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TESTO Tra cielo e terra

don Roberto Seregni  

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (03/05/2020)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Questo è uno di quei brani del Vangelo che vanno letti sottovoce, letti e riletti per gustarne tutta la bellezza e lasciarsi sorprendere dalla inattesa novità delle parole di Gesù.

Il pastore è descritto con cinque caratteristiche: entra per la porta, chiama per nome le pecore, le conduce fuori, cammina davanti a loro e dà vita in abbondanza. È bello pensare a un Dio cosí, un Dio che non si nasconde, che ci conosce uno a uno, che ci vuole liberi e veri, che ci accompagna e cammina con noi per regalarci bellezza e felicità.

Mentre le pecore sono descritte con tre caratteristiche: riconoscono e ascoltano la voce del pastore e lo seguono. È una definizione molto bella di come dovrebbe essere un discepolo. Gesù ci vuole cosí: allenati a riconoscere la sua Parola tra le mille assordanti grida che ci stordiscono e pronti seguire i suoi passi. Ovunque.

E poi c'è il ladro che ruba, immola e distrugge. Il nemico è sempre all'opera: ruba la parola seminata nei nostri cuori, immola e distrugge con la forza tremenda della paura e la tentazione viscida dell'orgoglio.

In pochi versetti troviamo una sintesi bellissima dell'esperienza cristiana, ma l'immagine che sta al centro del nostro brano è quella della porta.

Le pecore stanno nel recinto di notte, ma quando sorge il sole devono uscire. Gesù ha detto “Io sono la luce del mondo” (Gv 8, 12), lui è il sole che brilla nell'oscurità della notte. Lui è la porta attraverso la quale possiamo uscire dalle tenebre della schiavitú verso la luce della vita. Lui è la porta tra cielo e terra, la porta innalzata sul calvario con il legno della croce, la porta per uscire dalla schiavitú e scappare dalla prigionia dei falsi pastori, la porta sempre aperta della misericordia, del perdono, dell'amore.

No, non bussare.
Quella porta è sempre aperta.
Lui ti sta aspettando.


Un abbraccio
don Roberto

 

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