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TESTO Andare oltre l’offesa con il perdono

mons. Antonio Riboldi

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (11/09/2005)

Vangelo: Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Può sembrare impossibile quello che oggi ci propone la Parola di Dio, ossia saper perdonare o chiedere scusa a chi ci offende. Eppure nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, ci rivolgiamo a Lui chiedendo il perdono delle innumerevoli offese che Gli facciamo consapevolmente o inconsciamente ogni giorno: "Rimètti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

Ma come è difficile superare la barriera della nostra superbia e saper umiliarci nel chiedere perdono e quindi ricucire i rapporti di amore che sono la sola natura del credente, figlio di un Padre Amore.

Così ci parla il Siracide oggi: "Il rancore e l'ira sono un abominio, e il peccatore li possiede. Chi si vendica avrà la vendetta del Signore ed Egli terrà presenti i suoi peccati. Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i tuoi peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per l'uomo suo simile e osa pregare per i suoi peccati? Egli, che è soltanto carne, conserva rancore: chi perdonerà i suoi peccati?

Ricordati della tua fine e smetti di odiare, ricordati della tua fine, della tua distruzione e della morte, e resta fedele ai comandamenti. Ricordati dei comandamenti e non avere rancore verso il prossimo: ricordati dell'alleanza con l'Altissimo e non far conto dell'offesa subita" (Sir. 28).

E' davvero impressionante come prevalga il senso della vendetta, al punto che ci sembra diminuire in dignità concedere il perdono, quando invece questo eleva la bontà dell'uomo e crea tanta pace in noi e attorno a noi.

Siamo davvero sconcertati come il mondo sia oggi pervaso dall'odio al punto che la terra trasuda sangue e sofferenze, come un vero inferno. Un anno fa', se ricordate, ci fu la tragedia della scuola di Beslan che fece inorridire il mondo. Così come ci siamo chiesti se davvero viviamo un tempo di pace o di continuo odio, che sembra un vomito di Satana, per il terrore e i morti che semina. Basta ricordare la strage delle "torri gemelle" in America: il dramma della Spagna, quello di Londra e tanti altri che sembrano sfuggire alla stessa memoria lasciandoci l'immagine di un uomo che davvero ha perso la via dell'amore.

Ogni volta, come voi, assistendo con orrore alle tante tragedie del terrorismo o a quelle quotidiane, che sono in casa nostra, nelle famiglie, viene sempre alla mente la compassione di Gesù, che davvero offeso in maniera totale, fino a spogliarLo di ogni dignità sulla croce, non lascia uscire dalla bocca una parola di vendetta o di odio, ma sembra ricucire i fili rotti dall'odio con quelle divine parole: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno".

Parole che sono il velo della misericordia di Dio stesso su questa umanità che sembra non trovare le vie dell'amore.

E tutti, a cominciare dalle famiglie, in quelle case, che una volta poeticamente definivamo il focolare dell'amore, sperimentiamo come basta un nulla per creare screzi, separazioni, che lentamente diventano insanabili fratture, fino alla rottura, come avviene nelle tante separazioni familiari.

E sarebbe bastato quel "Padre perdona!" o "per favore ti chiedo perdono".

Ho frequentato a lungo le carceri al tempo dei terroristi dissociati. Non nascondevano le loro azioni che in un primo tempo consideravano vie della giustizia sociale, come vera rivoluzione.

Ci vollero, se ricordate, le parole del grande Paolo VI in occasione del rapimento dell'On.le Moro: "Uomini delle brigate rosse, liberatelo". Parole che scossero tanti in prigione. E quando fu ucciso, ricordiamo tutti quella preghiera, simile a pianto, del S. Padre: "Signore tu non ci hai ascoltato". Furono parole che svelarono nella verità il male del terrorismo e tanti, ma tanti di loro, si videro condannati per sempre al disprezzo ed alla pena. Non si sentivano più degni di essere uomini. Ci volle la preghiera di perdono del figlio del Prof. Bachelet, ucciso dalle brigate rosse, a mostrare ai terroristi che proprio nel perdono si apriva anche per loro la possibilità di sperare e tornare, a suo tempo, a percorrere le nostre vie, riparando sì, ma ritrovando l'amore. Perché senza amare ed essere amati non si può assolutamente essere felici. Non è un vivere sereni, quando si rompe l'armonia e il suo posto lo prende l'odio e la voglia di farla pagare: e l'odio è una voragine nel cuore che non si sazia mai, aumentando l'infelicità.

