanze il popolo d'Israele è solito prendere sul serio.

Anche ai nostri giorni la crescita esponenziale dei contagi può essere interpretata come una visita del Signore con un appello all'umiltà e alla conversione per la ricerca della giustizia e della pace che si consegue nel rispetto dei diritti dei più poveri e nella reale solidarietà verso gli ultimi.

Se si disattende questo monito, non sarà possibile conseguire quello che tutti aspettiamo: la fine dell'incubo, l'arrivo di un ritrovato medico efficace (un vaccino) e il ritorno a una convivenza serena senza più osservare le distanze sociali. In questa visita presente di Dio che ci chiama a conversione, abbiamo infatti di fronte l'obiettivo futuro della liberazione e della gioia.

Per questo motivo l'esperienza che stiamo vivendo ci introduce nel tempo di Avvento, che oggi cominciamo e che riguarda un periodo immediato di quattro settimane che ci separano dalla celebrazione della venuta nella carne del Signore, cioè del Natale. Anzi, la triste esperienza che viviamo, con i suoi connotati di restrizioni e di limitazioni accompagnate dalla cronaca di spiacevolissimi eventi, ci aiuta a considerare l'Avvento come “venuta” prossima di un Dio che è tuttavia sempre presente e attuale con i suoi moniti al cambiamento e alla conversione.

Ci attende un periodo di circa 30 giorni di intensa predisposizione al mistero dell'incarnazione, contrassegnato da impegni, combattimenti spirituali meglio avvalorati da rinunce e mortificazioni ascetiche, incentivi spirituali come la preghiera e la meditazione, il tutto corredato da concrete opere di carità che attestino la serietà e l'efficienza di un simile percorso. Ma al contempo si tratta anche di un periodo nel quale non va omessa la gioia, la serenità d'animo e la letizia, tipica di chi sta aspettando con ansia che arrivi qualcosa di piacevole che cambierà il corso della sua vita.

Avvento significa infatti “arrivo”, “venuta” che comporta un atteggiamento di attesa e che in tempi pagani comportava l'arrivo o il ritorno di imperatori o di condottieri militari dopo un trionfo bellico e che dal IV secolo in poi per la chiesa caratterizza il “venire” di Dio che entra nella storia nelle vestigia di un Bambino e quindi l'attesa che questa speranza si realizzi e questo, seppure richiede una condotta di esercizi di continui, non può che essere motivo di contentezza, perché è appunto la gioia il costitutivo dell'incontro pieno e definitivo con Dio.

Il periodo di Avvento ci ragguaglia del fatto che Dio è presente ma che al contempo è anche il nostro avvenire, che lui “è” sempre, cioè cammina con noi e non ci abbandona, e tuttavia è sempre un “veniente” che ci viene incontro.

Dice il testo dell'Apocalisse: “Pace da colui che era, che è e che viene” (Ap 1, 4), che Dio è eternità, sempre presente ma che viene nel mondo. Osserva Moltmann che nelle lingue europee il concetto di “futuro” è diverso da quello di “avvento”: il futuro comporta un divenire, un trasformarsi continuo che procede dall'essere; l'avvento riguarda invece un venire. Dio non è quindi “futuro” nel senso che si trasforma o che muta nel tempo essendo egli eternità e perfezione; egli è Avvento, cioè colui che viene e che ci si fa prossimo e nel quale noi troviamo il nostro futuro. A trasformarci dovremmo essere invece noi, mutando le nostre condizioni in meglio, perché in Dio possiamo trovare il nostro futuro. Cio che sarà dev'essere infatti costruito dal Signore stesso che nella sua grazia santificante inabita in noi e opera copiose trasformazioni e innovazioni; Dio trova spazio in noi e agisce misteriosamente a nostro vantaggio e beneficio, tuttaia non senza la nostra collaborazione all'opera della grazia e con la buona volontà e umile disposizione.

Il futuro è pertato ciò che saremo al momento dell'incontro con il Signore.

Riassumendo, l'Avvento è nell'immediato la preparazione attenta e convinta alla celebrazione liturgica della Solennità del Natale, quando esalteremo la gloria divina che raggiunge gli uomini nel mistero dell'incarnazione del Verbo in un Fanciullo a Betlemme, ma questo è solo il riflesso dell'Avvento che è il venire di Dio al quale andiamo costantemente incontro. E' la perenne attitudine nostra ad andare incontro a Colui che viene in ogni momento nell'oggi ordinario e che verrà in un futuro che dipende dal nostro impegno oltre che dal suo intervento nella nostra vita. Costruire il futuro nella speranza e nell'operatività e così andare incontro a Colui che viene, questo è l'Avvento. Le pagine della liturgia di oggi tratteggiano che questa attesa è speranza di ciò a cui anche inconsapevolmente noi aspiriamo: “Se ti squarciassi i cieli e scendessi!” esclama il profeta Isaia e con questa espressione si fa portavoce di un'emergenza recondita che alberga nell'animo umano, quella di infrangere le barriere dell'isolamento e dello sconforto non già per mezzo di artefatti del suo ingegno, ma con la venuta stessa di Dio nel mondo. E Dio, pur essendo Altro dal mondo, non esita ad assumere il mondo in Gesù Cristo, il suo Verbo fatto carne che viene ad abitare in mezzo a noi per dare compimento a questa attesa e a questa speranza (Gv 1, 14) e mantenendo così le sue promesse.

Sempre la liturgia odierna però esorta che anche l'uomo si disponga alla venuta di Dio, particolarmente con un verbo all'imperativo che non è nuovo neppure nelle Domeniche precedenti: vegliate.

Perché qualcosa possa destare stupore e contentezza, occorre che ci sorprenda come avviene quando inopinatamente si riceve un graditissimo regalo che da tempo desideravamo; così pure perché possiamo gioire dell'incontro con Dio che in Cristo viene a farci gradita visita, occorre che questa visita sia a sorpresa, non preannunciata e che si trasformi in incontro e non in un esame che ci trovi impreparati. Vegliare vuol dire attendere il Signore senza distrazioni, saldi e determinati nei nostri propositi, imperterriti nella fede e nella speranza, senza dara vinta alle devianze e alle tentazioni. Al contempo la veglia comporta la creatività e l'inventiva, la sollecitudine nel bene e nella virtù, la perseveranza nella carità anche di fronte alle insidie che spingono in senso opposto.

In termini concreti vegliare significa confidare in Dio e accrescere la nostra umiltà per rinvigorire il dono della fede, con i mezzi della preghiera, del ricorso ai sacramenti, il rapporto con la Parola di Dio da prediligere come strumento di raccoglimento per l'edificazione interiore; vegliare comporta pazienza nelle avversità e fortezza nella prova con l'ausilio di rinunce e privazioni che sollecitino l'innalzamento dello spirito verso l'assoluto rendendoci solleciti verso chi è privo del necessario. Per ciò stesso il vegliare comporta il risvolto dell'amore in concrete opere di carità e di abnegazione che convincono e convertono gli altri molto di raffinati e dotti insegnamenti.

E' particolarmente questo il tempo di non lasciarci avvincere dal sonno del torpore e della tiepidezza, ravvisabile in questa esortazione compendiosa dell'Avvento alla quale ci esorta Paolo:

“Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità”Rm 12, 12 - 13).

 

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