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TESTO Commento su Luca 9,18-22

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Venerdì della XXV settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (23/09/2005)

Vangelo: Lc 9,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,18-22

18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.

22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Dalla Parola del giorno

Gesù domandò: «Chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio». Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. «Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno».

Come vivere questa Parola?

Il passo evangelico, che ci viene proposto quest'oggi, presenta Gesù mentre interroga i discepoli sulla sua identità. Prima chiede che cosa pensino gli altri di lui. Quindi la domanda si fa diretta: «Ma voi chi dite che io sia?». Una domanda che vuole spingere a prendere posizione. La risposta sembra scontata e lineare: "Il Cristo di Dio". Ma è proprio da questo "scontato" che Gesù vuol mettere in guardia i suoi discepoli. L'affermazione acquista tutta la sua valenza salvifica solo se letta alla luce dell'evento pasquale. Per questo Gesù continua annunciando l'"esaltazione" della croce. Nella risposta degli apostoli è presente l'ambiguità di un'attesa che ricalca il pensiero messianico cor-rente (attesa trionfalistica di una liberazione politica) e non ha che un debole legame con la promessa di Dio (salvezza come liberazione interiore e totale). La croce esorcizza e purifica la fede incipiente, facendola maturare verso l'accoglienza piena di Dio e del suo mistero di Amore. Sì, Gesù è il Figlio di Dio, è Dio, ma un Dio che si china sull'uomo, sveste la sua dignità regale per farsi nostro compagno di viaggio, abbraccia l'umiliazione e la morte perché l'uomo ritrovi la sua realtà di "immagine di Dio". È questo Dio che continua a percorrere le nostre strade, che entra nella mia vita chiedendo di condividerne il peso. È questo Dio che devo imparare a riconoscere proprio là dove sembra trionfare l'assurdità del male, perché dove un uomo è calpestato, lì Cristo è presente per redimere e riscattare, per risollevare e rilanciare.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, sosterò dinanzi alla croce, lasciando che mi parli. Proverò poi a formulare la "mia" risposta alla sua muta domanda: "Per te, io chi sono?", evitando di ricorrere alle formulette precostruite.

Mio Dio, che sei sempre oltre ogni nostra intuizione; lontano, inafferrabile eppure così vicino da essere intimo a me più di me stesso, svelami il tuo volto. Concedimi la semplicità del bambino che non si meraviglia del tuo farti nostro prossimo fino a condividere l'amarezza del nostro andare.

La voce di un Padre della Chiesa

Accettando la passione e la morte, Cristo doveva essere innalzato. E la croce lo innalzò realmente e simbolicamente, perché con la sua passione a tutti si rivelasse chiara la sua potenza e la sua maestà. Estendendo sul patibolo le mani, dilatò anche le ali verso Oriente e verso Occidente, affinché sotto di esse si raccogliessero tutte le genti da ogni parte del mondo a trovar pace.
Lattanzio

 

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