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TESTO Non temiamo... Siamo tutti martiri

padre Gian Franco Scarpitta  

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/06/2020)

Vangelo: Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Chi ne ha fatto l'esperienza diretta può confermare questa realtà di fondo: quando si abbiano ideali da difendere, obiettivi nobili da perseguire, qualora si voglia essere coerenti con i propri principi, si dovrà sempre lottare soli contro tutti, a mani nude, contro ogni avversità e non di rado contro nemici a volte irriconoscibili. Quando ci si voglia impegnare nella coerenza delle nostre scelte di vita, senza mai deviare dai proponimenti che queste comportano, sempre ligi e radicali nei propri doveri e nell'assunzione delle proprie responsabilità fuggendo compromessi e soluzioni di comodo, ebbene si incontreranno sempre avversari a volte malcelati, si dovranno sempre subire oppressioni, canzonature, sbeffeggiamenti da parte di chi prende le cose con troppa superficialità. Non mi vergogno a scriverlo e daldronde non credo che costituisca una novità: durante i percorsi di formazione in seminario e nei primi anni di vita religiosa, non mancarono quanti, fra seminaristi e compagni di Facoltà, mi guardassero con una certa ironia per il fatto che prendevo sul serio qualsiasi proposta formativa in vista del sacerdozio, soprattutto in ordine allo studio e alla preparazione spirituale. Dedicarsi costantemente ai libri, impiegare il dovuto tempo per curare la propria formazione intellettuale, preparare gli esami con partecipazione e seria dedizione come pure l'osservanza degli orari e della regolare condotta seminaristica mi costava non di rado frecciatine, arguzie e illazioni da parte di chi invece era solito prendere le cose con molta leggerezza e superficialità. Non soltanto vi era chi trasgrediva o non osservava, ma non contento di questo si burlava di chi fosse ligio al dovere. La perseveranza, il supplemento di preghiera, l'indifferenza nei confronti delle altrui illazioni e pregiudizi furono tuttavia ricompensate dal tempo, visto che coloro che erano soliti denigrarmi non andarono aventi: chi fu espulso per seri motivi, chi molto saggiamente abbandonò il campo ben consapevole di non esserne all'altezza. Un giovane che una volta mi disse: “Ti troverai male, perché sei troppo moralista”, ricordo che fece (in senso religioso) una fine cruenta e sofferta, proporzionata alla sua spacconeria.

Guardare avanti senza considerare persone ed eventi che possano distoglierti dal tuo ideale. Non voltarsi indietro e non guardarsi attorno per non rischiare di essere sedotti da cattivi esempi o da eventi e persone demoralizzanti; guardare all'ideale e coltivare ciò in cui si crede essendo orgoglioso in certi casi di essere diverso dagli altri e non permettere alle parole che ti hanno ferito di avere il loro riverbero nella tua attualità. Considerare aria le beffe e le cattiverie di chi vuole scoraggiarti, ma piuttosto persistere nel tuo obiettivo nella misura in cui vieni scoraggiato. Questo è il segreto del verso successo garantito, soprattutto quando determinati percorsi si vivono con amore e con sollecitudine motivata. E neppure darla vinta a chi sta al di sopra di te, quando vorrebbe sbarrarti la strada, ostacolarti o ancora orientarti in senso opposto. Se si persevera negli intenti con amore, l'amore stesso sarà garanzia del successo e dell'arrivo al filo di lana.

Del resto, “sine dolore non vivitur in amore” diceva quel prezioso scritto medioevale di Tomas de Kempis ed è sempre prevedibile che ogni buon proposito conosca delle avversità spesso ingiuste e immeritate; occorre mettere sempre nel computo chi vuole osteggiarci mentre facciamo il bene anche solo nel perseguimento dei nostri propositi. Freud: “Mai siamo così indifesi nella sofferenza come nel momento in cui amiamo”.

