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TESTO Commento su Matteo 10,37-42

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/06/2020)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura delle Clarisse di Città della Pieve

In questa tredicesima domenica del tempo ordinario la liturgia della Parola ci esorta a correre il rischio dell'ospitalità. Rischio, sì, perché secondo la logica dell'uomo vecchio, non ancora morto al peccato (cf. Rm 6,3-4.8-11), ospitare l'altro richiede sempre una rinuncia a qualcosa di sé.

La prima lettura, tratta dal secondo libro dei Re, ci mostra una ricca sunammita che insieme al marito ospitano con generosità, senza badare a spese e possibili inconvenienti, un profeta di Israele, Eliseo, riconosciuto come uomo di Dio.

La donna, con il permesso del marito, prepara per l'ospite una piccola camera, in muratura, con letto, tavolo, sedia e lampada, sì che possa trovare conforto e riposo. Aprendo la propria casa al profeta, in realtà, la donna sunammita non ha manifestato solamente un cuore generoso, ma ha compiuto un atto di fede. Accogliere Eliseo significava manifestare la propria fede nel Signore, il Dio d'Israele.

Il racconto prosegue portando a compimento l'atto di fede e di generosità. Il profeta Eliseo si rivolse al suo servo Giezi chiedendogli:

«Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».

Il profeta, come ricompensa per l'accoglienza ricevuta, promette alla donna la nascita di un figlio. La fede in Dio produce sempre frutto, ci rende fecondi.

La lettera di san Paolo ai Romani ci fa riflettere sul Battesimo. Questo Sacramento, spesso ricevuto nell'inconsapevolezza, ci ha reso accoglienza della Trinità stessa, Tempio santo di Dio, sua casa e dimora. Anche qui abbiamo a che fare con l'ospitalità, la più solenne e importante per la nostra vita.

Questa “ospitalità” operata dal Sacramento, richiede poi una adesione nella vita, una scelta. Il battezzato, infatti, immerso nella morte di Cristo, muore al peccato, è reso una persona nuova, in grado di camminare in una vita nuova. Le conseguenze battesimali pertanto sono esistenziali, rendono il cristiano un discepolo di Cristo, che nella vita concreta sceglie di accoglierLo, di seguirLo sulla via aperta e tracciata da Lui.

L'evangelista Matteo sottolinea infine un ulteriore aspetto dell'accoglienza legato all'evangelizzazione. Il discepolo, che ha accolto Gesù nella sua vita e lo annuncia, è identificato con Cristo stesso, diviene un altro Cristo: chi accoglie voi, accoglie me.

L'evangelista però non nasconde le esigenze dell'ospitalità. Gesù disse a coloro che lo seguivano: Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà (10,39). Questa parola è come una spada a doppio taglio, che entra per discernere e fare verità nella vita del discepolo; chi appartiene ancora al mondo infatti non può reggere la logica della perdita. Eppure questa è la via scelta dal Figlio di Dio, che un giorno si paragonò al seme caduto in terra. Come Gesù, che ha donato la sua vita per la salvezza dell'uomo, così anche i suoi discepoli sono chiamati a perdere se stessi per ritrovarsi in Lui. Accogliere Gesù significa accogliere la logica dell'amore oblativo, che si lascia spogliare di tutto, anche della vita, per far vivere il fratello.

Da questa speciale ospitalità dipendono poi tutte le altre relazioni, a partire da quelle più strette con i genitori, i figli...

Fare spazio a Gesù, lasciare che sia Lui ad abitare la nostra casa, ci renderà uomini e donne fertili nell'amore vero, umili e servizievoli, come il Maestro che si è fatto povero e servo di tutti per raggiungere tutti.

 

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