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TESTO Meglio essere creditori o debitori?

don Luciano Sanvito

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (11/09/2005)

Vangelo: Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,21-35

In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

per il rito ambrosiano

Dalla parabola evangelica cogliamo tre spunti di vita:

1) SIAMO TUTTI "DEBITORI"

Se osserviamo bene, fin dall'inizio della nostra vita, ogni manifestazione importante ci fa riflettere al fatto che siamo debitori a qualcun altro, a qualche situazione: siamo nati non per decisione nostra, ma siamo debitori ai nostri genitori; siamo anche debitori nella nostra conoscenza, della tradizione prima di noi e della saggezza umana creatasi nei secoli; e nel quotidiano, dovremmo recuperare l'incontro con le persone e gli avvenimenti come doni che ci vengono dati dalla vita.

La coscienza di essere dei "dipendenti da...", dei "servi" appunto di un padrone che non gestiamo noi, ma a cui dobbiamo render conto, non ci deve affatto avvilire, anzi, ci è di stimolo nella ricerca della nostra situazione vera, che è limitata e non assoluta, e del costruire un rapporto giusto con le cose e con le persone, ed è la base della vera umiltà che ci apre al dialogo, all'accoglienza, alla compassione, e al perdono. Altrimenti, come spesso purtroppo avviene oggi, viviamo ingiustamente da padroni verso le cose e anche sulle persone.

2) DEBOLI CON I FORTI, FORTI CON I DEBOLI

Senza questa coscienza di essere dei "debitori", ecco la grande tentazione che ci è ben rappresentata dalla parabola: siamo deboli quando gli altri sono più grandi, più forti o rappresentano qualcosa di grande, e facciamo i forti verso chi riusciamo a sottomettere o si trova in situazione di debolezza o di inferiorità nei nostri confronti.

E' la tentazione offerta dal mondo, dall'io lasciato a se stesso, è la legge che porta al caos dell'umanità.

E' la legge del più forte, dell'istinto e non più della ragione.

L'immagine del padrone nella parabola ci suggerisce invece l'atteggiamento ideale da perseguire: essere forti con chi vuol fare il forte, farsi deboli con chi si trova nella debolezza.

Questo nuovo atteggiamento, dettato dal rapporto di autenticità, dal pensiero, dalla ragione e dall'anima, accresce il profitto dell'amore gratuito, perché, come ci dice la parabola, cancella il debito dell'umanità in difficoltà, nella sofferenza, nella inadeguatezza, nella incapacità altrimenti a procedere.

3) LA RIVOLUZIONE DELLA GRATUITA'

La parabola non è solo realistica descrizione, ma proposta decisiva e rivoluzionante per l'uomo.

In essa infatti troviamo la chiave, il codice di accesso al mondo della potenza dell'amore: il perdono.

Il perdono infatti è chiave che chiude a chi non lo da, e apre a chi lo da. Chiude o apre all'amore, alla vita, alla possibilità di continuare a vivere.

E non è, il perdono, un semplice dimenticare: è un dare di cuore, un entrare nel cuore e decidere, è, insomma un taglio sul vivo, che medica la ferita dell'impossibilità a perdonare, e fa essere uno che dona il perdono, innestando una reazione positiva a catena, contagiante nel bene, una rivoluzione positiva del pensiero umano e dell'atteggiamento dell'uomo, che sconvolgendo il proprio sè che si credeva il tutto, si apre al vero tutto, a quel "padrone" misterioso che non opprime ma fa vivere colui che accoglie e trasmette la realtà dell'amore.

E' una rivoluzione gratuita perché non più soggetta alla legge del restituire e del prestare, dell'interesse o della utilità, ma supera ogni interesse, ogni ricatto e ogni dare per avere, per vivere soltanto della realtà gratuita dell'amore, cioè in quella gioia che la parabola ci sta oggi indicando.

 

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