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TESTO Case di vento

don Angelo Casati  

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Pentecoste (31/05/2020)

Vangelo: Gv 14,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-20

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Pentecoste, cinquantesimo giorno, giorno della pienezza. Già nella tradizione ebraica, alle origini fu festa del raccolto, poi festa del dono della Legge. Ed è anche per noi festa di un raccolto, del raccolto del vangelo, e anche di una nuova legge, la legge dello Spirito che è libertà. E non si dica che Pentecoste è l'ultimo capitolo, l'ultimo atto. Potremmo dire che, in un certo senso, è il primo: si esce, nel mondo, storia di nuovi atti, gli Atti degli apostoli, ma anche gli atti delle discepole e dei discepoli di ogni tempo. Anche i nostri atti, per energia nuova, dello Spirito.

"Venne" è scritto "all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano". Pensate alla bellezza di avere case ricolme di vento. Sappiamo quanto fosse cara a Gesù questa immagine del vento. Non è forse vero che, in un dialogo che prese tutta la notte, a Nicodemo disse che per nuove nascite, nascite dall'alto, nascite che fossero dunque di grande respiro, sarebbe venuto in soccorso la brezza di un vento, quello dello Spirito? Gli disse: "Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito" (Gv 3,7-8). E non è forse vero che sulla croce emise lo Spirito, il soffio che fa raduno, perché lui, elevato da terra, avrebbe attirato tutti - tutti! - a sé?

Vento di raduno! E non è forse vero che nella stanza al piano superiore, stanza dei dubitanti e dei reclusi, lui risorto su di loro avrebbe soffiato lo Spirito che dava pace, accogliendo l'umana fragilità? E poi il racconto del vento a Pentecoste, il vento nella casa e sui volti. Vento, soffio, respiro. Che incrocia il nostro bisogno di respirare, di respirare aria pulita, che allarghi i polmoni. Brezza fresca, quella che ti sfiora in queste mattine nelle prime ore del giorno. Ci si riempie i polmoni. Ti viene voglia di abbracciare la vita, di abbracciare il mondo. Così, quando ci sentiamo sfiorare dallo Spirito. Bisogno di allargare i polmoni.

Una connessione viene spontanea, connessione ai giorni che stiamo ancora vivendo. L'ho ritrovata nelle parole che ha scritto, Anne Zell, pastora della comunità valdese di Brescia. Che scrive: "Respirare finalmente. A pieni polmoni. Sentirsi rinfrescati e rinnovati. Che il vento di Dio possa soffiare, nelle nostre città soffocate, e che possiamo aprirci all'aria nuova e alle ispirazioni che ci porterà! Per tanti, troppi giorni, per lunghe settimane era come se ci mancasse il respiro, qui a Brescia, in Lombardia in particolare, e in tanti luoghi. Con il fiato sospeso a ogni sirena di ambulanza. Relegati nelle nostre case (fortunato e fortunata chi ce l'ha), che non per tutti e tutte era rifugio sicuro, ma a volte proprio luogo di convivenza soffocante.

Senza fiato e senza parole davanti ai troppi lutti". Mentre il pensiero corre a tutti coloro che in questo tempo hanno ridato a chi soffocava il dono di respirare, la mente può scorgere, in questa tragedia che ci ha colti di sorpresa, quasi un simbolo d'altro. Altro che toglie respiro alla vita. Di qui quasi un invito a indugiare - e sarebbe grazia - su tutto ciò che nella vita toglie respiro, crea soffocamento. Noi stessi potremmo dare respiro o toglierlo. Le nostre parole danno o tolgono respiro? Le nostre strutture danno o tolgono respiro? Le nostre iniziative danno o tolgono respiro? Sono case immobili, dove non spira vento? Dove non si accende immaginazione e fantasia?

Lontane, lontanissime, dall'essere come il vento. Di cui non sai di dove viene e dove va. E se di te invece si dicesse: "E' imprevedibile"? Non si direbbe forse qualcosa di quello che Gesù disse di coloro che sono nati dall'alto? Non la ripetizione stanca - mi succede di dire spesso - ma l'immaginazione. Una memoria da custodire certo, ma per sentirci spinti fuori. Il giorno in cui la casa e i discepoli furono colmi dello Spirito, la piazza divenne il luogo per raccontare le meraviglie di Dio. Non racconta le meraviglie di Dio una casa, una società, una chiesa dove manchi il respiro, il respiro di Dio.

Ebbene, vorrei aggiungere, lo Spirito non solo spinge a uscire, ma ha, come effetto insperato, sorprendente, che le donne e gli uomini della piazza si sentano ascoltati, ognuno nella propria lingua. Ogni donna e ogni uomo interpretati nel loro più profondo, nella loro lingua, nella loro irriducibile diversità. Anche questo un dono da chiedere. Troppo a lungo abbiamo imposto una sola lingua, la nostra. Quasi fosse l'unica, o l'unica degna d'ascolto. Pensate, per esempio, all'emozione nel giorno in cui, per spinta di vento, ci fu dato di celebrare l'eucaristia nella nostra lingua. Fu un giorno di vento.

Ci ritorna la domanda: abbiamo il genio, l'arte, di dare voce? O abbiamo il cattivo nefasto costume di zittire le voci? Segno di essere toccati dal vento dello Spirito è parlare nella lingua di tutti. E ognuno ha una sua lingua. Parliamo nella lingua di ognuno? Ecco, oggi vorrei brevemente sostare con voi su una lingua in cui ancora non parliamo, o a fatica parliamo, nella chiesa.

Penso alla lingua delle donne. E vorrei dare voce a una donna, al suo sguardo disincantato, al suo pensiero che chiede ascolto, un'amica, Maria Cristina Bartolomei. In un suo commento alla festa di Pentecoste, là dove sottolinea l'urgenza, per fedeltà allo Spirito, di parlare altre lingue facendoci comprendere da tutti, scrive: "Destinataria dell'annuncio è tutta l'umanità. Tuttavia vi è almeno una lingua che la Chiesa non parla correntemente né correttamente. Le donne non odono parlare "nella loro lingua" delle grandi opere di Dio.

L'annuncio le raggiunge in una lingua recante fortemente lo stigma della maschilità degli annunciatori: una maschilità non includente, che le esclude. Questo si riflette nella iconografia e nel linguaggio ecclesiastico dominanti. E' sull''intero e variegato corpo ecclesiale, che scese lo Spirito conferendo capacità e mandato di annunciare in tutte le lingue dell'umanità l'opera di Dio. L'esclusione di battezzati dalla partecipazione attiva a questa missione, in ragione del loro sesso (femminile) non sembra in armonia con questa scena di Pentecoste". Privazione dolorosa. Che chiede riconoscimento e abbattimento di pregiudizi.

Troppo a lungo abbiamo cancellato una voce insostituibile e preziosa, negando così alle donne la gioia che accadde nella piazza di Gerusalemme. Quella gioia che accade ogni volta che, per avventura di grazia, ognuno di noi si sente riconosciuto e interpretato nel più profondo cosi da provare sussulto di cuore, quasi fosse avvenuto che qualcuno parlasse la nostra stessa lingua, quella dell'anima, del cuore. Giorno di vento.

E sia vento. Su di te, su noi, sulla chiesa, sul mondo.

 

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