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TESTO Al funerale di una donna

don Marco Valentini

Messa Rituale - Esequie

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Ci possiamo chiedere cosa è successo a voi e poi cosa è successo a N. Quello che è successo, non si sa come dirlo, perché c'è chi dice che è morta, ma la morte cos'è? Poi c'è chi dice che è defunta, cioè che è stata, boh, non si capisce, come se non ci fosse adesso. Poi si può dire che è scomparsa, ma sappiamo che anche questa frase è ridicola, fuori posto. Poi c'è chi dice tante altre espressioni, no? Noi diciamo che si è addormentata. Lo abbiamo sentito nelle preghiere, all'inizio di questa messa, nella preghiera iniziale di questa messa. Gesù lo dice sempre, no? A un padre, che gli era appena morta la figlia, gli va a dire "non è morta, ma dorme". Noi a Gesù lo avremmo mandato a quel paese alla grande proprio. Uno ti viene a dire così, mentre tu sei nel lutto, vedi un po'. Che gli faresti? E questa frase di Gesù è quello che la Chiesa continua a dirci.

La Chiesa continua a fare e a dire quello che faceva e diceva Gesù. Gesù piangeva con chi piangeva, rideva con chi rideva, perché Gesù partecipava pienamente ai "fatti nostri", ai fatti della nostra vita. Nulla della nostra vita è indifferente a Gesù, niente, neanche i più piccoli particolari, no? Ecco, quindi figuriamoci le nostre grandi sofferenze. Gesù è come Maria. Dio è come Maria, cioè Maria che aveva tra le mani? Aveva il figlio morti tra le sue mani, no? E Dio è così con l'umanità. Dio tiene in braccio una umanità morta, una umanità ferita.

Ma ho detto all'inizio che cos'è la morte, no? La morte non è quello che pensiamo noi, la morte è un'altra cosa. Infatti N. noi ci auguriamo, anzi sappiamo, crediamo che non è morta, perché la morte è la lontananza da Dio. Quindi possiamo essere morti noi o possono essere morti i defunti, possiamo essere i vivi noi o possono essere vivi i defunti, perché la morte è lontananza da Dio! Se uno è vicino a Dio, è vivo sia che è morto, sia che è vivo.

Avete pianto prima. Quando è che queste cose fanno più male? Quando uno viene a sapere che la persona ammalata... non c'è più niente da fare. Ecco, quello è il momento più doloroso, non il funerale, ma quel momento li, poi quando la persona muore, quello è un momento doloroso; quando tra un po' di tempo ci renderemo conto: quello è un momento doloroso; quando la seppelliremo, è un momento doloroso. Quindi abbiamo pianto e piangeremo, ma il funerale non deve essere un momento troppo doloroso. Doloroso per forza, perché se no vuol dire che non le vogliamo bene, no? Però non dobbiamo permettere al dolore di spadroneggiare dentro di noi. Adesso dobbiamo dire al dolore "adesso te ne stai buono in un angioletto e aspetti che finisce il funerale, e non strilli e non urli e non scalciti". Non possiamo permettere che il dolore la faccia da padrone.

Il funerale che cos'è? E' un momento di festa perché ci uniamo alla festa nella quale N. sta entrando. Quindi non possiamo avere il volto triste nel momento in cui stiamo accompagnando N. nel suo trionfo! Perché trionfo? Perché sappiamo che era una donna di fede. Beata lei, è per questo abbiamo letto le beatitudini. Perché Gesù la riconoscerà e le dirà: "tu mi hai riconosciuto mentre eri sulla terra, adesso io ti riconosco in questa nuova vita".

