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TESTO Prima di capire c'è il guarire

don Giacomo Falco Brini  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/07/2020)

Vangelo: Mt 13,1-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Forma breve (Mt 13,1-9):

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

Gesù esce di casa e si trova attorno una folla pronta ad ascoltarlo. Ma lo ascolteranno? O sono molti altri i motivi di quella numerosa presenza? Bisogna ricorrere a qualcosa che amplifichi la sua voce. Non ci sono ancora microfoni ed amplificatori. Seduto su una barca, può raggiungere meglio la gente assiepata sulla spiaggia. Gesù racconta una parabola che parla di seme e di terreni. Alla fine della narrazione i discepoli sembrano perplessi: Signore, ma qui siamo al mare e tu parli di terreni e di semi? Ma perché parli così? Perché parli con questi racconti? (Mt 13,10) E Gesù sconcerta ancor di più i discepoli: a loro parlo così, perché a voi è dato di conoscere i misteri che mi riguardano, mentre a loro non è dato (Mt 13,11). Che poi, più o meno, significa: a voi mi faccio conoscere, a loro no. Cos'è questo linguaggio? I conti non tornano: il vangelo non ci rivela un Dio che ama sempre e vuol farsi conoscere a tutti?

Non è tutto. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha (Mt 13,12). Parole ancora più enigmatiche. Significa forse che se hai qualcosa da offrire il Signore ti premia, mentre se non gli offri niente ci toglie anche quello che gli potremmo offrire? C'è chi è pronto a scommetterci. Nel mio ministero trovo ancora persone che credono di essere accolte da Dio solo se hanno qualcosa da dargli, cioè se lo meritano; oppure, trovo tanti cristiani convinti che la comunità dei discepoli (chiesa) debba essere una ristretta cerchia di persone virtuose, “degne” di Dio, mentre tutti gli altri devono starsene alla larga. O forse le parole di Gesù sono comprensibilissime, ma suonano enigmatiche a chi non vuole comprendere, a chi non si trova nelle adeguate disposizioni davanti a Lui?

Dio parla. Questo il tema dominante di questa domenica n.15 del tempo ordinario. E se parla, lo fa certamente per comunicare con l'uomo, lo fa certamente per comunicargli vita. La sua parola è sempre creatrice, è sempre principio di vita (cfr. Is 55,10-11). Le parole che vi dico sono Spirito e vita (Gv 6,63) - disse Gesù a un gruppo di discepoli che sembrava lo ascoltasse, ma che in realtà non gli credeva e poi lo avrebbe lasciato. Qui sta l'inghippo. Gesù ricorda ai suoi che si compie una profezia di Isaia. Profezia che spiega il perché del “a voi sì, a loro no”: c'è in mezzo al popolo un problema nel profondo del cuore. C'è un'insensibilità che non permette di comunicare con Dio (Mt 13,15). Del resto, non abbiamo sentito domenica scorsa il Signore esultare mentre loda il Padre che nasconde queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le rivela ai piccoli? (Mt 11,25)

I misteri di Dio diventano comprensibili solo a chi, facendosi piccolo, si avvicina con semplicità a Gesù rispondendo al suo invito: venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi. Non ci va per dirgli cosa deve dire, cosa deve fare o cosa deve dimostrargli. I suoi misteri si rivelano solo a chi si apre prima di tutto allo stupore che genera Gesù, mettendo da parte la propria scienza, le proprie capacità, le proprie idee o progetti. Qui c'è già tutta la contrapposizione tra il “loro” della folla e il “voi” dei discepoli, tra chi vede e chi non vede, tra chi ascolta e chi non ascolta, tra chi si avvicina a Gesù e chi invece non si avvicina. Tra chi gli apre il cuore per farsi guarire e chi glielo chiude per paura di quello che potrebbe scoprire: come può conoscere il medico chi non è convinto di essere infermo e di avere bisogno di lui? È un po' come succede talvolta a noi preti. C'è chi, affrontando paure o vergogne, apre fiduciosamente il proprio cuore, e c'è chi invece non si fida per tanti motivi. Allora spesso ascoltiamo infiniti ragionamenti e tanto sapere “religioso”, ma senza che si vada al “dunque” della propria situazione interiore. Alla fine si rispetta la persona nella sua libertà, solo che Dio non opererà niente e non certo perché non lo voglia.

C'è però chi vive la beatitudine di guardare stupito a Gesù con cuore aperto, sempre disposto a riconoscere le proprie infermità per chiederne la guarigione (Mt 13,16-17): costui è dentro il “voi” dei suoi discepoli. Dunque non è il Signore a tenere dentro la sua conoscenza alcuni e a lasciarne fuori altri. Siamo noi che ci introduciamo o ci escludiamo dalla comprensione delle sue parole. E non è un caso l'evangelista Matteo pone questo brano “diagnostico” tra la parabola del seminatore e la sua spiegazione ai discepoli. Questo testo infatti ci indica il passaggio che dobbiamo vivere affinché le parole di Gesù non rimangano un enigma e possano giungere a noi come luce: bisogna prima avvicinarsi e aprirgli il cuore, disposti a riconoscere le proprie durezze. Come dire: gli occhi dei discepoli cominciano a vedere quando scoprono di essere ciechi, le loro orecchie cominciano a udire quando avvertono la propria sordità, il loro cuore comincia a capire quando sente le sue resistenze alla Parola di Dio. Sempre che la lasciamo lavorare dentro di noi giorno dopo giorno.

 

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