TESTO L'apparenza inganna
XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2005)
Vangelo: Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Le nostre strutture sembrano fatte a puntino per soddisfare le esigenze umane, politiche, culturali e religiose di ognuno di noi.
Ma quest'apparenza, o meglio, quest'apparato, ci inganna.
Ci riveste di sicurezza e di chiarezza all'esterno, ma dentro di sè è tutt'altra cosa: non rivela quello che descrive.
Ecco perché tutti i "sì" detti all'esterno di noi, non corrispondono spesso a ciò che in realtà siamo: c'è un'evidente contraddizione che ci fa capire l'impossiblità di rendere evidenti le cose interne, quelle del cuore.
La struttura ci dà spesso dei "sì" artefatti, costruiti ad arte, al momento e per l'occasione, ma non sono per niente vitali e corrispondenti al nostro io, alla nostra persona: sono impersonali, superficiali e solo appariscenti.
Le strutture più belle e sicure, spesso, nascondono così la caratteristica della contraddittorietà e dell'opposto di quello che affermano.
Questo non è un invito al rifiuto della struttura in sè, ma un richiamo ad essere guardinghi e ad aprire gli occhi perché a ciò che si afferma e si proclama corrisponda la realtà di fatto.
L'apparenza che ci inganna ci riporta quindi alla realtà, al recupero del fatto, non limitandoci alle descrizioni della realtà fatte a parole.
Inoltre, anche nei "no" che incontriamo nelle realtà esteriori della vita, possiamo applicare il principio dell'apparenza ingannevole, ricordandoci che ciò che appare rifiuto, ostacolo e diniego, in effetti potrebbe dimostrarsi come occasione per recuperare la realtà in modo nuovo.
Il pentimento, ovvero lo scatto che fa mutare l'orientamento di una realtà, è sempre 'in agguato', nelle cose e nelle persone: per cui, dobbiamo sempre avere gli occhi aperti alle nuove mutazioni degli eventi quotidiani e degli orientamenti del cuore nostro e altrui.
Il cambiamento ottenuto tramite il pentimento porta quindi a trapassare il velo dell'apparenza, facendoci giungere alla realtà così com'è, nelle sue possibilità e nelle sue avversità.
Questo trapasso del velo dell'apparenza, in positivo e in negativo, porta comunque ad afferrare la realtà con il cuore, con la passione, e ci porta, alla fin fine, al "credere".
L'apparenza dei "sì" e dei "no" che percorrono le realtà quotidiane del nostro vivere ci ottenebra la vista, la possibilità di vedere le possibilità.
Ma se sappiamo togliere questa apparenza che inganna, ne avremo giovamento, nel cuore, nella mente, nell'anima, per poter credere in noi stessi, negli altri e nel mondo che ci viene incontro rivelandosi.