E anche noi dobbiamo cercare di essere beati adesso e per sempre, a partire da adesso. Dobbiamo frequentare Gesù in questa vita, perché se no poi dopo che figura faremo quando ce lo troveremo davanti al nostro volto per tutta l'eternità? Quindi non dobbiamo piangere la lontananza di N. ma dobbiamo avvicinarci a N: avvicinandoci a Gesù. Perché se siamo in comunione con Gesù, saremo in comunione con N. se non siamo in comunione con Gesù, c'è poco da fare: siamo separati da N. A nulla vale l'affetto, i sentimenti, la parentela, se non siamo uniti a Gesù. Non è un dolore vero. Se siamo uniti a Gesù, il dolore della sua lontananza è vero, è autentico, ma se non siamo uniti a Gesù non è vero neanche il nostro dolore. Se veramente noi le vogliamo bene e ci dispiace la sua lontananza, dobbiamo convertirci, noi. Dobbiamo frequentare Gesù adesso, qui su questa terra, in questa vita. Allora saremo sinceri.

Ecco, quindi come fare per sopportare il dolore, che è giusto, che è umano che ci sia? Partecipando alla festa di N. Perché soltanto se noi abbiamo prima la gioia, potremo poi sopportare il dolore. Chi non ha la gioia, che poi è sinonimo di fede, quando capitano le disgrazie crolla, perché non aveva la gioia che lo sosteneva. La gioia è proprio come la roccia sulla quale costruire la nostra casa. E poi dice Gesù "vennero le tempeste ma la casa rimase". Se noi non costruiamo sulla gioia, costruiamo sulla sabbia e la casa poi crolla quando vengono le tempeste. Dobbiamo mettere radici nella roccia, non nella sabbia. E la nostra roccia è Cristo, perché la nostra gioia è Cristo, perché la nostra vita è Cristo.

E allora Cristo fa si che Lui stesso ci cura questa ferita di questo distacco, di questa lontananza, anzi ce lo rende non più distacco, perché c'è la comunione, esiste la comunione, esiste quello che si chiama la comunione, la comunione dei santi, no? Anche quando faremo la comunione, entreremo in comunione con Dio e di conseguenza con N. Non può esserci comunione fra di noi, se prima di tutto prima non c'è comunione tra noi e Dio e la comunione tra noi e Dio è falsa se poi dopo non c'è la comunione tra di noi. Ecco, quindi è giusto piangere perché viene proprio spontaneo, ma è inutile piangere, si piange, ma è inutile se non siamo in comunione con Dio. E' un pianto che va a vuoto. E così come rischiamo di soffrire inutilmente, se non soffriamo insieme a Cristo, così come rischiamo di vivere inutilmente, se non viviamo costruendo la nostra casa sulla roccia. Perché inutilmente? Perché poi vennero le tempeste e la casa crollò. Perché, dice il salmo, "invano fatica il costruttore se il Signore non costruisce la casa". Perché sprecare la nostra vita? Perché faticare invano?

Prendiamo l'esempio da N. che ha messo tutte le sue azioni nell'unica vera banca: Gesù dice mettete i vostri tesori dove non vengono i ladri, dove non viene la ruggine, dove non si svalutano, e cioè nel cielo. Investiamo nel cielo, perché se non investiamo nel cielo, rimarremo con un pugno di mosche.

Quindi da una parte Dio ci spaventa, un po', per scuoterci e poterci così poi donarci la felicità eterna già da adesso, pur con tutte le disgrazie, i dolori, le difficoltà. Ci scuote per darci questo, non ci scuote per punirci, ci scuote perché gli fa rabbia, gli fa dolore che noi non iniziamo già da adesso a vivere di vita eterna, quella che Lui ci ha donato con il battesimo. Gli fa dolore che noi non abbiamo la fede dopo che Lui ce l'ha donata...e noi non la prendiamo. Quindi da una parte ci scuote, ci spaventa un po', come si fa con i bambini, ma dall'altra parte ci lenisce il dolore, ci cura le ferite e ci porta sulle sue spalle.

