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TESTO Rafforziamo la nostra fede in Cristo Gesù

don Lucio D'Abbraccio  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/08/2020)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Subito dopo aver sfamato la folla numerosa, Gesù ordina ai discepoli di precederlo all'altra riva del lago di Galilea, mentre egli si ferma per congedare quanti lo hanno seguito. Subito dopo averla congedata «salì sul monte, in disparte, a pregare».

Venuta la sera egli è ancora solo, mentre la barca dei discepoli è in mare aperto in balia del vento contrario e delle onde: l'evangelista già intravede il cammino della fragile barca della chiesa nella storia, sballottata tra avversità e tensioni comunitarie. Per capire il senso del racconto, infatti, dobbiamo aver presente che esso è stato scritto dopo l'ascensione di Gesù al cielo. Gli apostoli già provavano le prime persecuzioni e incontravano le prime difficoltà; Stefano e Giacomo erano già stati uccisi a Gerusalemme e, probabilmente, anche Pietro e Paolo a Roma avevano versato il proprio sangue per la fede. L'evangelista, allora, ripensa la vita di Gesù e cerca in essa una risposta che illumini il suo presente e il nostro presente. Egli sembra che si rivolga a ciascuno di noi e dica: «Era sera. Eravamo sulla barca e improvvisamente si levò un vento talmente forte da mettere a rischio la nostra traversata sul lago. Avevamo paura. Ma anche oggi accade la stessa cosa: scoppiano bufere, arrivano prove inattese e noi abbiamo paura. Forse, segretamente, tutti ci aspettiamo un trattamento privilegiato per il fatto che siamo credenti. No, non è così. Dio, infatti, non dispensa nessuno dalla fatica della storia e dai rischi della vita umana, perché solo così egli può farci sentire la potenza del suo amore che salva». Come è bello e come è limpido questo richiamo dell'evangelista! Il lago diventa immagine della storia infida e faticosa; la barca è l'immagine della nostra vita fragile e insidiata. Però ricordiamoci sempre che il Signore Gesù non abbandonerà mai né la chiesa né noi perché lui sarà sempre con noi «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (cf Mt 28,20).

L'evangelista continua il racconto dicendo che «sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare». Sì, Gesù è l'Emmanuele, il Dio-con-noi, colui che ci è sempre accanto quando le onde si gonfiano in mezzo alla tempesta (cf Sal 46,4), colui che passa sul mare con orme invisibili per guidarci (cf Sal 77, 20-21) e condurci al porto sospirato (cf sal 107, 23-30). Ma noi sappiamo riconoscere la sua presenza e mettere in lui la nostra fede?

I discepoli erano con Gesù in mezzo al mare la notte in cui egli aveva placato la violenta tempesta con la sua parola (cf Mt 8,23-27); eppure ora vedendolo avanzare sulle acque sono turbati e, assaliti dalla paura, gridano: «È un fantasma!». Questa scena purtroppo si ripete spesso. Dio ci sta accanto e noi gridiamo perché non c'è; Dio ci sta salvando e noi ci lamentiamo di lui perché non sappiamo riconoscere il calore della sua mano e, soprattutto, non capiamo il bene che ci vuole. Quante volte, purtroppo, scambiamo Dio per un fantasma! Quante volte chiamiamo «volontà di Dio» quel che ci fa comodo, mentre la sua vera volontà non vogliamo riconoscerla per non doverla seguire!

Ma - continua Matteo - Gesù subito li rassicura con poche, straordinarie parole, che vogliono placare il loro sconvolgimento interiore e infondere nei loro cuori la fiducia: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Oggi predomina la paura al punto tale che, forse, la nostra epoca può essere definita come l'epoca delle grandi paure: paura di sé, paura della solitudine, paura del sacrificio, paura del futuro, paura della morte...! Il cristiano è chiamato a vincere la paura in nome della fede. Da soli certamente nulla possiamo, ma tutto è possibile in Colui che ci dà forza. E i santi ne sono la prova quotidiana e inconfutabile. Dio, infatti, da sempre esorta i credenti a non temere, a dimorare sicuri in lui, come ci testimoniano con abbondanza le Scritture, dalla Genesi (cf Gen 15, 1) fino all'Apocalisse (cf Ap 2,10).

La nostra risposta a tale esortazione dovrebbe consistere in una fede salda, in un'intima certezza dell'amore del Signore per noi, senza che vi sia bisogno di alcuna prova. Eppure spesso cediamo alla tentazione di esigere da Gesù un segno tangibile, come qui fa Pietro: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». La richiesta di Pietro è una richiesta assurda. Essa nasce dal dubbio e dalla paura e cerca una soluzione nella pretesa: non è così che si parla con Dio! Eppure quante nostre preghiere sono soltanto pretese e non abbandono sereno alla volontà di Dio!

Gesù però nella sua condiscendenza gli dice: «Vieni!», ed ecco che l'impossibile diventa possibile grazie alla sua parola che ci fa tenere fisso lo sguardo su di lui, meta del nostro cammino. Ma non appena Pietro torna a rivolgere la propria attenzione al vento impetuoso e ricade preda della paura, inevitabilmente comincia ad affondare. Allora non gli resta che l'invocazione accorata: «Signore, salvami!», a cui Gesù risponde prontamente afferrandolo per la mano. Nel fare questo non può però esimersi dal rimproverarlo: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». È una domanda che costringe Pietro a fare i conti con l'incredulità che lo abita, una domanda che siamo chiamati a lasciar risuonare anche nel nostro cuore. Noi, infatti, non siamo facili a convertirci alla fede: soffriamo per le nostre paure, ma restiamo attaccati alla causa delle nostre paure: la mancanza di fede.

Quando infine Gesù sale sulla barca, il vento si placa. Allora i discepoli gli si prostrano davanti, accompagnando il loro gesto di adorazione con una solenne confessione di fede: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Qui il silenzio di Gesù è per noi una domanda: siamo disposti ad aderire a lui senza paura, credendo al suo amore (cf 1Gv 4,16)?

Chiediamo a Dio Padre onnipotente di rafforzare la nostra fede e di riconoscerlo presente in ogni avvenimento della vita e della storia, per affrontare serenamente ogni prova e camminare con Cristo, il Risorto, il Vivente, verso la sua pace.

 

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