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TESTO In attesa del Consoltatore, consoliamo chi ne ha bisogno

padre Antonio Rungi

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (17/05/2020)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

La parola di Dio di questa sesta domenica di Pasqua ci prepara spiritualmente alla celebrazione dell'ascensione di Gesù al cielo, in quanto anticipa ciò che festeggeremo domenica 24 maggio, con l'ascesa di Gesù al cielo e successivamente con l'invio sul dello Spirito Santo sugli Apostoli.
Nel brano del Vangelo di Giovanni, Gesù lo dice chiaramente in questo dialogo tra amici che pregherà il Padre ed “egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”.
Come in tutte le circostanze importanti della sua vita e della Chiesa nascente, Gesù è stato sempre attento a non lasciare in balia di se stessi gli apostoli sconcertati per tanti fatti ed avvenimenti del loro Maestro: dalla sua morte in croce alla sua risurrezione, alle varie apparizioni nel corso dei 40 giorni, durante i quali è stato presente in mezzo a loro con il suo corpo risorto, ma con i segni della passione. Era quella la Chiesa, nata dal costato squarciato di Cristo, che iniziava il suo cammino veniva consacrata ufficialmente nel giorno della Pentecoste.
Come dire, in parole più semplici ed immediate, che Egli va via da questa terra, ma continua ad essere presente attraverso il Consolatore, lo Spirito della verità, che chi non ha fede non può conoscere; mentre gli apostoli lo conoscono.
E Gesù lo dice chiaramente questo, quando evidenzia nel brano del vangelo di oggi: “Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi”. Quindi chi conosce, chi fa esperienza di amore e vicinanza di Dio, non è mai solo, è sempre in compagnia della Santissima Trinità.
Perciò Gesù ci tiene a rassicurare gli apostoli che non li lascerà orfani, nel senso che non rimarranno soli nelle vicende di questo mondo, ma Dio opererà attraverso di loro, se saranno docili allo Spirito Santo. In Dio non c'è solitudine o separazione, in Dio c'è comunione ed unità. Il modello trinitario è applicato così al mistero della Chiesa che è cammino nella Trinità, con la Trinità e per la Trinità.
Prima, quindi, dell'ascensione Gesù indica il cammino che attende gli apostoli non più con la presenza visibile del maestro, in carne ed ossa, e nel suo corpo glorioso, ma con la presenza dello Spirito Santo che agirà e condurrà gli apostoli e la chiesa verso la comunione e l'unità. Comunione ed unità che si realizzano mediante la vita vissuta all'insegna dei comandamenti dell'amore di Dio e del prossimo. Infatti, proprio nel giorno in cui Gesù ascende al cielo, gli apostoli acquisteranno la consapevolezza di chi è davvero Cristo: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”. Dalla conoscenza alla vita applicata e vissuta nella quotidianità: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gesù con queste parole del Vangelo ci invita a fare un reale discernimento sul nostro modo di credere, amare e sperare.

Nell'imminenza dell'ascensione e della Pentecoste - come ci ricordava Papa Francesco, qualche anno fa - non possiamo non parlare del rapporto che c'è tra la speranza cristiana e lo Spirito Santo. Lo Spirito è il vento che ci spinge in avanti, che ci mantiene in cammino, ci fa sentire pellegrini e forestieri, e non ci permette di adagiarci e di diventare un popolo “sedentario”, ma popolo in cammino, come cantiamo nel canto “Il tuo popolo in cammino” che accompagna la celebrazione delle messe. Recita testualmente il brano musicale: “Il tuo popolo in cammino cerca in te la guida, sulla strada verso il regno sei sostegno col tuo corpo: resta sempre con noi, o Signore! È il tuo pane, Gesù, che ci dà forza e rende più sicuro il nostro passo, se il vigore nel cammino si svilisce, la tua mano dona lieta la speranza. È tuo il vino, Gesù, che ci disseta e sveglia in noi l'ardore di seguirti. Se la gioia cede il passo alla stanchezza, la tua voce fa rinascere freschezza”. Quale freschezza rinasce per il cristiano? E' sicuramente la speranza. E lo Spirito Santo non ci rende solo capaci di sperare, ma anche di essere seminatori di speranza, di essere anche noi - come Lui e grazie a Lui - dei “paracliti”, cioè consolatori e difensori dei fratelli, seminatori di speranza, come ci ricorda Papa Francesco.

Il cardinale John Henry Newman, oggi, santo, convertito dall'anglicanesimo al cattolicesimo dal Beato Domenico della Madre di Dio, passionista, in un suo discorso, diceva ai fedeli: «Istruiti dalla nostra stessa sofferenza, dal nostro stesso dolore, anzi, dai nostri stessi peccati, avremo la mente e il cuore esercitati ad ogni opera d'amore verso coloro che ne hanno bisogno. Saremo, a misura della nostra capacità, consolatori ad immagine del Paraclito - cioè dello Spirito Santo -, e in tutti i sensi che questa parola comporta: avvocati, assistenti, apportatori di conforto. Le nostre parole e i nostri consigli, il nostro modo di fare, la nostra voce, il nostro sguardo, saranno gentili e tranquillizzanti»
E sono soprattutto i poveri, gli esclusi, i non amati ad avere bisogno di qualcuno che si faccia per loro “paraclito”, cioè consolatore e difensore, come lo Spirito Santo fa con ognuno di noi consolatore e difensore.

Sulla discesa dello Spirito Santo fa riferimento il brano degli Atti degli Apostoli, che è la prima lettura di questa ultima domenica con messe senza la presenza del popolo di Dio, per la nota vicenda dell'epidemia da coronavirus. Leggiamo in esso, infatti, che Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. La riposta della gente è consistente ed anche interessata alla predicazione dell'Apostolo e si vedevano anche subito gli effetti spirituali di essa “Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Il successo ottenuto in Samaria obbligò gli Apostoli che operavano a Gerusalemme e che rappresentavano il coordinamento generale del tutto ad inviare altri apostoli. E furono inviati Pietro e Giovanni, che furono consacrati alla missione, con l'imposizione delle mani mediante la quale ricevettero lo Spirito Santo.
San Pietro in questo suo importante discorso di ammonimento ai suoi collaboratori, rammenta alcune importanti cose da fare e soprattutto come vivere da veri cristiani: “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”. Tale modo di rapportarsi agli altri che chiedono circa le motivazioni del nostro sperare, “sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza”, in quanto c'è il rischio che pure agendo bene, qualcuno parli male di noi. Cosa fare allora? Non rispondere con le parole, ma sia la nostra vita a parlare con la nostra testimonianza al vangelo, al punto tale che coloro che sono abituati alle critiche, alle diffamazioni, alle calunnie rimangano svergognati”. Alla base di questo nostro modo di agire da cristiani c'è una regola che non dobbiamo mai dimenticare: “è meglio soffrire operando il bene che facendo il male”. In questo ci dobbiamo ispirare al nostro Maestro e Signore, che è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. Dio è quindi operante in noi con la sua grazia e con il suo spirito consolatore. Per cui, noi dobbiamo agire da paracliti e questo lo dobbiamo fare con i più bisognosi, con i più scartati, con quelli che hanno più bisogno, con quelli che soffrono di più.

Difensori e consolatori, soprattutto dopo questa terribile epidemia che non ha seminato speranza, ma morte, distruzione e disperazione. Si tratta ora insieme di rialzarci progressivamente anche se il cammino è lungo e faticoso, come ci ricorda un altro bellissimo canto della nostra liturgia, viaggio nella vita.
Rivolgiamo a Gesù Salvatore questa mia umile preghiera a conclusione della riflessione:
Signore Gesù,
buon Samaritano
e medico delle nostre anime,
ti affidiamo le persone
colpite dall'epidemia di coronavirus:
famiglie, comunità, città e intere nazioni.
Ti chiediamo umilmente
di guidare e proteggere gli operatori sanitari,
nel loro lavoro quotidiano
a servizio dei sofferenti dell'Italia
e del mondo intero.
Ispira, Signore, i ricercatori
a trovare rimedi e assistenza sanitaria adeguata
per lenire le sofferenze dei malati di coronavirus,
senza falsificare la verità
e manipolare le conoscenze scientifiche
per scopi ignobili
e contrari alla deontologia professionale.
In questa epidemia di coronavirus
che stenta ad essere debellata,
salda la nostra fede, la nostra speranza
e quell'amore fraterno e cristiano
che è la salvezza vera dell'umanità.
Siano le tue stesse parole, o Gesù,
che Tu ci hai insegnato
per rivolgerci al cielo in modo coerente,
a chiedere a Dio, nostro Padre,
di darci il pane quotidiano,
di rimettere a noi i peccati commessi
e di liberarci da ogni tentazione
di ritenerci onnipotenti e di essere e prepotenti
a danno dei poveri e dei sofferenti di questa Terra.
Amen

 

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