Quando si tratta poi della testimonianza evangelica (e comunque non ci discostiamo affatto da quanto appena detto) la persecuzione e il dolore che gli altri ci provocano diventano ancora più opprimenti perché non c'è testimone o annunciatore del Vangelo che non venga esposto a ludibrio o a gratuite persecuzioni solo perché cristiano. Il linguaggio di Gesù è chiaro: “Se hanno chiamato Belzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari”, per dire che è scontato essere osteggiati anche con i mezzi più assurdi, essendo vittime di espedienti demoralizzanti. La testimonianza del tristissimo Geremia, gettato in una cisterna per aver parlato a un popolo ostile e avverso pronunciando ciò che questo non avrebbe voluto ascoltare, ci ragguaglia che essere latori della verità non può che comportare ostilità e avversioni. Il profeta però, se da un lato sperimenta le ostilità, non manca di far tesoro del sostegno di Dio che, proprio perché lo ha chiamato a un compito così difficile, non manca di attrezzarlo e di guidarlo passo dopo passo, dandogli la consolazione che l'aiuto gli viene proprio dal Signore che non lo abbandona.

Anche Gesù in tutto questo ci insegna a non temere gli uomini e le loro manovre meschine e fallaci che vorrebbero distruggerci ma che diventano alla fine lo strumento di morte di chi vorrebbe colpirci.

Agnello fra i lupi, vulnerabile e facile preda di nemici a volte malcelati, il cristiano non può omettere di dover subire persecuzioni, tuttavia neppure trascurare che lo attende un premio di gloria proporzionato alle sue sofferenze.

Chi si prodiga per il Signore infatti è sempre prezioso ai suoi occhi e non può non essere oggetto di premura e di divina attenzione chi sopporta sofferenze in vista dell'edificazione del Regno di Dio. Chi subisce, chi viene oppresso, chi sopporta il fardello di prove e umiliazioni in ragione della sua testimonianza cristiana e del suo zelo missionario, otterrà certamente la sua ricompensa e il suo profitto sarà esaltante quanto deprimente saranno i frutti raccolti da chi vuole distruggerci o screditarci. Gli uomini potranno infatti anche mutilare e ridurre a nulla il corpo dei loro simili, ma non fuggiranno la giustizia di Colui che “può ridurre e l'anima e il corpo nella Geenna”. Nessuno che lotti con fedeltà e radicalità mancherà di gustare la sua vittoria, perché il premio prima ancora di provenirci dal Signore, è il Signore stesso. Non si deve aver paura né tentennare, ma spingerci in avanti, credere in noi stessi e trovare in Dio lo sprone e la forza, senza darla vinta all'arrendevolezza.

Il martirio non necessariamente è appannaggio di coloro che muoiono uccisi per la fede. Questi certamente meritano maggior gloria per la loro radicalità a Cristo dimostrata fino all'effusione del sangue. Il martirio tuttavia, come del resto suggerisce il termine stesso (martyreuo) significa “testimonianza” e può essere prerogativa di ogni cristiano anche nella vita di tutti i giorni. Il martire è infatti chiunque crede e dimostra di credere perseverando nel bene nonostante le prove e le avversità. Martire è l'impiegato, il lavoratore cristiano devoto costretto a subire le burle dei colleghi perché la sua scelta cristiana non è conforme ai costumi della morale corrente; martire è lo studente o il giovane zelante nella vita cristiana che subisce le canzonature dei coetanei perché “alla tua età vai ancora a Messa la Domenica”; è capitato anche a me di esserlo in un certo qual modo agli inizi della mia decisione del sacerdozio, quando mi ritrovai solo contro parenti e amici che avversavano la mia scelta anche con esecrazioni e prese in giro... L'unica contropartita a tutte queste esperienze di martirio è la perseveranza, la fiducia in un Dio che non ci abbandona e la fede convita e radicata che tutto quanto può ottenere.

Tutti siamo martiri quando con risolutezza e radicalità ci rendiamo portatori dell'esperienza di Cristo nella globalità della nostra vita e il nostro martirio non passerà mai inosservato. Soprattutto non sfuggirà allo sguardo attento di Dio.

 

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