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TESTO Commento su Luca 24,44-49a

don Walter Magni  

I domenica dopo la Dedicazione (Anno A) (25/10/2020)

Vangelo: Lc 24,44-49a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

La domenica del Mandato missionario è corrispondente alla Giornata missionaria mondiale, che il rito romano ha già celebrato domenica scorsa. Il brano del Vangelo di Luca segnala le parole preziose e importanti che Gesù risorto ha voluto regalare ai Suoi discepoli, subito dopo l'episodio di Emmaus, nell'imminenza della Sua Ascensione. Parole che sono un vero e proprio programma per l'azione missionaria della Chiesa di sempre.

Correre per il Vangelo
Non è scontato provare il fremito, la voglia di andare di tanti missionari del Vangelo. Come Maria di Magdala che, trovato Gesù Risorto, corre dai suoi fratelli gridando: “ho visto il Signore” (Gv 20,18). Come i due discepoli che uscivano da Gerusalemme e furono raggiunti da un Viandante misterioso che riconoscono nella locanda di Emmaus. Subito tornano in città dai loro fratelli e “narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane” (Lc 24,35). Come una voglia, un bisogno irrefrenabile di andare correndo, perché una notizia del genere non può aspettare. Perché ti ha cambiato la vita, ti ha sconvolto i pensieri e ti brucia dentro e, incontenibile, la devi subito dire a qualcuno. E allora vai correndo là dove la vita, ingrigita e intristita dal tempo, sembra morire. O cerchi di raggiungere luoghi dove la delusione ha spento ogni desiderio. La voglia di ricominciare, di resistere nonostante tutto. Colpiscono ancora quanto scriveva la piccola Teresa, poco più che ventenne nel suo Diario: “Io vorrei percorrere la terra, predicare il Tuo Nome e piantare sul suolo infedele la Tua Croce gloriosa, ma, o mio Amato, una sola missione non mi basterebbe, io vorrei nello stesso tempo annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino alle isole più sperdute (...). Io vorrei essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli” (Storia di un'anima). La piccola Teresa correva per il Vangelo, anche tra le quattro mura del monastero di Lisieux.

“Allora aprì loro la mente”
E Gesù Risorto prima di inviarci ci chiede una sosta. Come ci chiedesse di capire bene quanto poi dovremo proclamare. Facendo un preciso esercizio di memoria: “queste sono le parole che io vi dissi quando ero ancora tra voi”. I discepoli di una Chiesa in uscita, come ama dire papa Francesco, non annunciano delle loro convinzioni, i principi di un'etica buonista che ripete valori scontati, a buon mercato. Gesù segnala e insiste su parole e gesti precisi: “sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. C'è un'essenzialità evangelica che se non custodiamo e coltiviamo gelosamente nel cuore prima di parlare, ci potrebbe immettere in situazioni di incertezza comportamentale e di un annuncio retorico e vuoto deleterio. Non possiamo spacciare come Vangelo parole e interpretazioni arbitrarie. Marco ci ricorda che Gesù costituisce il gruppo dei Dodici anzitutto “perché stessero con lui” (3,14) e solo dopo li invia in missione. E Giovanni annota spesso l'invito accorato che Gesù rivolge ai Suoi: “rimanete in me” (15,4-5). Solo tenendoseli vicino Gesù poteva educarli, introducendoli nella profondità del cuore di Dio, in un contatto decisivo col Suo mistero. Per dirla col Vangelo di oggi: “allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Solo così le nostre parole e le nostre azioni che intendono esprimere un annuncio potranno tradurre la verità di un amore che si riversa negli infiniti rigagnoli di un mondo che attende misericordia e perdono.

“Dio non fa preferenza di persone”
Scatta così l'opportunità di fare una esperienza che potrebbe anche stupire anzitutto noi. Come era capitato anche a Simon Pietro, stando al racconto degli Atti degli Apostoli. Un giorno, stava ancora riposando, una voce in sogno lo invita a mangiare del cibo che la sua tradizione religiosa gli proibiva esplicitamente di assumere. Si sveglia, richiamato forse dal rumore di qualcuno che stava bussando alla porta per invitarlo a recarsi a Cesarea nella casa di un pagano di nome Cornelio. Dentro gli si accavallano pensieri e domande: come posso varcare la soglia della casa di un pagano? Come non accogliere l'invito pressante di un pagano che vuole che gli parli di Gesù? Cosa avrebbe fatto Gesù stesso al mio posto? Così si fa coraggio e va. Entra in quella casa e senza più alcun timore fa un discorso che ha tutto il sapore del primo annuncio di Gesù, morto e risorto. E così il miracolo avviene. Come una nuova pentecoste lo Spirito santo entra in quella casa e porta subito nel cuore dei presenti consolazione e conversione e subito tutti cominciano a riconoscere la signoria di Gesù Salvatore. E Pietro conclude così il suo discorso: “in verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone”. Non ci sono più barriere che tengono davanti alla potenza del nome di Gesù. Perché “così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso”.

 

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