TESTO Commento su Luca 6,20-26
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Mercoledì della XXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (10/09/2003)
Vangelo: Lc 6,20-26

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
25Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Luca riprende e amplifica il discorso delle beatitudini raccontatoci da Matteo il pubblicano, sono poche significative differenze che danno una sfumatura diversa al racconto di Luca. Secondo Luca Gesù guarda i suoi discepoli e pronuncia le beatitudini: sono i suoi seguaci ad essere poveri, affamati, derisi, piangenti e il Signore li invita ad essere beati. Non beati perché sfortunati, Gesù non afferma una felicità intrinseca alla disgrazia! Gesù dice: se malgrado tu sia triste, perseguitato, affamato, poni la tua fiducia in me, sei beato, perché hai colto l'essenziale. Luca aggiunge una serie inquietante di guai: guai ai ricchi ai sazi, ai gaudenti. Gesù non condanna la ricchezza in se, solo ammonisce a non lasciarci ingannare: la ricchezza e la sazietà non mantengono la promessa di felicità che fanno. E lo vediamo – tragicamente – intorno a noi: persone che ci vengono proposte come modelli di realizzazione, grandi industriali, ricche pop-star che il più delle volte manifestano disagio e – malgrado abbiano tutto ciò che immaginiamo essere essenziale alla felicità – galleggiano in'esistenza di frustrazione ed eccesso. Investiamo bene, amici, anche il dolore più grande, la fatica più insopportabile possono essere ricondotti nel cuore di Dio e – davvero – possiamo sperimentare la tenerezza del discepolato.
Beati noi, Signore, che hai scelto e chiamato amici; beati noi, Rabbì, che assaporiamo a tua tenerezza che ci permette di affrontare serenamente ogni difficoltà.