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TESTO Commento su Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

III Domenica di Quaresima (Anno A) (15/03/2020)

Vangelo: Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Le letture che la liturgia di oggi ci propone ci parlano dell'”acqua viva", che esprime la via dello Spirito che ci aiuta a crescere nella fede che non può essere intesa e vissuta come un aspetto intimo e privato ma che deve essere testimoniata agli altri. È un richiamo forte a essere missionari.
Questo Spirito ci viene presentato attraverso l'acqua che è allo stesso tempo realtà e simbolo, è un dono che Dio offre all'uomo per aiutarlo a superare i propri disagi; nella prima lettura il disagio di un popolo nel deserto, nel Vangelo quello della persona (la samaritana). Il punto fondamentale è come siamo in grado di accettare e di utilizzare questo dono.
Nella prima lettura troviamo il popolo di Israele arrabbiato contro Mosè e Jahveh perché era assetato a causa della lunga permanenza nel deserto (Mosè chiamerà quel posto Massa e Meriba - prova e denuncia) e non si fida più dell'amore del Signore, che però si dimostrerà ancora una volta misericordioso e farà dono dell'acqua. Nella bibbia la sete non è solo il bisogno fisico, ma anche la ricerca della verità, il desiderio di valori universali, l'anelito verso l'assoluto.
Anche il salmo 94, nel suo ritornello "Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore" ci invita ad ascoltare la Parola del Signore con cuore libero e sincero, evitando qualsiasi protesta e contestazione nei suoi confronti.

Nella seconda lettura san Paolo ci invita a riflettere sul tema della speranza che non delude, in quanto “l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Ma ci richiama anche a una realtà che purtroppo viviamo ancora oggi nelle nostre famiglie e comunità: “quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto”. L'annuncio cristiano non può conoscere discriminazioni, ma deve arrivare a tutti; la fede non è un fatto intimo, personale da vivere tra le mura della nostra parrocchia, di un movimento, di un gruppo, ma esige lo stesso zelo, la stessa disponibilità a vivere e morire in nome di Cristo crocefisso e risorto che ha offerto la sua vita anche per “gli empi”, cioè anche per coloro verso i quali facciamo fatica a rapportarci.

Questo atteggiamento lo troviamo nel vangelo dove Gesù stesso diventa acqua. Gesù si rivolge ad una donna nemica dicendole “Dammi da bere”. Da qui nasce un incontro. I samaritani non erano ben visti dai galilei per antiche diatribe che possono richiamare le etichette di oggi: culturali, politiche, sociali, razziali, religiose. Quando l'uomo scompare per lasciare posto alle classificazioni polemiche (in genere emotive, passionali) chi paga è sempre l'uomo e l'incontro diventa impossibile. Gesù però ci insegna come uscire da una situazione compromessa: basta non accettare il gioco e raggiungere il centro dell'uomo, i problemi veri, e lasciare intravedere possibilità nuove, che rispondono alle attese più sentite.
“Va', chiama tuo marito”. Può sembrare una strana e sgarbata irruzione nella vita privata della donna. In realtà Gesù tocca il suo problema di fondo, la sua sofferenza, la sua irrequietezza affettiva e aiuta la donna a prendere coscienza dei dati reali del suo problema, a capirsi in profondità. Questo è lo stile del Signore: per rivelarsi incomincia a rivelare l'uomo a se stesso. Io devo capire profondamente me stesso (il mio sistema di valori, il mio modo di pensare, i miei veri interessi, la mia situazione morale, le cose a cui sono attaccato) per capire le mie reazioni, le mie motivazioni più intime, questo per smascherare le mie ragioni apparenti di fronte ai fatti che toccano la mia vita personale e sociale. Se non arriviamo a questa nudità, a questa terribile trasparenza, i nostri pregiudizi, i nostri schemi, le nostre difficoltà resisteranno a qualunque confronto con l'altro e con la realtà delle cose.

La conversione è opera dello Spirito che sa quale parola tocca un cuore. Per essere missionari occorre chiedere allo Spirito, con la preghiera, la parola giusta. Nel nostro racconto di oggi è lo Spirito Santo che è in Gesù che tocca il cuore della donna e la trasforma a sua volta nella prima missionaria, diventa cioè una testimone di fede che annuncia il Messia, il tramite di nuovi incontri con Gesù e di nuove conversioni. Anche i discepoli di ritorno dall'essere andati a cercare cibo ricevono da Gesù un invito alla missione con un monito: “uno semina e l'altro miete”, ma chi semina gioisce insieme a chi miete! È questa una provocazione nei nostri confronti che, spesso, non abbiamo ancora finito di seminare e già vogliamo un abbondante raccolto, altrimenti ci scoraggiamo e abbandoniamo tutto.
Quante volte incontrando qualcuno diverso da noi, a volte anche forestiero, povero non solo materialmente magari bisognoso di un po' d'ascolto, di un sorriso, di una parola gentile, abbiamo la possibilità di far intravedere attraverso di noi il volto di Dio, però non sempre questo ci trova disponibili, sovente prevalgono le preoccupazioni della giornata che ci impediscono di ascoltare chi ha più bisogno. Purtroppo questo accade anche in famiglia, nelle nostre comunità. Gesù però, nel vangelo di oggi, ci suggerisce cosa fare quando ci troviamo in queste situazioni, basta dire: “dammi da bere”.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Sicuramente nella nostra vita abbiamo vissuto delle sconfitte, affrontato delle prove (come il popolo di Israele nel deserto): qual è stato il rapporto tra questi momenti difficili e la speranza, di cui ci parla San Paolo nella seconda lettura?
- Come traduciamo la durezza del cuore oggi? Dove la sperimentiamo e dove la vediamo?
- Di fronte ad atteggiamenti duri quali risposte dare? Pensiamo ad alcune situazioni di accoglienza di cui siamo testimoni.

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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