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TESTO Commento su Matteo 14,13-21

fr. Massimo Rossi  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/08/2020)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Gesù deve allontanarsi dalla Galilea, per evitare il rischio non proprio teorico di fare la stessa fine di Giovanni Battista. La sua ora non è ancora venuta, gli impegni di ministero sono tanti, pesantissimi; non può arrendersi proprio adesso.

Il miracolo della moltiplicazione dei pani (e dei pesci) realizza la profezia di Isaia contenuta nella prima lettura: il profeta invita gli assetati ad avvicinarsi all'acqua: il problema è capire quale acqua sia la migliore! di marche ce ne sono tante, e tutte vantano una qualità superiore, meritevole di essere scelta. Fuor di metafora, la questione è delicata: l'autore ispirato si chiede e ci chiede il motivo per cui si continua a spendere soldi per beni superflui, peggio, inutili, peggio ancora, che lasciano insoddisfatti e svuotano (soltanto) le nostre tasche.

Ritorna l'annoso problema della capacità e volontà di capire che cosa è necessario e che cosa invece non lo è; la distinzione non può essere fatta una volta per tutte; ogni anno il famoso paniere dei prodotti di consumo viene ritoccato, alla luce dello stato economico della società.

L'attenzione ai beni primari, fino a settant'anni fa, unico fronte di lotta di classe e di azione politica da parte dei programmi di Governo, si è progressivamente spostata sul altri beni in senso lato: il progresso tecnico che ha accompagnato il sensibile mutamento dei gusti collettivi, non ha accresciuto semplicemente i mezzi per perseguire i fini di sempre, ma ha mutato gli ideali di vita, gli interessi, soprattutto i consumi.

Giunti alla tendenziale saturazione dei cosiddetti “bisogni primari”, si è allargato a dismisura lo spazio per soddisfare i “bisogni secondari”, molto meno determinati e univoci dei primari, molto più esposti alle possibilità e ai rischi di manipolazione operata dal mercato.

Il discorso ci condurrebbe lontano dalla riflessione sul Vangelo a cui dobbiamo restare agganciati, almeno in questa sede. Tantopiù che il tempo a disposizione è limitato.

Un bene, tanti beni; una voce, tante voci... tanta confusione! tanto rumore!...

Meglio andarcene anche noi nel deserto, in un luogo appartato, dove Gesù può insegnare in santa pace, senza dover alzare la voce, né entrare in concorrenza con altri predicatori.

Il figlio di Dio fa di necessità virtù: spinto ad allontanarsi dalla città dallo stato di pericolo reale, coglie l'occasione per offrirsi all'ascolto di cinquemila uomini (esclusi donne e bambini, per un totale stimato intorno alle venticinque/trentamila persone). Certamente tutto sto pubblico non ci stava in centrocittà... TO-Piazza san Carlo docet... Come non pensare alle folle oceaniche che si raccoglievano in passato attorno al Papa, in occasione della GMG, o anche ai concerti rock seguiti da milioni di spettatori... Il tempo delle masse che applaudono dal vivo i loro beniamini, sopportando ore di fila ai botteghini, pernottando addirittura in sacco a pelo, nella speranza di varcare le transenne... Questo tempo, forse, è finito... almeno per ora. Chissà se tornerà ancora...

Non è detto che sia un male... ai posteri l'ardua sentenza. Ci basti sapere che, al momento, gli assembramenti sono pericolosi, anche se si tratta di meeting cattolici.

Il miracolo della moltiplicazione dei pani è particolare, direi, unico nel suo genere, proprio per la presenza della folla. Gesù non amava compiere miracoli in pubblico; al contrario, preferiva chiamare il malato in disparte, lontano da sguardi indiscreti; addirittura imponeva il segreto a colui che era stato guarito!

Il presente caso è diverso e per più di un motivo: innanzi tutto Gesù non compie un gesto di guarigione; il fine di questo miracolo consiste nell'impresa di sfamare la folla; l'effetto prodigioso che soltanto una mano potente, pardon, onnipotente, era in grado di sortire, è dato dalla quantità eccezionale dei destinatari. Il miracolo, per definizione, individuale, diventa miracolo globale.

La salvezza non è di uno, non è di pochi, ma di molti, anzi, di tutti coloro che partecipano: l'evangelista precisa che “tutti mangiarono a sazietà”... e se ne avanzò pure!

Matteo non fa cenno di un'interpretazione del miracolo da parte di Gesù; ci penserà Giovanni a riportare i commenti del Signore, nel quarto Evangelo; parole audaci, per certi versi imbarazzanti, che suscitarono aspre polemiche e allontanarono irreversibilmente le posizioni dottrinali del Signore, da quelle delle autorità religiose e dei capi del popolo.

Consiglio vivamente la lettura del capitolo 6 di Giovanni sul “pane di vita”, per capire qualcosa sulla sostanziale differenza tra la fede ebraica e la nuova fede inaugurata dal Maestro di Nazareth.

Tornando alla questione del miracolo globale, mi chiedo se ai giorni nostri si possa parlare di miracolo, quando un fatto chiaramente eccezionale interessi la società, in parte o tutt'intera.

La storia cristiana presenta più di un caso in cui un evento straordinario, sia stato interpretato come intervento (miracoloso) di Dio, o della Madonna.

La stessa orazione che l'Arcivescovo di Torino ha composto in occasione della pandemia, fa leva sulla devozione del popolo cristiano, affinché Maria si faccia mediatrice presso il Figlio e presenti a Lui il nostro anelito di liberazione dal flagello del coronavirus.

Ricordo ancora una volta che invocare il miracolo non è l'ultima spiaggia, la scelta di ripiego, una volta verificata l'incapacità della medicina ad affrontare e risolvere la piaga con gli strumenti della scienza. Sarebbe un grave errore, perché ripresenta la dicotomia tra scienza e fede, il plurisecolare aut aut tra l'uomo e Dio.

La scienza fa e farà la sua parte. La fede le sta accanto, come appello a Dio, affinché ci conceda il coraggio, la perseveranza per non arrenderci al male e combatterlo, e vincerlo. In nome di Cristo che vive e regna con Dio Padre nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. AMEN

 

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