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TESTO Tutti profeti in patria

don Luciano Sanvito

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/07/2006)

Vangelo: Mc 6,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,1-6

1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

"Nessuno è profeta nella sua patria"

La 'patria' intesa come il luogo del 'pater', della famiglia specifica o della familiarità in genere, è un grande aiuto per ciascuno di noi ma - ci dice il messaggio evangelico - può diventare anche il luogo dello 'scandalo ', della incomprensione e della contraddizione.

Infatti ogni realtà pur bella che nella nostra vita ci fa essere 'suoi' rischia sempre di incamerarci e di non permetterci di respirare con libertà.

Il possesso è una grande tassa che paghiamo nelle amicizie umane e religiose, e in cambio ne riceviamo sicurezza, ma sempre alla condizione di stare dentro confini e limiti dettati dalla convenzionalità e dalle abitudini del 'già' stabilito.

Ogni volta che dal "già" passiamo al "non ancora" ecco che ci troviamo di fronte alla incapacità di comprensione, allo scandalo e alla contestazione.

Dobbiamo liberare noi stessi, ci ricorda il vangelo, da questa possessività 'ombelicale' e 'mammellare' che ci lega alla situazione dei 'nostri', del presente e del dato di fatto, se vogliamo essere liberi.

Devo imparare a non possedere e a non essere posseduto da tutte quelle situazioni patriottiche che mi si presentano, per essere volto al futuro e non morire nel dato di fatto.

Lo spirito della contraddizione è lo stimolo, se vissuto con questa intenzione, per liberare il mondo dal "già" dato e fatto, e proiettarlo verso il mistero sorprendente e rivelante del "non ancora" che è dato in dono a chi lasciando il possesso della sua piccola patria diventa cittadino dell'universo.

 

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