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TESTO Commento su Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (04/10/2020)

Vangelo: Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Anche questa domenica, come la scorsa settimana, ritroviamo la vigna, immagine ricorrente nel linguaggio biblico, che assume un'identità centrale della riflessione che le letture di oggi ci invitano a fare. Gli attori della prima lettura e del vangelo sono gli stessi: il Signore che prepara la vigna, l'accudisce, la fa crescere e poi l'affida alle cure degli uomini, ma i risultati sono ben lontani da quello che il Signore si aspettava.
Il canto dell'amore deluso, che abbiamo letto in Isaia 5 (1-7), è una pagina molto severa. Le sue vicende ripetono costantemente lo stesso motivo: da una parte l'amore di Dio con tutte le sue sollecitudini per il popolo (il Signore si aspettava uva buona), dall'altra un'ostinata infedeltà e, di conseguenza, una desolante sterilità (e invece si trova ad avere frutti acidi). Ma la pazienza di Dio ha un limite e ci sarà un giudizio molto severo. Questa è anche la nostra storia: viviamo in un mondo che si dice cristiano, ma che ha perso i connotati evangelici, il coraggio della fedeltà e della coerenza. Anche noi contribuiamo a devastare questa vigna.
Pure il salmo 79 parla della vigna, popolo di Dio, piantata dal Signore, ma devastata; e invoca il Signore perché torni a visitarla e a proteggerla.
Matteo, con la parabola dei vignaioli assassini, rende ancora più cupo, se possibile, il quadro. A differenza dell'immagine di Isaia, qui il padrone dà la vigna in affitto a dei contadini e se ne va lontano. Chi riceve in affitto una vigna non può ritenersene il padrone. Matteo ci fa capire che la malvagità può raggiungere livelli ancora più alti di quelli descritti dal profeta Isaia: i contadini arrivano a uccidere i servi che il padrone invia a ritirare il raccolto (i profeti) e persino il figlio (Gesù). La malvagità dei vignaioli mette in risalto che il pericolo è quello di non lavorare con vero spirito di gratuità, di servizio, senza pretendere un ritorno, e quello ben più grave di uccidere Cristo, il figlio del padrone della vigna, cioè usando i suoi insegnamenti secondo i nostri tornaconti, che ci portano così all'indifferenza verso i poveri, i sofferenti, verso coloro che incontriamo nella nostra società, che si aspettano da noi giustizia e accoglienza.
Il racconto però si chiude con un duplice messaggio di speranza. “Il padrone darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo”. Il progetto di Dio non s'interrompe. Nulla riesce a scoraggiare l'amore di Dio, nemmeno la ripetuta infedeltà. Noi possiamo tradire il Vangelo, possiamo tradire la nostra vocazione, impoverire le nostre chiese fino alla sterilità, ma la storia della salvezza continua, anche senza di noi, così-detti cristiani.
L'altro messaggio di speranza viene dalle parole “La pietra scartata è divenuta testata d'angolo”. Ancora una volta Gesù ci ricorda che l'amore di Dio vince tutte le nostre miserie e ci accompagna verso la conversione: è un invito a entrare nella vigna che Lui ci ha preparato con tanto amore, per lavorare e far sì che si possa portare frutto a se stessi e agli altri.
Questa roccia scartata diventa il fondamento di alcuni valori che resistono nel tempo e che contribuiscono a rendere rigogliosa la vigna del Signore, anche se talvolta sembra essere lavorata solo da una minoranza.
Questa speranza che si fonda su Dio viene anche sottolineata dal salmo, che ci invita a lasciarci rialzare e prendere per mano dal Signore, anche nei momenti più bui, perché lui è pieno di attenzioni per noi, attraverso le piccole cose, i semi, i germogli....
Nella seconda lettura san Paolo nella sua lettera ai Filippesi ci dà un esempio di cosa sia una vigna che dà buoni acini e non acini acerbi. Egli infatti invita la sua comunità a non angustiarsi, ma a rivolgersi a Dio nella preghiera e a cercare continuamente “quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode”; è cioè un invito a vedere le cose in positivo. Possiamo testimoniare che questo comporta una grande fatica, come ci ricordano gli scout “è più facile sentire il rumore di un albero che cade piuttosto che vedere la foresta che cresce”. San Paolo però chiude la sua esortazione ricordando ai Filippesi che non basta cercare e pensare a ciò che è giusto vero e nobile, ma occorre mettere in pratica le cose che abbiamo ricevuto nell'ascolto della Parola di Dio.
Ecco allora che la nostra vigna diventa l'immagine della nostra vita, composta da tanti filari: la coppia, la famiglia, la comunità cristiana, il mondo del lavoro, la società..., il Signore ce l'ha data in “affitto” e si aspetta che noi siamo capaci di dargli frutti buoni; a noi questo compito che, per dirla con san Paolo, possiamo realizzare con gioia.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Quali segni di speranza cogliamo nella nostra vita e quali semi di speranza portiamo?
- “Tutto quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù....” Questo elenco delle virtù di S. Paolo come le viviamo oggi? C'è ancora entusiasmo od occorre cercare altre strade?
- Cosa significa in concreto per noi “la vigna del Signore”? Ne siamo vignaioli che lavorano a favore del padrone o ce ne sentiamo gli esclusivi proprietari?

don Oreste - Anna e Carlo - CPM Torino

 

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