Ecco quindi adesso siamo entrati in questa chiesa, è come un po' una pausa di riposo. Dopo tanto dolore, dopo tanto sconvolgimento, si viene qui in chiesa, si sta un po' di tempo seduti, dopo aver corso tanto per organizzare il funerale, per telefonare, per fare, per accudire N.: il Signore vi ricompenserà di questo. Ma dopo aver tanto corso, dopo tanta stanchezza, dopo tante notti bianche, ecco, dobbiamo vedere questo nostro essere qui adesso insieme un momento di riposo, ma anche un anticipo del paradiso, un momento di comunione con N. e con Dio, un anticipo proprio del paradiso, un mettere in pratica il Regno di Dio: in questo momento stiamo raffigurando, noi qui presenti, il Regno di Dio, insieme a N., vivi e morti insieme, non c'è separazione, Lei parteciperà alla messa che io celebro adesso, insieme a voi. E' un momento di riposo, è un'oasi, perché dopo dovrete riprendere tante corse. E poi essere qui rappresenta, oltre che un'oasi, un'oasi anche perché non solo ci si riposa, ma perché si viene nutriti, nutriti dalla parola che abbiamo appena ascoltato e nutriti dal corpo e sangue di Cristo, che si versa, e che spezza per noi. E queste cose che io sto dicendo, che abbiamo sento nel vangelo, non sono idee, le ha predicate Cristo con i chiodi sul legno della croce, quindi non è che sono delle idee, ecco. E le ha confermate risorgendo, e le ha confermate con altri 2000 anni di Chiesa viva, dove Cristo dimostra di essere vivo, in questi 2000 anni nella Chiesa. Quindi essere qui rappresenta quest'oasi dove ci si riposa, dove ci si nutre, dove si leniscono le nostre ferite, ci si cura, ma rappresenta anche la conversione. Perché la conversione? Perché c'è un'entrata li (indica la porta d'ingresso) e non c'è un'uscita li (indica l'abside). Quindi non si può entrare e poi continuare nella stessa direzione e uscire. Bisogna entrare e poi per uscire bisogna fare una conversione ad "U". E questo rappresenta che noi dobbiamo uscire diversi da come siamo entrati. Diversi perché ci rende diversi Gesù Cristo. Non perché siamo bravi noi. Non non sappiamo convertirci, noi non siamo capaci di convertirci, E' Lui che ci converte, è Lui che ci nutre, ci cura, ci rifocilla, ci fa diversi, ci restaura. Ecco quindi ricordiamoci che c'è questa conversione a "U". Dobbiamo uscire diversi da come siamo entrati. Siamo entrati con pensieri di tristezza, di morte di disperazione... Dobbiamo uscire con altri pensieri, con un'altra visione, con un altro cuore soprattutto, perché chi crede non può disperasi, qualsiasi cosa gli succede. Può avere la tristezza, può avere il dolore, ma Dio gli leva la disperazione, ogni possibilità di disperarsi. Quindi dobbiamo uscire con il cuore rinnovato. Ecco, il nostro girarci fisicamente deve rappresentare quello che è avvenuto nel nostro cuore: uscire diversi da come siamo entrati, più forti e più uniti a Cristo e quindi anche a N. e anche tra di noi. E poi, dopo aver incontrato il Signore, non possiamo non fare come Zaccheo: "se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto e do la metà dei miei beni ai poveri". Ecco, la nostra conversione deve avere un riscontro concreto. Non sto dicendo "fateci la carità", sto dicendo: "se avete qualcosa contro qualcuno o qualcuno ha qualcosa contro di voi, basta". E' comodo mettere i soldini nel cestino: non serve a niente. Dobbiamo uscire diversi da come siamo entrati. Per cui tutte le beghe basta, non esistono più. Se uno continua a dirti, si va bene fa niente lascia morire, lasciamo morire tutto ciò che è male perché è la vita che deve trionfare. Se noi non siamo d'accordo con questa morte fisica, dobbiamo allontanarci dal peccato, perché è quello che porta alla morte, vera. Sia lodato Gesù Cristo.

 

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