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TESTO Ridonami, Signore, la gioia del perdono

don Walter Magni  

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IX domenica dopo Pentecoste (Anno A) (02/08/2020)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,1-12

1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Il vangelo di questa domenica narra che Gesù, rivolgendoSi a un paralitico che Gli era stato calato dal tetto mentre stava predicando, dice: “Ti sono perdonati i peccati”. C'è forse un nesso tra malattia e peccato? Perché perdonare pubblicamente un paralitico per i suoi peccati? Per i farisei che stavano ad ascoltare la questione era ben altra, si domandavano infatti: “perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”.

“Ti sono perdonati i peccati”
Fin quando Gesù compie miracoli di moltiplicazione del pane per sfamare tanta gente, favorire una pesca miracolosa per i Suoi che quella notte non hanno preso nulla, lo stupore nei Suoi confronti è assicurato. Giungendo a riconoscerGli un potere dal quale Gesù stesso Si dovrà difendere. Ma se un miracolo è accompagnato da parole di perdono, allora diventa una questione teologica, motivo di discussione. Per sé anche i barellieri, calando il paralitico dal tetto, semplicemente hanno chiesto la sua guarigione, confidando nei poteri taumaturgici del Maestro. Ma Gesù ha una Sua strategia. Trasformando la situazione di precarietà di quel paralitico nell'occasione per dire qualcosa di importante e necessario sulla condizione umana. Attraversata da fatiche che facilmente si intrecciano con l'esperienza del peccato, segno forte di una voluta distanza da Dio. Ma qui sta il punto. Soprattutto oggi facciamo fatica a sentirci soggetti responsabili, capaci volutamente di compiere un peccato. Siamo maestri nel descrivere i peccati che attraversano la vita degli altri, e, alla luce dell'ideologia del momento, individuare i peccati che si sono distesi lungo la storia del passato o nella vita sociale del presente. Riconoscere la propria diretta responsabilità nei confronti del peccato sembra quasi impossibile. C'è sempre una scusa, una ragione che ti giustifica. L'individualismo culturale ci ha messi tutti in difesa, pronti sempre ad attaccare e si fa sempre più fatica a ripetere come il Pellegrino russo: “Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore”.

Riconoscersi peccatori
Ci è chiesto, dunque, un passaggio per nulla scontato. Potremmo discutere all'infinito del peccato senza che l'anima ne resti scalfita davvero. Forse la condizione nostra è simile a quella di quegli stessi scribi che, mentre Gesù perdona un paralitico, avviano una polemica: “perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”. E anche Gesù Si stupisce di loro, di questo loro insistente giudizio che Lo vorrebbe in contraddizione con Se stesso, in quanto Figlio di Dio. Così come continuerebbe a meravigliarSi ancora per tutte le volte nelle quali giudichiamo gli errori degli altri con tutta quella immediatezza che non conosce umiltà e pentimento. Un giudizio sempre senza appello nei confronti degli altri, senza un minimo segno di compunzione. Eravamo del resto così sicuri mentre, supponenti, pensavamo ai nostri affari, giudicando quei poveretti che dei nostri guadagni non conoscevano alcuna percentuale. Come ci ripetessimo dentro con un po' di retorica: “Se c'è la salute c'è tutto”; se le cose ci vanno bene perché anche gli altri non si danno da fare come me? Ma al tempo delle vacche grasse di colpo, per colpa di un virus minuscolo e invisibile, sono subentrati tempi difficili, avvolti di sospensione e di incertezze profonde. La nostra ostentata sicurezza, nel prospettare un futuro prospero e carico di promesse, tace e sembra ci sia data l'opportunità - possiamo osare nel dire: la grazia? - di rientrare in noi stessi e pensare, considerare, renderci conto che siano tutti sulla stessa barca.

Cos'è più facile per Gesù?
La risposta di Gesù non si fa attendere. Replica agendo, guarendo seduta stante quel paralitico: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua”. Anche oggi Gesù vuole risanare te. Ma se non Lo riconosciamo e non Lo accogliamo per quello che è, Lui non agisce e resta semplicemente in attesa di un nostro obiettivo consenso. Per questo la remissione dei peccati non è un atto magico, ma il risultato di un dono che chiede l'assenso della nostra libertà. Il suo perdono è la forza soprannaturale che completa e supera infinitamente il nostro semplice desiderio di bene, poiché ci rende così come Dio ci vuole: capaci di amore per Lui e per i fratelli. Quando noi Gli chiediamo il Suo perdono, Egli ce lo dà senza indugio se il nostro cuore desidera ardentemente e realmente un cambiamento di vita. Non solo riconoscendo Gesù per quello che è, ma riconoscendo anche la nostra precarietà, il nostro bisogno di Lui e, dunque, la necessità del Suo perdono: “noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi”. Come ci ricorda s. Ambrogio nell'Exameron: “Il Signore Dio nostro creò il cielo e non leggo che si sia riposato; creò la terra e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna le stelle, e non leggo nemmeno allora che si sia riposato; ma leggo che ha creato l'uomo e che a questo punto si è riposato, avendo un essere cui rimettere i peccati”.

 

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