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TESTO E ora tutto comincia

padre Gian Franco Scarpitta  

Ascensione del Signore (Anno A) (24/05/2020)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Il monte è sempre stato nella Bibbia il luogo nel quale l'uomo incontra Dio e riceve i suoi insegnamenti e, come nel caso di Elia, occorre salirvi per incontrare il Signore che parla. Mosè vi sale anche per ricevere le tavole della Legge, mentre il monte Oreb trema e fuma molto. Anche per Gesù la dimensione orografica è quella più privilegiata per rapportarsi al Padre; a proposito del Tabor fu quella in cui si mostrò in tutta la sua gloria e in tutta la sua magnificenza (Trasfigurazione) e sempre dalla montagna (per alcuni ai piedi di questa) Gesù proclamò le Beatitudini. Le alture sono il luogo del momentaneo distacco per il successivo ritorno fra la moltitudine; costituiscono lo spazio privilegiato per l'ascolto e per la meditazione raccolta senza interferenze e garantiscono un'intimità che difficilmente si trova in altri luoghi. E soprattutto contrassegnano la Trascendenza da cui può derivare ogni sorta di pedagogia per l'uomo, questo anche a prescindere dalla nostra religione.

Riguardo a Gesù vi è tuttavia una differenza: proprio dal monte degli Ulivi (At 1, 12) egli “sale” al Cielo perché prima era “disceso” per condividere la sua vita con noi. A differenza che in Elia e in Enoch non si può parlare dell'ascesa di Gesù se non si considera che lui era prima disceso quaggiù sulla terra, perché si tratta del Verbo di Dio che inizia la sua avventura terrena per poi concluderla. Dirà successivamente Paolo: “Che significa la parola “ascese” se non che prima era “disceso” quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.”(Ef 4, 9 - 10). Mandato dal Padre in forza dello Spirito Santo e assunta la carne da una donna sotto la Legge (Gal 4, 4 e ss), Gesù è il Verbo che era disceso, e adesso, poco fuori Gerusalemme, su un alto monte “ascende” verso il Padre, secondo i preannunci che ci venivano fatti per mezzo dell'evangelista Giovanni. Abbandona fisicamente la realtà precaria e insufficiente della nostra terra caratterizzata dal peccato e raggiunge il luogo della Perfezione e della Gloria che nulla ha a che fare con il peccato e con questo mondo. Il “cielo” non è infatti da intendere come il luogo stratosferico oltre le nubi dove siedono beati personaggi candidi e pacifici, ma piuttosto la dimensione pura del divino che non corrisponde alle limitatezze del nostro spazio e del nostro tempo. Daniele da qualche parte lascia intendere che il Cielo è Dio stesso.

Riepilogando: Gesù Cristo Verbo di Dio, che per volontà del Padre era disceso su questo luogo provvisorio e peccaminoso condividendo con esso (senza assumerle) tutte le aberrazioni e le precarietà e conducendo la nostra stessa vita quale uomo fra gli uomini, adesso ascende, cioè smette le consuetudini terrene per riacquistare la dimensione che più gli compete, quella della gloria e della perfezione assoluta. Questo è il fenomeno che noi chiamiamo Ascensione.

Saremmo tentati di pensare che con la dipartita di Gesù tutto abbia fine. E' invece tutto adesso ha inizio, perché proprio adesso comincia la storia della Chiesa, nella quale gli apostoli sono chiamati in causa direttamente nella missione di annuncio.

Gesù aveva infatti detto espressamente ai suoi discepoli che non li avrebbe lasciati orfani e che avrebbero continuato a vederlo, sia pure sotto altri aspetti. La sua assenza materiale non avrebbe determinato la sua scomparsa, ma la sua costante vicinanza in mezzo a loro e anche andando a “preparare per loro un posto” (Gv 14, 2 - 4) non li avrebbe lasciati soli, perché avrebbe preso posto in loro e perennemente in loro sarebbe rimasto. Anzi, aveva spiegato loro che era necessario che egli andasse via perché altrimenti non avrebbero potuto ricevere, da parte sua, l'ulteriore dono dello Spirito Santo che li avrebbe condotti alla conoscenza della verità e li avrebbe istruiti su cosa avrebbero dovuto fare (Gv 16, 5 - 7). Fino ad allora Gesù aveva ordinato loro di non allontanarsi da Gerusalemme fin quando non avessero ricevuto l'adempimento della promessa del Padre, beccandosi la grande delusione nel rilevare che essi non avevano capito proprio nulla di quella che era stata la sua missione. Gli avevano domandato infatti: “E' questo il tempo nel quale ricostruirai il regno d'Israele?” e con questa domanda avevano dimostrato di non aver assimilato nulla della sua parola di redenzione e di salvezza. Gesù si era limitato tuttavia a rispondere che lo Spirito Santo li avrebbe condotti a comprendere ogni cosa, assistendoli sempre, radicandoli nella verità e allo stesso tempo animandoli nello zelo dell'annuncio della sua Resurrezione da Gerusalemme fino ai confini della terra (=fino a Roma). Lo Spirito Santo stesso infatti attualizzerà la presenza innovatrice di Gesù risorto che continuerà a parlare e a operare prodigi nella persona degli Apostoli, che incentiverà in ogni luogo la comunione e la missione della Chiesa. Negli Atti degli Apostoli si legge infatti di una Chiesa dinamica e imperterrita, assista da Dio anche nelle difficoltà più esacerbanti, non preclusa alle innovazioni e alle iniziative, sospinta nell'annuncio del Cristo e operativa di miracoli a volte del tutto simili a quelli operati dal Signore prima della croce. Si accresce sempre più il numero dei battezzati secondo il monito dello stesso Gesù (nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tutte le nazioni) e si arricchisce di talenti anche con la conversione di altri uomini che, come Paolo, da persecutori diventano di essa sostenitori.

In forza dello Spirito è infatti Gesù stesso che continua ad assistere la Chiesa e solo grazie alla alla protezione divina questa Istituzione di salvezza ha potuto reggersi in piedi nei secoli nonostante le ben note parentesi di aberrazioni e di nequizie da parte di pontefici e cardinali. Nonostante le ignominie e le scelleratezze di cui la Chiesa si è macchiata nel corso dei secoli, lo Spirito le ha restituito credibilità attraverso carismi edificanti quali San Francesco di Assisi, Santa Rita e ultimamente S. Teresa di Calcutta e San Pio da Pietralcina, come pure per mezzo di condotte eroiche ed esemplari di uomini coraggiosi che perdono tuttora la vita per la causa del Vangelo e per il sostegno dei deboli e degli esclusi.

Cristo asceso al cielo non ci ha abbandonati, ma piuttosto ci sprona alla testimonianza e al coraggio dell'annuncio del vero Vangelo, non prima di averci avvinti verso di sé per mezzo del dono della fede, unico occhio con cui è possibile vedere quello che non si vede. Gesù ci invita a “cercare le cose di lassù”(Col 3, 1 - 2) mantenendo costantemente i piedi per terra pur orientando lo sguardo verso l'alto, continuando a credere e a sperare nel Signore, unico che può darci tutte le motivazioni per perseverare nel bene.

Come poi avevano promesso le due apparizioni angeliche agli apostoli che, interdetti, continuavano a fissare il cielo, il Signore Gesù, come da questo mondo si era allontanato, così vi farà ritorno in un tempo che non ci è dato conoscere, quello del Giudizio finale, nel quale converseremo faccia a faccia con lui e per il quale siamo chiamati intanto a vivere ogni giorno le ragioni della speranza. Tornerà così come era asceso, per retribuire a ciascuno il suo.

 

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