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TESTO Siamo nel cuore di Dio

Paolo De Martino  

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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/06/2020)

Vangelo: Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Nei primi anni e nei primi secoli non fu facile essere cristiani!

L'esserlo era una scelta esigente, che comportava coraggio e conseguenze pericolose.

Non era una scelta fra le tante ma una scelta che determinava la vita.

Dovevano vivere la loro fede nel nascondimento, nel segreto, nelle catacombe e manifestarla in pubblico era pericoloso, molto pericoloso. E ci voleva molto coraggio!

Per noi oggi è un invito a portare alla luce ciò che è nascosto, a non aver paura di compiere quest'operazione di messa in luce, di far vedere, di mostrare ciò che è tenuto nel buio.
Non temiamo di manifestare i nostri segreti.

I nostri segreti sono spesso dei sensi di colpa che ogni mattina ci perseguitano (e anche ogni notte: a volte ci inseguono e noi scappiamo nei sogni!).
Sono segreti per gli altri ma non per la nostra coscienza.

Tutto ciò che facciamo la nostra coscienza lo sa e non se lo dimentica.

Io ho bisogno di manifestare a qualcuno i miei segreti per sentirmi liberato, perché qualcuno mi dica: "Adesso basta, perdonati che Dio ti perdona".

Il Rabbì di Nazareth, dopo aver chiamato a sé i dodici e averli inviati in missione, vuole mettere nei loro cuori una bomba di coraggio! Per tre volte, infatti, ripete "non temete"!

Questo invito sembra quasi il ritornello del brano, una certezza che si deve conficcare nel cuore dei discepoli che si preparano ad andare come agnelli in mezzo ai lupi.

Mi piace e mi colpisce l'espressione che Gesù usa per descrivere l'azione missionaria: "Predicatelo sui tetti!".

La Parola di Dio non deve solo profumare dell'incenso delle nostre sacrestie, ma anche degli odori nostrani dei vicoli delle nostre città.

Non si tratta di appendere manifesti catechistici o di irrigidirsi in integralismi antievangelici, ma di fare della nostra vita un annuncio trasparente di una notizia che può cambiare il senso e la direzione del vivere.

In una settimana ci sono 10.080 minuti. Lo spazio della Parola, la cura dell'interiorità, non può essere rilegato ai cinquanta minuti della Messa domenicale, ma deve diventare il filo robusto che lega i momenti più diversi della settimana.

A scuola, al lavoro, al bar, in palestra, mentre si fa la spesa, non possiamo mettere tra parentesi il Vangelo, rinchiuderlo in un cassetto da aprire solo nelle nostre Chiese.

In fondo in fondo abbiamo paura della nostra fede, crediamo di dover quasi scusarci per credere, che le nostre ragioni vacillano davanti al pensiero contemporaneo.

Ma è così? Forse sì, per molti. L'idea che la fede sia una concessione archeologica a soggetti particolarmente fragili ed emotivi in fondo contagia anche noi.

Ma è così? Abbiamo bisogno di approfondire la nostra fede, di scrollarle di dosso la polvere dell'abitudine e del tradizionalismo, per riscoprire il volto straordinariamente umano, credibile e ragionevole del Dio di Gesù Cristo.

Gridatelo sui tetti! Non nelle Chiese, non nelle sacrestie, non al piccolo gregge, ma nella piazza, al bar, in ufficio, sul web, sui social.

La fede è stata a lungo nascosta nei tabernacoli, senza avere il coraggio di contagiare la nostra vita. Non è forse questo il dramma della nostra fede?

Quello di essere timidamente rintanata in angusti spazio dello Spirito?

Non è forse perché Dio è stato cacciato dalla nostra economia, dalle nostre scelte, dalle nostre famiglie, dalla nostra cultura, per essere idolatrato nel tempo del sacro?

Gridiamolo sul tetto questo Vangelo, facciamocene carico, entriamo nella compagnia di chi prende sul serio l'ansia di pienezza che inquieta il Signore.

Intendiamoci però: niente integralismi in questi tempi di eccessi religiosi.

D'altronde vivere il Vangelo con serietà non porta in alcun modo ad agire senza carità.

Ma, lo sappiamo, il problema al momento attuale non è quello di urlare, ma di narrare il Vangelo.
Il rischio non è l'integrismo ma l'insignificanza.

Un cristianesimo ridotto ad etica o ad aiuto sociale perde completamente di vista questa esigenza di totalità e di globalità che il Signore vuole da noi.

Ma fare questo, credetemi, costa. Costa in sguardi sospettosi, in battute, in giudizi, in manipolazioni, in scelte dolorose. Insomma: essere cristiani sul serio costa.

Mi viene quasi da dire: quanto ti costa essere cristiano? Nulla? Brutto segno...

Un vecchio adagio dice: «Non cade foglia che Dio non voglia».

Il proverbio riportato è un'autentica idiozia. La traduzione è errata.

Il testo originale, tradotto letteralmente, suona così: «Uno [dei passeri] da essi non cadrà, senza il Padre di voi». Qui non parla di “volontà” del Padre, ma semplicemente che un passero non cadrà a terra senza Dio, ossia lontano da lui, senza che lui ne sia coinvolto.

Nulla accade senza che lui lo sappia. Nulla accade nell'assenza di Dio.

Il nostro Dio, non può farci nulla contro la morte, la sofferenza, la violenza, la malattia.

Il mondo, con tutto ciò che gli è proprio, va per la sua strada.

Dobbiamo riconciliarci con un Dio debole e impotente nei riguardi delle cose del mondo. Semplicemente perché lui è l'amore ed è onnipotente solo nell'amore.
E l'amore non si sostituisce mai all'uomo, non lo scavalca.

L'amore non preserva dal male, ma sta dalla parte dell'amato in quel male.

Dio non ci salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non ci toglie dalla croce ma vi sale con noi per starci accanto. Il nostro Dio è il Dio-con-noi.

Tutto accade, tutto si svolge nel mondo secondo un copione che non è dato comprendere e modificare, ma noi sappiamo però che alla fine nulla andrà perduto.

Tutto sarà recuperato perché tutto è contenuto nelle sue mani.

Il vangelo di oggi è segnato da questa grande frase che si ripete tre volte: "Non abbiate paura".

Il 9 Aprile 1945 nel campo di concentramento di Flossenburg viene condannato a morte, ingiustamente, il pastore teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer.

Salutando i compagni di cella disse: "Vado verso la vita". E andava a morire.
Non c'è motivo di temere qualunque cosa succeda.

Mi fido di Gesù e dico come Bonhoeffer oggi: "Vado verso la vita".

Qualunque cosa io stia vivendo e mi stia capitando - proprio qualunque! - dico: "E' per la vita tutto questo. Non capisco ma non ho paura: c'è Lui".

Smettiamo di controllare le giornate, le persone, l'età che passa.

Il Signore ripete ancora a noi oggi "Non abbiate paura, coraggio, ci sono io".

La bella notizia di questa Domenica? Nella fatica della testimonianza il Signore ci assicura che siamo nel cuore di Dio.
Buon cammino...

 

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