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TESTO La logica del profitto porta a valutare gli altri e noi stessi come merce di scambio

Michele Antonio Corona

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/11/2020)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Il rapporto dei tre servi col padrone è la chiave di volte per capire il significato della parabola ed evitare di utilizzarla in modo moralistico o capitalistico. La paura blocca e rende aridi, la fiducia apre e porta frutto.
Siamo davanti a una parabola notissima e utilizzata molto spesso per valorizzare le capacità personali di ciascuno. Scriveva Rinaldo Fabris nel suo commento al vangelo: la lettura di questa parabola è fortemente condizionata da tendenza interpretativa che esprime molto bene l'etica della borghesia commerciale e imprenditoriale. I talenti sono le qualità umane e anche i beni che si devono far sfruttare al massimo; quello che viene condannato è il rappresentante della pigrizia fatalistica e improduttiva. Rischio che abbiamo corso tutti, cercando di leggere il brano come una sorta di invito a tener conto delle proprie capacità e investirle in qualcosa di utile. Più che dai talenti è meglio partire dal rapporto tra padrone e servi che si evince nei dialoghi conclusivi. Mentre i primi due sono buoni e fedeli e hanno un atteggiamento simmetrico, il terzo attira l'attenzione del lettore: è su di lui che si dilunga il racconto di Matteo. Nelle sue parole e in quelle rivoltegli dal padrone si manifesta una relazione di paura, di contabilità spietata, di distanza abissale, di diffidenza. Tutti atteggiamenti che non possono in alcun modo nutrire un rapporto e renderlo sereno. Le parole del servo evidenziano come è il padrone, il suo padrone, il concetto che ha di lui. L'atteggiamento del terzo è caratterizzato dalla mancanza di fede che sposta le montagne, come ha detto Gesù. Lui nasconde il talento per paura di perderlo e, soprattutto, per paura del padrone. L'accento negativo del finale (una condanna terribile di esclusione) è il frutto della sua paura, proprio come l'esclusione dal banchetto delle 5 vergini era causata dalla loro insipienza.

 

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