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TESTO Commento su Matteo 13,44-52

fr. Massimo Rossi  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/07/2020)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Forma breve (Mt 13,44-46):

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

“Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli. È simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.”: e con questa sentenza termina un altro discorso di Gesù, il terzo; nel Vangelo di Matteo ce ne sono 5: il primo, dal cap. 5, è quello delle Beatitudini, o discorso evangelico; al cap.10 troviamo il discorso apostolico; poi c'è quello delle parabole (cap. 13) che, appunto, si conclude oggi; e ancora, al cap.18, il discorso sulla chiesa; infine il discorso escatologico, sul giudizio finale, al cap.24.

Come vi avevo annunciato domenica scorsa, continuiamo a riflettere sul regno dei cieli, alla maniera di Gesù, il gran dissacratore dei luoghi comuni.

Il figlio di Giuseppe parla di realtà ultraterrene, ma non solo, assegnando a queste realtà un valore supremo, ma utilizzando categorie e termini del tutto diversi da quelli che siamo soliti sentire e usare. Nessuna sorpresa! in fondo, il Messia non era nato a Palazzo Carignano, dove nascevano i Re d'Italia... ma in una stalla, per di più, lontano dal primo centro abitato, Betlemme, poco più che un villaggio... Per quel Maestro di umilissime origini - suo padre faceva il falegname -, il massimo del lusso ora uno scrigno di gioielli rinvenuto per caso in un campo... magari seppellito da un ladro, dopo aver rapinato una villa al Circeo. Oppure una perla gigante - e quanto costerà mai una perla naturale oversize, 1000 euro? 2000? -.

Per un proletario come Gesù, ricchezza era una rete colma di pesci: evidentemente non accadeva di frequente, ai pescatori di Tiberiade, di rientrare da una notte passata in barca, con le reti che si rompevano per l'abbondanza del pescato; era un fatto epocale, e tutti accorrevano per dare una mano, giovani, vecchi e bambini. E così il regno di Dio, pardon, l'effetto della pesca straordinaria si estendeva, un vero e proprio contagio - si può dire contagio? - intendiamoci, (contagio) benefico! Trascinavano le reti a riva - tutti abbiamo visto almeno una volta immagini di repertorio che riprendono una cordata di uomini, alcuni in acqua, gli altri sulla spiaggia, che si muovono tutti insieme, al ritmo di una parola, “ohhh issaaah!”, “arambee!” (swaily dei pescatori Kenioti).

E poi si divideva! La ricchezza di uno solo diventava abbondanza e festa per tutti.

Molto cristiano tutto ciò!

Segnalo un aspetto fondamentale per la riflessione di oggi: il contadino baciato dalla fortuna vende tutto ciò che ha per acquistare il campo ov'è nascosto il tesoro; idem il mercante di perle, per aggiudicarsi la perla preziosa.

Quanto vale per noi il regno dei cieli? “...val bene una Messa!”, avrebbe dichiarato Enrico di Navarra, di fede protestante, futuro Re Enrico IV (fine ‘500), alludendo alla conversione al cattolicesimo, che la ragion di stato imponeva come condizione per salire al trono di Francia.

Ai giorni nostri qualcuno la pensa ancora così: il Paradiso val bene la Messa domenicale! Per entrare nel regno dei cieli è sufficiente andare a Messa.

Mica vero! è un po' poco, non vi sembra? I vecchi maestri di spirito ricorrevano al tristemente famoso esempio del mafioso che va a Messa ogni domenica e fa anche l'elemosina... Ok la Messa, ok l'elemosina... ma quello, mafioso è e mafioso rimane! non si illuda di comperarsi pure il Paradiso!

Personalmente preferisco la similitudine della rete da pesca: è più coinvolgente.

La salvezza, l'ingresso nel regno dei cieli non è un fatto individuale, ma è frutto di un gioco di squadra. Si vince tutti, oppure non vince nessuno!

È questione di mentalità: dobbiamo imparare a ragionare alla prima persona plurale! spesso, invece, si pensa alla prima singolare, oppure alla terza plurale: gli altri, loro,... La relazione non è quasi mai inclusiva; al contrario, manifesta distanza, quando non addirittura contrasto, opposizione. Interessante la precisazione che Enzo Bianchi aveva fatto quasi vent'anni fa, parlando sul tema dell'identità cristiana: quando parliamo di stranieri, il massimo dell'integrazione che possiamo concepire è in modalità “tra noi”; la speranza del fondatore della comunità di Bose, è che, un giorno, almeno noi cristiani si possa parlare dello straniero usando la modalità “con noi”. L'integrazione non è solo formale - appunto, (lo straniero) “tra noi” - ma sostanziale - (lo straniero) “con noi” e dunque uno di noi -.

Prima di chiudere, dedico un pensiero all'ultima tessera del puzzle “regno dei cieli”: una volta precisate quali sono le forze in gioco - la comunità - resta da accendere uno spotlight, un riflettore sugli aspetti più pratici.

In estrema sintesi, il Vangelo insegna che, per ereditare il regno, è necessario diventarne discepoli fin da subito: la distinzione tra scribi e discepoli era paradigmatica, a quel tempo, ma lo è anche ai giorni nostri: gli scribi conoscevano la Legge, ma solo a parole. E Gesù, che detestava e ancora detesta saputelli, e moralisti plurititolati dalla critica facile, rilancia la sfida: nella vita non basta conoscere a menadito il codice - fosse anche quello di diritto canonico -; è necessario rimboccarci le maniche.

Vi ricordate la storia di Giuseppe, il figlio cocco-di-papà di Giacobbe ormai vecchio, ultimo nato di dodici fratelli? il padre gli aveva confezionato una tunica dalle lunghe maniche, segno che il ragazzino non si sporcava le mani, in campagna, impegnato com'era a interpretare i sogni suoi e a pronunciar sentenze sul conto dei fratelli. Ebbene, ci avrebbe pensato la storia ad insegnargli a vivere, pagando di persona e non solo a parole. Se non conoscete le avventure di Giuseppe e i suoi fratelli, andate a leggerle: libro della Genesi, dal cap.37 in poi.

Facciamo così: ne leggete mezza paginetta al giorno - lo farò anch'io -; e poi... al lavoro!

 

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