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TESTO Non toglieteci il cielo!

don Alberto Brignoli  

Ascensione del Signore (Anno A) (24/05/2020)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

“Quante volte ho guardato al cielo...”, cantava - negli anni della mia fanciullezza - uno dei miei cantanti preferiti. E quando lo ascoltavo, pensavo a quante volte, anche io, ho guardato e continuo a guardare al cielo; così come credo faccia ognuno di noi, ognuno con motivazioni e intensità di emozioni diverse.

Guardiamo al cielo anche solo per capire come sarà il tempo, se dobbiamo uscire di casa con l'ombrello oppure possiamo fidarci del nostro istinto che ci dice che il tempo reggerà fino al nostro rientro. Guardiamo al cielo per goderci, a volte, lo spettacolo di colori e di contrasti che esso crea, soprattutto in prossimità o poco dopo un temporale estivo. Guardiamo al cielo quando il suo colore azzurro naturale viene soppiantato dal rosso vivo di un tramonto, o quando il crepuscolo sembra rovesciargli addosso un flaconcino di tintura di iodio per poi ripetersi all'alba, specie se il cielo si carica di nubi in arrivo. Guardiamo al cielo quando passeggiamo sulla riva del mare per capire dove inizia uno e finisce l'altro; guardiamo al cielo quando raggiungiamo la vetta di una montagna e il cielo ci appare così terso e così intensamente blu da riuscire a leggere il nome della compagnia sulla livrea degli aerei, la cui scia sembra divertirsi a tracciare disegni incrociandosi con quella degli altri; guardiamo al cielo in una notte di luna piena, la quale però è talmente brava a rubarsi la scena che noi, al cielo, non guardiamo più, fino a quando si fa la luna nuova e allora il cielo diventa un gratinato di stelle, tanto più numerose quanto più usciamo dall'inquinamento luminoso dei centri abitati (sapeste quanto è bello il cielo stellato sui 4000 metri delle deserte Ande Boliviane...).

A volte, guardare al cielo incute timore: lo sa bene chi, utilizzando l'aereo, passa in mezzo a una turbolenza più o meno forte, che fa dimenticare di colpo la bellezza di viaggiare su un mare di nuvole che sembrano panna montata. E lo teme anche chi, del cielo, vive, perché sa che dal cielo dipende la vita dei suoi campi, dei suoi raccolti, delle sue viti, dei foraggi per il suo bestiame, con il quale a volte deve fuggire da un cielo pronto a far sentire la sua presenza sulla terra con un fulmine.

E poi, guardiamo al cielo anche per provare sentimenti di pace, per cercare serenità, per trovare risposte ai nostri interrogativi, a volte per gridare la nostra rabbia, più o meno ragionando, più o meno bestemmiando; oppure per ribadire una distanza tra quell'Assoluto che ci sovrasta e che sta lassù a fare i propri comodi cercando di regolare il mondo, e la legge morale racchiusa dentro di noi. Guardiamo al cielo per chiedere ai suoi abitanti, in particolare al suo Re e alla sua Regina, di non dimenticarsi di noi, di guardare giù, ogni tanto, su questa benedetta terra e sui suoi abitanti che comunque, nella vita, spesso rivolgono lo sguardo al cielo, anche solo per mandare un bacio, una preghiera o un pensiero carico di affetto ai propri cari che - almeno si spera - sono già volati in cielo e lassù ci aspettano, magari il più tardi possibile, o invece presto, se ci mancano così tanto da non poter resistere più di tanto senza di loro...

Quante volte guardiamo al cielo, per i più disparati motivi: e quasi tutti accumunati da un unico intento, quello di guardare il meno possibile in terra, perché qui, sulla terra, tutti quei sentimenti di pace, di serenità e di infinito non riusciamo proprio a scorgerli. Guardando lassù, invece, magari qualche risposta e qualche stimolo per andare avanti riusciamo ancora a trovarlo.

Forse pensavano così anche quegli Undici uomini di Galilea, intenti a fissare il cielo mentre il loro Maestro veniva elevato in alto, sottratto al loro sguardo da una nube che impediva loro di guardare in profondità, per vedere dove sarebbe andato a finire; forse per poterlo raggiungere, un giorno, o forse anche solo per sapere in che direzione rivolgergli le loro suppliche e le loro richieste. Ma, poveretti, non ne ebbero neppure il tempo. Si presentarono loro due uomini in bianche vesti, dicendo: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”. Quasi a dire: “Perché state lì a perdere il vostro tempo guardando in aria con nostalgia?”.

Cari uomini in bianche vesti, lo sappiamo noi il perché; sappiamo noi perché stiamo a guardare il cielo. E voi, non ce lo impedite, almeno oggi. Non toglieteci il cielo: perché guardare il cielo, ogni tanto, ci fa bene, ci gratifica molto di più che guardare in terra, a quella terra che comunque guardiamo e vediamo tutti i giorni, e che non sempre offre visioni così gratificanti.

Forse, se guardiamo al cielo, un po' di forza e un po' di voglia di andare avanti riusciamo ancora a ritrovarle.

 

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