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TESTO Il Vangelo in un bicchiere d'acqua fresca

Paolo De Martino  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/06/2020)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Dobbiamo armarci di pazienza per capire uno dei Vangeli più impegnativi e liberanti.

Ciò che Gesù chiede è sconcertante: amarlo almeno come si ama una moglie, un figlio, un padre. In un altro spinosissimo punto del Vangelo Gesù dirà: amare Dio di più (che in ebraico, lingua contorta, si dice: "Amare gli altri di meno", cioè odiarli...).

La domanda sorge spontanea: Come può questo Dio che ci ha svelato la bellezza assoluta dei sentimenti umani, l'armonia profonda che ha messo nel cuore della Creazione, chiederci di non vivere l'amore, l'esperienza più bella che possiamo fare su questa terra?
No amici, capiamola bene questa Parola.

Anzitutto Gesù ci dice che avere a che fare con Dio è nell'ordine dell'amore, non nell'ordine del dovere e della morale.

Quando lui, Gesù di Nazareth, parla di Dio, sente il suo cuore vibrare nel profondo.

Non ha nulla a che vedere, il Dio di Gesù, con la noiosa e stanca ripetizione di riti scaramantici, del rispetto rigido di norme che tendono a giustificarmi.

Gesù toglie Dio dal vocabolario del Sacro e della Religione, per piazzarlo in quello morbido e vellutato dell'innamoramento e degli affetti.
Gesù dice che fare esperienza di Lui significa innamorarsi.

Dirà, addirittura, che egli è capace di dare più gioia della più grande gioia che un essere umano possa sperimentare.
Gesù pretende di colmare il cuore di chi lo cerca.

Amici, cerca di crescere nella difficile arte dell'amore che lascia liberi e che fa crescere, che non possiede ma dona, dello sguardo che non accaparra ma rispetta...e in quell'amore troverai la misura con cui Dio ci ama.

Se la tua esperienza di amante, di genitore, di figlio è splendida (e di questo ringrazia), quanto più grande può diventare l'incontro col Signore!

Gesù non si è mai posto in concorrenza con gli affetti umani, non ha mai chiesto di essere il primo tra gli amori vissuti e non ha mai voluto essere il preferito o l'assoluto.

Non instaura una gara di emozioni, da cui sa che ne uscirebbe sconfitto, se non presso pochi eroi o santi.
Qui il termine di paragone è l'amore.

Gesù sta dicendo semplicemente che quando si ama occorre uscire dallo stretto orizzonte dei propri legami di sangue.

L'amore per definizione non ha limiti, per cui un amore esclusivo, preferenziale, particolare non ha senso.

Ma amare non è facile.

Sentiamo in noi il limite dell'amore, la fragilità del dono che vorremmo realizzare e che, pure, è ambiguo, doloroso, crocifiggente.

Imparare ad amare costa molta fatica, è un impegno che occupa un'intera vita.
Noi non siamo capaci di amare di un amore puro, totale.

La vita è difficile, a volte e Gesù ci chiede di affrontarla come viene, senza disperarsi, portando la croce della contraddizione, pazientando nel saperci capaci di crescere.
Sulla croce si parla spesso a sproposito.

“Prendere la propria croce”, non significa passiva rassegnazione di fronte al male o alle prove della vita, e tanto meno accettare tutto come proveniente dalla volontà di Dio.

Ancora una volta Gesù ci ricorda che chi comincia ad amare ed entrare nella logica dell'amore, è chiamato ad andare fino alla fine, nella piena disponibilità a portare le conseguenze ultime di quella scelta, ossia la croce, come è avvenuto per Gesù stesso.

Chiariamo una cosa: Dio non manda la croce, e la croce non ci fa del bene.

La croce ce la dà la vita, la salute, gli altri, i nostri giri di testa.

Ma Dio no, non pensa che la croce sia educativa, non diciamo stupidaggini.

E' come se un padre dicesse: "Visto che il dolore aiuta a crescere, taglio il braccio a mio figlio!".

Possiamo, come dice Gesù, far diventare la croce un'occasione di crescita, una possibilità di andare all'essenziale.

Anche Gesù prenderà una croce, non frutto delle sue scelte, né conseguenza dei suoi errori, e la trasfigurerà.

Gesù dice che trovare Lui è l'esperienza più travolgente della vita e che vale la pena di lasciare tutto per possederlo.

Che "perdere" la vita nel Signore non significa buttarla ma affidarla alla tenerezza che guarisce il mondo.

Infine il Signore ci chiede di accogliere i profeti e dare loro anche solo un bicchiere d'acqua fresca.

I profeti camminano in mezzo a noi travestiti da operai, col volto anonimo del mio collega d'ufficio, col volto stanco e provato della mamma di famiglia.

I profeti, spesso, non sanno di essere profeti e non sanno molto di teologia.

Vivono le esperienze della vita con serenità e libera rassegnazione, amando dell'amore di cui sono capaci.

Persone che hanno dovuto dare tanto alla vita, non si disperano e vivono cercando un senso al loro percorso.
E' pieno di profeti, in giro, cercateli.

Chiedete allo Spirito che vi permetta di leggere i cuori, che vi aiuti a scrutare gli occhi, che vi faccia cogliere quanta potenza c'è nella vita di una persona.

E, dopo averli riconosciuti, date loro un bicchiere d'acqua fresca: il vostro sorriso, un cenno di saluto, una stretta di mano, una battuta.

Così facendo accoglierete questo Dio che, ormai, si diverte a nascondersi dietro gli occhi stanchi degli uomini autentici.

La croce e un bicchiere d'acqua, il dare tutta la vita e il dare quasi niente, sono i due estremi di uno stesso movimento.

Un gesto che anche l'ultimo degli uomini può compiere; però un gesto vivo, significato da quell'aggettivo così evangelico: “fresca”. Acqua fresca deve essere, vale a dire procurata con cura, l'acqua migliore che hai, quasi un'acqua affettuosa.

Dare la vita, dare un bicchiere d'acqua fresca: ecco la stupenda pedagogia di Cristo.

La bella notizia di questa Domenica? Non c'è nulla di troppo piccolo per il Vangelo, perché nulla vi è di autenticamente umano che non trovi eco nel cielo. Perché l'uomo guarda le apparenze, Dio guarda il cuore. E tutto il Vangelo può essere in un bicchiere d'acqua fresca.
Buon cammino...

 

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