PERFEZIONA LA RICERCA

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Al trono hai preferito una tenda

don Angelo Casati  

don Angelo Casati è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

Domenica di Cristo Re (Anno A) (08/11/2020)

Vangelo: Gv 18,33c-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 18,33c-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Usiamo parole e poi Dio le sconfessa. Oppure per un poco le accetta, si richiude nelle nostre parole, nei nostri ristretti pensieri - forse anche perché sa che noi le cose ce ne vuole perché le capiamo - ma poi - lasciatemi dire - a lui, Dio, manca l'aria. Ed esce. Perdonate la mia lettura, ma accade per parole come "re" e "regno" che ritroviamo nelle letture e nelle preghiere di questa solennità di Gesù re dell'universo. E vengo alla prima lettura, tratta dai libro di Samuele. Alla fine mi pulsa dentro una domanda: "Ma Dio ci sta o non ci sta?".

Vedete, Davide, visto che lui abitava una reggia da incanto, pensa che sia venuta l'ora che anche Dio abbia un tempio sontuoso. Il profeta lo asseconda: "Fa' quanto hai in cuor tuo". Ma non sempre i profeti sono in sintonia con Dio. Dio vuole che Natan vada a precisare al re che sino a quei giorni, lui, Dio, la sua presenza e vicinanza l'aveva significata con una tenda che accompagnava il cammino del suo popolo: "sono andato vagando sotto una tenda". Quasi a sottolineare che la mobilità della tenda fa la differenza, la differenza con l'immobilità di una casa, di un tempio.

Poi Dio cede, accetta, ma, direi, a una condizione: che non si cancelli la memoria di un Dio che va vagando, la mobilità, la cosa che più gli sta a cuore. Tanto che, a futura memoria di un Dio vagante, nel cuore del tempio, nel santo dei santi, dovrà essere custodita la tenda di quell'incredibile traversata, la tenda dell'alleanza, ora immobile, ma con un particolare intrigane: negli anelli dell'arca siano lasciate a memoria le stanghe con cui veniva portata. Come se Dio volesse che non si velasse mai, proprio mai, l'immagine, per lui ingualcibile, del Dio della tenda, di un Dio che non è fermo, cammina con il suo popolo che vive sotto tende. E lui come loro.

Ho bisogno - credetemi - di sentirmi parlare di un re dalla tenda. Ho bisogno di sentirmene parlare in questi giorni, così difficili per tanti di noi, giorni nei quali io mi sento quasi in colpa come un privilegiato. Abbiamo bisogno di un Dio che la regalità non la metta sui troni, ma in una tenda. E non stiamo forse attrezzando tende per ospedali? Ebbene a questo bisogno mio, nostro, di un Dio della tenda, c'è stata per grazia una risposta: leggo nel prologo del vangelo di Giovanni che "il Verbo mise la sua tenda in mezzo a noi". Permettete che mi esprima così, è uscito da dove l'avevamo rinchiuso - mentalmente e localmente rinchiuso - per ritornare ad essere il Dio dei vaganti, dei pellegrinanti, dei nomadi.

Siamo per natura vaganti, pellegrinanti, nomadi, oggi e lo saremo domani. E lui, metterà la tenda, la arrotolerà quando noi la arrotoleremo, la pianterà là dove noi la pianteremo. Così sino alla fine. Penso che per me non sarà molto lontano l'ultimo arrotolamento. Il re della tenda, Gesù. Mai fermo. Di lui Pietro fa sintesi. Dicendo: "Passò tra noi beneficando". Ma, permettetemi, non fu elargizione dall'alto. Come sogliono fare i re. Lui no, attraversò la vita. E non si permise - lasciatemi dire - una tenda diversa. Più sicura, resistente alla bufere. Sua passione non era la sicurezza per sé, ma la difesa strenua di una idea di umanità, che rispondesse a quella che da suo Padre aveva imparato: "Va', e battiti perché sia salva la dignità di ogni donna e di ogni uomo, la dignità della terra, la casa comune".

A volte, o spesso, apparve come uno fuori coro, in un mondo che cantava altre immagini e inseguiva altro, altro che fa il male dell'umanità e della terra. Voce solitaria, fuori coro, voce da zittire: metteva in discussione equilibri che erano squilibri, tornaconto per pochi. "Togliamolo di mezzo". E lui non va a cercarsi un tempio in cui garantirsi. Non dice: "Taccio", e nemmeno dice: "Non se lo meritano, guardali!". Voi avete intuito. Intuito che sto andando alle immagini che di lui ci ha lasciato stamane il vangelo di Giovanni.

Eccolo, fa impressione questa sua solitudine. Ci spacca il cuore la scena. Il dialogo di Pilato con Gesù e quella sua affermazione di essere re sono in un quadro da brivido. Fuori dal tribunale le autorità giudaiche che glielo hanno portato, vogliono sbarazzarsi dell'uomo giusto per salvaguardare il loro potere, li spinge l'odio, l'invidia, la gelosia. E pensate l'ipocrisia: il giorno seguente sarebbe stato giorno di festa e loro si guardano bene dall'entrare: contrarrebbero un'impurità rituale. E stanno uccidendo il Giusto.

E lui, Pilato, che fa un fuori dentro continuo, tra la folla fuori e Gesù dentro, lui intuisce che ha a che fare con un giusto, ma l'ambizione, il potere, il successo è ciò che comanda in lui. Comanda e lo divora la ricerca del consenso, la febbre dei sondaggi. C'è una folla di cui accattivarsi, la folla che fa tifo per l'uomo forte. E che se ne fa di un giusto inerme, ammanettato? Voi mi capite, nell'aria questa immagine insolente del regno: rendersi visibili, mostrare i muscoli, essere sprezzanti, dominanti. E lui, a poche ore dalla croce, a dire - e come non irriderlo? - che lui, sì, è re - e credetemi mi si ribaltano le immagini: di regno, del regnare, di trono. E lo dice in vigilia di un trono che si chiama croce. Ma capite che si destabilizza tutto.

Tutto un mondo che noi abbiamo costruito, costruito all'inverso, costruito e idolatrato. Il Dio che non domina, niente trono, mette la tenda. E difende così un'altra idea di anima. di vita, di umanità, di terra. A prezzo di croce. "Il mio regno" dice "non è di questo mondo", nel senso che è tutto un altro mondo. Ha tutta un'altra logica. Qualcuno ritraduce, meglio "il mio regno non è da questo mondo!. Per dire che appartiene a questo mondo, ma ad appassionarci - potremmo forse dire - non è la logica del trono da preservare, ma della tenda con cui condividere.

Voi avete intuito perché c'è connessione, stretta connessione, tra la solennità di Cristo re e la giornata mondiale del povero che oggi celebriamo. Se vogliamo essere servitori del regno non si tratta di costruire troni, ma di mettere la nostra tenda vicino alla tenda di tutti. E che tutti abbiano una tenda. E "nessuno" ammonisce il nostro Arcivescovo "sia lasciato indietro". Se non vogliamo regredire. Voi mi capite. Capite perché io abbia avuto un sussulto giorni fa, quando è passata la notizia che, nella chiesa dell'ospedale San Luigi di Orbassano, file di brandine erano state allestite là dove c'erano i banchi per i fedeli. Ho pensato al Dio della tenda. Vagante tra noi vaganti.

E noi con la nostra tenda.

 

Ricerca avanzata  (53922 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: