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TESTO Commento su Marco 2,1-12

padre Lino Pedron  

Venerdì della I settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (17/01/2003)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il perdono è attività tipicamente divina: perdonare è creare di nuovo. Pretendere di perdonare i peccati vuol dire attribuirsi la potenza creatrice di Dio stesso. Da questa pretesa deriva l'accusa di bestemmia rivolta a Gesù. Si capisce allora il significato della guarigione che segue: "Perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua"(vv.10-11). Notate: sulla terra! Dio solo ha questo potere. Ora, in Gesù la potenza stessa di Dio è presente in mezzo agli uomini, a loro disposizione, come forza efficace di salvezza. Giustamente i presenti si meravigliano e dicono: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!" (v.12).

L'agire di Gesù appare come un segno visibile della presenza di Dio che salva. Egli non è soltanto uno che diagnostica il male: ha il potere personale di liberare l'uomo dal male. E, se qualcuno, come gli scribi, lo mette in dubbio, egli sa dimostrarlo coi fatti. Gesù non è uno dei tanti saggi che comunica il sapere; la sua parola è azione creatrice: il malato diventa sano, il peccatore giusto.

Solo Dio può guarire dalla lebbra (2Re 5,7; Mc 1,42); solo lui può rimettere i peccati. La lebbra è la malattia mortale che distrugge l'esterno, il peccato è la malattia mortale che distrugge l'interno dell'uomo: è una paralisi che impedisce di muoversi e di raggiungere Dio. Gesù purifica la nostra vita dalla morte proprio perdonando il peccato e rimettendoci sulla strada che ci porta a Dio.

La legge è buona perché distingue il bene dal male, la vita dalla morte. Ma non salva nessuno, anzi ci condanna tutti, perché seguiamo la via del male e della morte. Essa ha come fine quello di farci vedere la nostra lebbra, di mostrarci la nostra paralisi e di convincerci del nostro peccato, perché possiamo rivolgerci al medico per essere guariti.

"La legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede" (Gal 3,24). La sua funzione è indispensabile per condurci continuamente davanti al perdono di Dio. Giunti lì, la legge ha espletato completamente la sua funzione. Essa cessa quando si è raggiunta la grazia.

Il vangelo è la buona notizia che Dio non è né la coscienza né la legge, ed è più grande del nostro cuore (1Gv 3,20). Egli è puro amore e grazia, e si prende cura del nostro male e della nostra morte. Invece di escluderci, ci tocca come ha toccato il lebbroso; invece di condannarci, ci perdona come ha perdonato il paralitico. Così ci guarisce da ciò che ci impedisce di camminare per la via del bene e della vita.

Si può dire che la legge è la diagnosi del male e il vangelo ne è la terapia. Per quanto diverse, la diagnosi e la terapia sono tutte e due necessarie. Il centro di questo brano è il perdono del peccato, che nessuna legge e nessuna coscienza può concedere.

In questo racconto è in gioco la vera immagine di Dio, che è perdono e misericordia, e la vera immagine di Gesù, che è il Figlio dell'uomo che ha il potere di rimettere i peccati e di salvare l'uomo.

La Chiesa è raffigurata come la casa dalla porta spalancata a tutti, al cui centro sta Gesù, verso il quale corrono tutti. Sopra di lui anche il tetto è scoperchiato e aperto verso il cielo. Bisogna togliere ogni ostacolo perché tutti arrivino a Gesù per ottenere il perdono e la vita.

Il paralitico non ha ancora la fede. Se l'avesse, camminerebbe, perché credere è seguire Gesù (cfr Mc 1,15-20). Si parla invece della fede dei suoi portatori. Chi già cammina, porta a Gesù chi è ancora legato dal male. Il credente è responsabile davanti a Dio del mondo intero. Chi ancora non crede è portato a Cristo dalla fede del credente.

In sintesi: il peccato è in radice l'ignoranza dell'amore che Dio ha per noi. Dio è amore e accoglienza infinita per tutte le sue creature. L'angoscia è il posto vuoto di Dio nel cuore dell'uomo, e nessun idolo può sostituirlo.

In questo brano Gesù dichiara, per l'unica volta, il motivo dei suoi miracoli. Essi servono a noi per sapere chi è lui e che cosa ci dona: il perdono dei peccati. I miracoli sono le credenziali della sua missione divina, perché solo Dio può perdonare i peccati.

 

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