La mia vita di pastore l'ho vissuta nei luoghi dove regna mafia e criminalità. Non ci si può abituare, e tanto meno si può convivere con la paura, assistendo alla catena della violenza. Una violenza che è come un vomito senza fine di Satana e si chiama vendetta. Difficile, ma necessario, predicare e indicare le vie della riconciliazione.

Gesù nel Vangelo di oggi è molto chiaro nell'indicare la necessità del perdono. A Pietro che gli chiedeva: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?" La risposta fu: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Ossia sempre.

E porta quella parabola che invita tutti ad una riflessione seria.

Paragona il Regno dei cieli a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Ce n'era uno che aveva un debito enorme, di diecimila talenti. Ed allora un talento era un valore grande. Quindi una cifra da capogiro. Ma quel servo non possedeva il denaro da restituire e il padrone ordinò che fosse venduto lui con la famiglia e quanto possedeva. "Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito".

E' come la fotocopia della parabola del figlio prodigo che torna a casa e trova il padre che, anziché sbarrare la porta di casa, gli corre incontro, non dà peso all'offesa ricevuta, ed era grandissima, ma ascolta il Cuore, il Cuore misericordioso di Dio, per cui gli corre incontro, gli getta commosso le braccia al collo e fa festa "perché questo figlio era morto ed è tornato in vita".

Meraviglioso Dio, che non conosce le nostre stupide e dannose voglie di vendetta, ma mostra fedeltà assoluta all'amore che supera le stesse offese ricevute. E' lo stesso Padre che dice a noi: "Se andando all'altare ti ricordi che un tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta e va prima a riconciliarti con lui, poi torna".

Ma pare proprio che l'uomo mostri la sua grettezza e, mentre chiede la misericordia del Padre, non sa perdonare le offese che riceve: offese che sono davvero piccole se le misuriamo con quelle che facciamo a Dio che perdona.

Il Vangelo, così narra questa grettezza. "Quell'uomo cui furono condonati tutti i debiti immensi, appena uscito si incontra con un altro servo che gli doveva una piccola cosa, davvero piccola se confrontata con il i 10.000 talenti, ossia cento denari: una monetina. E afferratolo, lo soffocava e diceva: "Paga quel che devi!" Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito". Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Fu subito riferito il fatto dai servi al padrone che, fatto chiamare il servo, così lo apostrofò: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così farà anche il Padre mio celeste a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore il vostro fratello" (Mt. 18,21-35).

Viene spontanea una riflessione in quest'anno dedicato alla Eucaristia, che è il sacramento dell'amore, senza "se o senza ma". A quella mensa dovremmo accostarci come al banchetto che chiede di indossare tutti la veste della bontà senza alcuna divisione. Non si può partecipare allo "spezzare il pane del cielo" senza essere noi briciole di un grande pane, che è la comunione di cuori.

Ma si ha l'impressione che a quello "spezzare il pane" si vada con tante riserve contro la carità. Si ha l'impressione che abbiamo tanti fili legati al dito per ricordarci sempre i torti ricevuti. E' possibile stendere la mano per ricevere Gesù, quando questa non può aprirsi a riceverLo perché impedita dai fili?

Credo proprio che tutti abbiamo bisogno di diventare operatori di riconciliazione, a cominciare nelle famiglie, per entrare nel Regno del Padre. Siamo nauseati dalle troppe violenze e rotture, fino a mettere in dubbio l'esistenza dell'amicizia che è Dio tra di noi.

Non resta che "rimettere i debiti ai fratelli come il Padre li rimette a noi". E' una grande lotta contro la superbia. L'amore, quello vero, come quello di Dio, ama farsi crocifiggere, ma detesta il crocifiggere.

 

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