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TESTO Commento su Matteo 20,1-16

Omelie.org - autori vari  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/09/2005)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

* Più vado avanti nel mio cammino di fede, più mi vado convincendo che solo attraverso una lettura "umanissima", quasi viscerale della Parola di Dio (con quelle stesse viscere di misericordia che caratterizzano i sentimenti – volutamente uso questa parola: sentimenti! – che Dio Padre nutre verso ogni creatura), possiamo giungere a gustarne tutta la bellezza e ad accoglierne la forza e il mistero di vita che essa porta con e dentro di sé.

* Chi tra di voi ha la gioia di essere padre o madre, oggi, è un po' più avvantaggiato perché potrà capire con più facilità questa scomoda pagina di vangelo!

Quando guardo alle tante giovani coppie di cui ho avuto la gioia di benedire le nozze ed ascolto, con cuore meravigliato, i racconti delle loro notti insonni passate a cullare i loro figli tra una poppata e l'altra, tra un pannolino e l'altro, tra una febbre o un dente che spunta... (e qui l'elenco potrebbe essere infinito) nei loro occhi, accanto alla fatica, vi leggo una forza e una gioia che mi è difficile spiegare. Quanti hanno fatto esperienza della gratuità dell'amore, quella gratuità che non calcola né si risparmia ma che è pronta a donarsi senza riserve – proprio come una madre e un padre si donano totalmente per prendersi cura dei loro piccoli (alla luce di questo parlo di lettura umanissima del vangelo) – sanno che l'amore vero, per sua natura, non si fonda sul calcolo e sul tornaconto personale.

* La parabola che abbiamo appena ora ascoltato, vuole parlarci proprio di questo, vuole mostrarci di quali paradossi è capace un cuore che ama in maniera disinteressata. Una parabola talmente scomoda da accogliere che da sempre la chiesa ha cercato di attenuarne e sfumarne i contorni nel tentativo di renderla meno indigesta.

Pensate che anche la prima comunità si è trovata in difficoltà dinanzi a questa predicazione tanto da sentire il bisogno, nel commento che ne fece, di trasformarla pressappoco in questo modo:

"Alcuni operai stavano lavorando nella vigna del loro padrone. Uno di essi lavorava alacremente tanto che dopo due ore il padrone passò, lo vide, lo lodò per il suo operato e lo chiamò a passeggiare con sé. Giunti alla fine della giornata gli operai furono convocati per ricevere il salario pattuito; a tutti il padrone consegnò un denaro. Risentiti per questo suo modo di procedere, protestarono, ma dinanzi alle loro rimostranze, il padrone fece loro notare che quell'uomo aveva fatto in due ore il lavoro che loro avevano svolto in otto".

Siamo veramente bravi ad arrampicarci sugli specchi! Del resto qualche cosa di simile ha fatto anche oggi la chiesa! Se avete ascoltato con attenzione, la preghiera di colletta, che la liturgia ci ha fatto pregare, così recitava:

"O Padre, giusto e grande nel dare all'ultimo operaio come al primo, le tue vie distano dalle nostre vie quanto il cielo dalla terra: apri il nostro cuore all'intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l'impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino..."

Se nel primo caso, per attenuare il fastidio che, inevitabilmente, nasce nell'animo dell'ascoltatore, si cerca di far leva sull'operosità e sull'impegno di quel "bravo" lavoratore, in questo caso la leva che viene toccata è quella dell'onore! Fermo restando che è sicuramente una gioia lavorare nella vigna del Signore ed essere a servizio del suo Regno e del suo vangelo... non vi nascondo che questo modo di ragionare mi disturba non poco! La nostra vita cristiana non si fonda sull'onore bensì sull'amore!

* Soffermiamoci ora sulle parole ascoltate e cerchiamo di capire meglio il perché di questa parabola. È importante riflettere sul contesto in cui essa nasce per coglierne l'insegnamento.

Siamo agli inizi della prima comunità che si va stringendo attorno a Gesù, una comunità decisamente sui generis, per molti versi singolare. Pensate: nella cerchia di Gesù c'era Matteo, un pubblicano convertito; la Maddalena, una prostituta pubblica; per non parlare di tutti quei personaggi che Gesù andava incontrando e con i quali intratteneva rapporti: lo strozzino Zaccheo, la samaritana dai molteplici mariti... quell'infinito elenco di povera gente che in lui vedeva un barlume di speranza e di possibile riscatto dalle tante povertà che attanagliavano le loro vite.

