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TESTO Commento su Matteo 20,1-16

padre Paul Devreux

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/09/2020)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna”.
Questo padrone è Dio, innamorato della sua vigna, simbolo di gioia. I lavoratori siamo noi. Più mi alzo presto per lavorarci, più significa che ho sperimentato che è bello fare del bene e costruire il regno di Dio.

“Si accordò con loro per un denaro al giorno”, che è il “pane quotidiano”. Il denaro è ciò che corrisponde al nostro bisogno. Se ce ne da di meno si fa la fame, se ce ne da di più, è sprecato.

“Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono”.
“Quello che è giusto” non in base ai meriti ma in base ai bisogni; è una logica diversa, quella di un Padre.

“Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Dio non si stanca mai di invitarci a stare con Lui e a collaborare al suo progetto di mondo giusto e bello. Per Lui è fortunato chi arriva per primo. A volte noi siamo presi da altre cose o semplicemente non riusciamo a capire per esempio che c'è gioia nel dare, nel fare per gli altri. Bella la frase di Sant' Agostino: “Tardi ti amai, bellezza infinita”. L'importante è arrivarci, prima o poi.

“Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro”.
Da notare che chiama gli ultimi per primo, affinché gli altri vedano. Avrebbe potuto chiamarli per ultimo, per evitare il conflitto; ma lo scopo della parabola è proprio qui, nel voler smascherare che tipo di relazione ho con Dio. Da figlio o da impiegato.

“Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Questa è la logica dei meriti. Se il denaro è la vita eterna, dopo una vita di sacrifici, è logico che sono geloso di chi la riceve, come il buon ladrone, senza aver faticato.
Se penso che per piacere a Dio, devo fare tanti sacrifici, tante devozioni e pratiche religiose come la messa domenicale, sarò geloso del figlio prodigo. E' normale. E' la logica di questo mondo, che uso anche con Dio.

“Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene”.
Questo “vattene” è terribile. Dopo una vita di sacrifici e preghiere, scoprire che di Dio non ho capito proprio niente, tanto da meritare un “vattene!”, è terribile!

“Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Dio non mi nega il denaro, ma siccome penso che me lo sono meritato, guadagnato con fatica, non mi da gioia. E' tutta l'impostazione che è sbagliata. Vivo e ragiono da povero schiavo, e non vedo che il nostro Dio è diverso. Ama tutti. Non giudica, non critica e non vuole niente da noi. Vuole solo dare a tutti i suoi figli il massimo, non perché se lo meritano, ma perché sono figli suoi.

“Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”.
Quelli che pensano di meritare l'amore di Dio non possono vederne la gratuità, mentre chi sa di essere lontano, di non meritare nulla, quando scopre per via di qualche provvidenza o esperienze di vita, che Dio li ama cosi come sono, scoprono non solo che Dio c'è, ma che li ama gratuitamente. Per questo saranno i primi a lodarlo e a ringraziarlo nel regno di Dio.

Ora che possiamo riprendere il catechismo, è importante fare passare il messaggio ai ragazzi che è un dono che il Signore gli offre, cosi come saranno i sacramenti della comunione e della cresima. E' importante che ne colgano la gratuità e che capiscano che chi non viene non è un furbo, ma uno che perde un 'opportunità.
Quando sento un ragazzo che mi dice che alla cresima si fa festa perché è finito il catechismo, penso che c'è qualche cosa che non va.
Mentre quando uno mi dice che dopo la cresima vuole fare il catechista, per trasmettere agli altri quello che ha ricevuto di bello, penso che a respirato un' aria di gratuità.
Frequentare il catechismo e i sacramenti sono dei doni, come lo è il lavorare nella vigna. Signore aiutaci a fare passare il messaggio giusto.

 

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