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TESTO Bisogna far fruttare i talenti che abbiamo

mons. Roberto Brunelli

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (15/11/2020)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Ricorre oggi la penultima domenica dell'anno liturgico, le cui letture, come quelle della domenica precedente e della seguente, invitano a considerare il momento in cui ciascuno passerà dalla vita terrena a quella che verrà dopo.

La seconda lettura (1Tessalonicesi 5,1-6) risponde alla domanda sul quando questo accadrà. Inutile consultare oroscopi o maghi o altri imbroglioni; l'apostolo spiega: "Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte", cioè senza preavviso, e ne deduce che a scanso di brutte sorprese occorre essere pronti. Il cristiano coerente, peraltro, mira ad essere pronto sempre: "Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro: infatti siete tutti figli della luce, figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre".

La notte, il buio, sono simboli del male; il cristiano è "figlio della luce" se conduce una vita in positivo, anche per prepararsi al momento in cui della sua vita si tireranno le somme. In proposito, il vangelo (Matteo 25,14-30) presenta la parabola dei talenti: dovendosi allontanare, un padrone affida la gestione dei suoi beni ai dipendenti, cinque talenti a uno, due a un altro, e uno a un altro ancora; al ritorno, premia i primi due che si sono dati da fare tanto da raddoppiare il capitale, mentre "licenzia" il terzo, che si è limitato a custodire quanto ricevuto, senza farlo fruttare.

I talenti erano monete di gran valore; Gesù ne fa il simbolo delle innumerevoli capacità e possibilità di bene di cui ciascun uomo è dotato: l'intelligenza, la salute, il tempo disponibile, il possesso di beni materiali, gli incontri con altri uomini e così via, e su tutto l'impareggiabile possibilità di conoscere Lui e vivere un rapporto stabile e arricchente con Lui. Di talenti dunque ne abbiamo tanti: tradotto, abbiamo infinite possibilità di operare in positivo, per il bene nostro e di chi incontriamo, e per la maggior gloria di Dio, che ci ha fatto a sua immagine e somiglianza. Dio è il sommo bene: più operiamo in bene, più gli assomigliamo, così rivelando la sua grandezza, e insieme anche la nostra.

In questo quadro, due motivi di rammarico: quando dobbiamo riconoscere di aver sprecato i talenti affidatici, e quando - qualcuno ne è convinto, o quanto meno lo dichiara - riteniamo di non averne. In verità nessuno è senza talenti: la parabola implica che almeno uno è affidato a tutti. Nessuno è senza talenti; per il solo fatto di esistere, ogni creatura è un valore; dichiararsi incapaci talora è un alibi alla pigrizia.

In realtà quanti talenti si trovano, anche là dove l'opinione corrente di solito non li riconosce! Prendiamo le casalinghe: sino a non molto tempo fa le leggi le classificavano nullafacenti; solo da poco si è compreso che una donna di casa è dotata di multiformi abilità: lavora di braccia, tiene i conti, alleva i figli, gestisce le spese, e magari trova tempo anche per coltivare amicizie e interessi culturali e per dare una mano ad altri.

Per tanto tempo non si è capito quanto una donna sappia essere versatile; eppure lo riconoscevano già avanti Cristo: la prima lettura di oggi (Proverbi 31,10-31) è costituita appunto dal vivace ritratto di una donna saggia, operosa e timorata di Dio. Dice: "Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto; gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani; stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani; le sue opere la lodino alle porte della città".

 

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