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TESTO Tutti tralci con Gesù!

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2005)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Se c'è nella Scrittura un'immagine poetica e pittoresca capace di essere l'epitome di tutta la Storia della Salvezza, questa è quella della vigna. Oltre ad essere proposta dalle Letture di oggi, si ripercuote con la medesima portata pedagoga in parecchie parti della Scrittura, e non soltanto nei testi profetici, e costituisce un'epitome dell'intera Storia della Salvezza.

Particolarmente nel libro del Profeta Isaia, essa descrive infatti nella sintesi tutte le varie tappe dell'amore disinteressato e premuroso di Dio nei confronti del suo popolo conseguito dalle vicende di ingratitudine e di infedeltà del medesimo, nonché dall'insensibilità da parte degli uomini verso la Parola di Dio. Si evince insomma il contrasto fra la bontà di Dio e l'indifferenza umana.

Che una vigna possa non recare frutto è cosa inverosimile: alla pari del fico sterile, la cui parabola evangelica abbiamo già commentato, la vigna è una piantagione in grado di fruttificare spontaneamente da sola producendo anche uva edula; sottoposta poi a tutte le cure e sollecitudini da parte del contadino, essa diventa ulteriormente capace di frutto; ora il fatto che (I Lettura) una vigna possa essere ostile ed infruttuosa simboleggia la negligenza dell'uomo che, pur avendo mezzi e possibilità di recare frutto da sé medesimo secondo la rettitudine di coscienza e la correttezza morale, tende a produrre sì dei frutti, ma secondo la propria superbia e caparbietà: produce frutti cattivi, mantenendosi ben lontano dalla volontà di Dio. E questo nonostante il continuo soccorso di Dio, che concede all'uomo anche ciò che non è strettamente necessario e di cui potrebbe fare a meno (una torre e un tino). E' quanto avviene nel corso della storia del popolo eletto di Dio, Israele, che rimane freddo e insensibile di fronte alla sollecitudine amorosa di Dio, non corrisponde al suo amore né all'appello alla conversione, abusando a più riprese della misericordia divina per persistere nella sua cattiva condotta; ma è altresì quello che avviene anche oggi e nella storia dell'uomo di ogni tempo, sempre caratterizzata dalla malvagità e della presunzione di agire lontani da Dio e di salvarsi senza merito: oggi più che mai Dio è sollecito nei confronti dell'umanità peccatrice, eppure questa persevera nell'incoscienza dello scandalo attraverso le indebite aspirazioni al successo per cui tutti si prevarica sugli altri, nell'arrivismo e nella corsa al potere da cui scaturiscono sangue, violenza e distruzione, nella falsità e nell'ipocrisia nonché nel morbo della dell'illusione e delle false certezze che conducono alla droga o a simili ricorsi.

Mai come adesso la parabola della vigna è stata attuale.

E anche adesso, assieme al Profeta Isaia Dio si domanda: che cosa farò della mia vigna?

E trova due possibilità di soluzione: 1) Dio potrebbe demolire questa vigna (= questa umanità) e sradicarne le viti, ai fini di poter magari sfruttare lo spazio che essa occupava per altre finalità "redditizie". Trovandosi nella circostanza che ci viene descritta, quale vignaiolo infatti non provvederebbe subito a distruggere la piantagione di viti? Chi, in campo agricolo, continuerebbe a mantenere una pianta infruttuosa? 2) Dio potrebbe abbandonarla a se stessa, non preoccupandosi del suo destino, giacché essa ha deciso di crescere secondo criteri suoi propri, con la conseguenza della sua autodistruzione e dello smarrimento. Non che Dio mancherà di amare la sua vigna, ma rispetterà la sua decisione di restare abbandonata per precipitare poco alla volta nell'autolesionismo e nella perdizione.

E a detta di Isaia sembrerebbe che il Signore sia propenso verso questa seconda soluzione.

Ma la pagina del Vangelo dimostra un'ulteriore sollecitudine da parte del Padre Misericordioso che spasima per la salvezza del suo popolo andando oltre l'immaginario, sicché questa stessa vigna non soltanto viene curata per mezzo di emissari umani, vale a dire dei Profeti tutti atti a condurre al popolo la parola di Dio, ma addirittura mandando il proprio Figlio.

Gesù è infatti il Verbo incarnato, Dio fatto uomo che si occupa egli stesso con sollecitudine della sua vigna, condividendo ogni cosa con i membri di questa piantagione mostrando l'amore e la misericordia del Padre attraverso le parole e le opere del Regno e accettando di farsi anche uccidere per la causa dell'umanità. E tuttavia la morte non sarà la vittoria di quegli uomini omicidi né avrà l'ultima parola su di Lui, che, come afferma Pietro nella Seconda Lettura, si qualifica come "pietra scartata dai costruttori e tuttavia divenuta pietra angolare": proprio la morte e il disprezzo da parte degli uomini sono per lui cioè opportunità di innalzamento e di priorità, visto che vincerà la morte uscendo vittorioso dal sepolcro per la Risurrezione gloriosa e per il rinnovamento del mondo, ossia della "vigna". Già sulla croce farà scaturire il "Nuovo Israele", cioè la Chiesa e attraverso di essa guiderà definitivamente la sua vigna, così come aveva affermato:"Io sono la vite, voi i tralci"; "chi rimane in me, porta molto frutto poiché senza di me non potete far nulla.

Allora il problema di cui si parlava trova immediatamente la sua soluzione: mentendosi ben lungi dal distruggere o dall'abbandonare la sua vigna, in Cristo Dio pone SE STESSO come fondamento e sprone della sua sussistenza e della sua realizzazione. e se nell'Antico Testamento si leggeva che Dio provvedeva scelte viti per via indiretta, adesso si nota con stupore che egli pone addirittura il suo Figlio come vite capace di comunicare la linfa vitale.

Avviene come quando un contadino ai fini di salvare ad ogni costo tutte le sue piantagioni, si frapponga egli stesso fra la terra fertile e i singoli rami.

Come affermava il nostro Ratzinger in un suo saggio del '69, a differenza che in tutte le altre culture religiose in cui gli uomini si propiziano Dio, nella nostra fede avviene l'inverso: è Dio che si fa' avanti per primo per accordare agli uomini il suo perdono e il gesto più evidente di questa intenzione divina è il sacrificio della croce; e in Cristo Dio si pone guida diretta del suo popolo, pastore invisibile ma certamente effettivo e presente, sia pure nella strumentalità della Chiesa, non rimane altra cosa allora che fare la parte dei tralci innestati alla vite, affidandoci alla sua guida e restando vincolati al suo sostegno nel contesto dei problemi e delle difficoltà, come anche nei progetti e nelle aspirazioni.

Certamente accogliere Cristo è possibile solo nell'ottica della fede matura e disinteressata e della conversione del cuore evitando ogni resistenza al suo offrirsi gratuito per noi e quella di Cristo non è una scelta fra le tante, eppure l'uomo non può prescindere da Lui visto che si tratta del Dio incarnato venuto a sorreggere l'umanità in vista della soddisfazione delle attese reali di questo tempo, nonché della salvezza e il fatto che in Lui Dio si sia reso presente ponendosi come fondamento dell'uomo e delle sue scelte suggerisce che di Cristo occorre nutrire fiducia incondizionata e libera, avendolo come punto di riferimento essenziale appunto perché gratuitamente ci si è donato.

 

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