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TESTO Credo che mi si mangi

don Luciano Sanvito

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (03/08/2003)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Noi ci cibiamo di cose materiali e godiamo di beni materiali: questa, a prima vista, è la nostra vita.

Ma essi non sono solo cose: sono segni: ci indicano altre cose.

Il pane ci indica il bisogno, la crescita, la forza e il gusto.

Il telefonino ci indica la comunicazione, il dialogo, la parola, l'ascolto.

Ogni cosa è un segno.

Noi ci cibiamo più delle realtà invisibili indicate dalle cose che non dalle cose in sè.

Ognuno di noi, fra l'altro, ogni giorno va in pasto all'altro: nei pensieri, nelle parole e nelle azioni.

Ci nutriamo del mondo dell'altro, che spesso noi vediamo in lui non attraverso quello che è, ma più ancora, attraverso quello che egli esprime di voler essere.

Io sono il pane vivo di cui si nutrono gli altri.

Posso anche lasciarli e lasciarmi morire di fame.

Ecco perché il credere in una persona o ad una idea è molto più concreto che non il mangiare concretamente qualche cibo insieme con quella persona.

Il cibo, infatti, entra nello stomaco, nel ventre e va a finire nella fogna.

Le idee che ci vengono date in cibo, e la stessa persona, prima di eliminarle, ci vuole un po' e a volte molto, molto di più.

Il credere, anche oggi, è il cibo più concreto per l'uomo.

 

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