Dinanzi ai benpensanti del suo tempo, dinanzi gli scribi e i farisei, dinanzi a quanti – ieri come oggi – sono soliti giudicare solo in base alle apparenze, questo modo di fare di Gesù è inconcepibile, anzi inaccettabile! Come quel Simone che lo invitò a casa sua (cfr Luca 7, 36-50: la peccatrice perdonata), la reazione più scontata sarebbe quella di dire anche noi: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di persone sono coloro che lo seguono: dei peccatori, delle persone che non meritano nulla!".

Ecco allora che Gesù, conoscendo i pensieri dei suoi contemporanei, e consapevole dello scandalo che il suo modo di fare ed insegnare suscitava attorno a sé, propone ai suoi ascoltatori questa parabola col vivo desiderio di fargli capire qual è la logica di Dio e qual è la logica che soggiace al suo ministero!

* Come già annunciava il profeta Isaia (cfr I Lettura), se non ci lasceremo vincere dalla forza dell'amore, i suoi pensieri non saranno mai i nostri pensieri, le nostre vie non saranno mai le sue vie, e continueremo ad abitare questa terra guardando al nostro prossimo, lontano o vicino che sia, sempre con sospetto e con timore, cercando di difendere il nostro profitto senza saper guardare al suo bisogno.

Se è vero che istintivamente tutti ci sentiamo solidali con gli operai della prima ora perché ci sembra che il padrone stia commettendo un'ingiustizia... dall'altro lato, se al centro mettiamo quell'uomo concreto, un povero disoccupato, nullatenente, che non sa come far quadrare i conti di fine mese, con i suoi figli – che come i nostri – hanno fame e hanno bisogno di tutto, allora forse la nostra mormorazione si trasformerà in consenso. Come sapete, ai tempi di Gesù un denaro era il guadagno minimo giornaliero che permetteva ad una famiglia di mangiare. Allora, alla luce della parabola, se quel padrone non avesse dato a ciascuno un denaro per alcuni non ci sarebbe stata possibilità di sfamare la propria famiglia... ed io posso solo immaginare il dolore e l'umiliazione che un uomo può provare quando, tornando a casa a mani vuote, incontra lo sguardo ferito dei suoi figli e ne sente i gemiti dello stomaco!

Con questa scomoda parabola che disturba il nostro buon senso, Gesù desidera semplicemente mostrarci che Dio Padre vuole dare a tutti quanto è necessario per vivere. Dio è veramente misericordioso e "sa di quali cose abbiamo bisogno!". Come ha detto Benedetto XVI ai giovani riuniti in preghiera nella spianata di Marienfeld a Colonia per la XX Giornata Mondiale della Gioventù: "Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere... al potere rumoroso e prepotente di questo mondo (Dio contrappone) il potere inerme dell'amore!".

* Un'ultima domanda mi sono posto: da che cosa nasce la mormorazione e il bisogno di recriminare? Se scavo veramente in profondità, credo che nasca dalla sottile tentazione che accompagna la vita di ogni uomo: la tentazione che ci fa credere che la salvezza, ma ancor più l'amore, l'affetto e la stima, tanto di Dio quanto degli altri, dipendono dai nostri meriti, quasi fossero una ricompensa, un qualcosa che ci è dovuto in base alle cose che facciamo. Oggi, però, Gesù scioglie ogni equivoco ed ogni dubbio: agli occhi di Dio siamo tutti, e resteremo sempre, figli amati e prediletti, anche quando le nostre strade dovessero condurci lontano dalla casa del Padre.

Una consegna allora: tornando a casa quest'oggi, accanto a questa pagina di vangelo, proviamo a leggere – gustandola con il cuore – la parabola del padre misericordioso (meglio conosciuta come parabola del figliol prodigo – Luca 15)... forse sentiremo anche noi i rumori e la gioia della festa e saremo felici di entrare a prendervi parte

Commento a cura di don Giampiero Ialongo

 

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