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TESTO Nel silenzio, un grido: "E' risorto!"

don Luca Garbinetto  

Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno A) (12/04/2020)

Vangelo: Mt 28,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,1-10

1Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».

8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

“Un abisso chiama l'abisso” (Sal 42,8), in questo silenzio cosmico del sabato santo. Un abisso di passione e di desiderio invoca l'abisso di risposte e di riposo. L'abisso dell'uomo, lacerato dal peccato, sprofondato nel buio della morte, grida nel silenzio all'abisso d'amore eterno che solo da Dio può venire. E in questo maestoso silenzio, avviene l'incontro. Dio è sceso agli inferi, ha camminato fino in fondo al baratro del nostro cuore, visita l'oscurità del nostro dolore. E ogni passo del Signore fatto uomo fino alla fine trasforma l'oscurità in luce, tinge di oro sopraffino le ferite e le smagliature dell'esistenza. L'anima impaurita si sente rinascere, accarezzata dalla vigorosa delicatezza di un amore onnipotente perché reso inerme dall'abbandono sulla croce. Dio è morto, e per questo è calato l'indicibile silenzio, che tuttavia è silenzio di attesa gravida e non di cimitero. Dio riposa,”il Re dorme”, cantano i Padri e noi con loro, nell'intimità della contemplazione. Questo immenso silenzio che non ci avvolge soltanto, come obbligo di regole esteriori da rispettare, ma ci penetra dentro e ci scava l'anima, per mettere finalmente a tacere i nostri litigi interiori, la nostra frenetica ossessione di restare comunque padroni della nostra vita. In questo silenzio, il terrore di essere prigionieri perché altri decidono per noi diviene inno di liberazione e di pace: nessuno può intaccare la nostra personalissima relazione con il Signore.

Egli, sposo innamorato, ci cerca. Egli, instancabile esploratore di sentieri d'accesso alla nostra verità, non è fuggito, non si è nascosto lontano da noi. Piuttosto, sta percorrendo le vie interiori, e nel silenzio ci commuove la brezza leggera con cui sussurra al nostro cuore l'unica certezza: ‘Ti amo, ti amo fino alla fine. Non solo nei gesti, non solo nelle parole, ma nella comunione tutta, nel penetrare carne e spirito nella tua umanità, nell'infondere il mio Spirito di vita fino agli angoli più bui della tua storia e del tuo presente. Ti amo di amore eterno!'.

O Signore, compimento della Promessa, culmine e fonte della storia della salvezza!

Scendono lacrime e attendiamo commossi. In questo silenzio che ci purifica e ci trasforma tutti in vergini spose vigilanti, con la lampada accesa, perché tu uscirai dal talamo a riprenderci per mano e a portarci nella stanza segreta soli con te. In questo silenzio, che ci fa compagni di trepidazioni e disposti alla resa vertiginosa che ci insegna la nostra dolce Madre del sabato santo. In questo silenzio, che ci unifica attorno a ciò che conta della nostra fede, che è l'adesione nuda e spoglia alla tua presenza di servo sofferente e risorto. In questo silenzio tutta la strada percorsa dall'umanità e dal creato viene raccolta, e la sentiamo esplodere di luminosa chiarezza dentro di noi, che ne siamo parte, mai più orfani ma figli e fratelli in una storia che ci fa popolo.

Vi è il silenzio da cui scaturisce la Parola della creazione, a mettere ordine al caos e a ritmare suoni e musica (1° lettura, Gen 1,1-2,2). Vi è il silenzio di Abramo, che si vede restituire il figlio non suo, consegnato nell'offerta perché si compia la Promessa (2° lettura - Gen 22,1-18). Vi è il silenzio della notte del Mar Rosso, dopo il grido accorato di Mosè e del popolo, colmi di stupore per l'opera meravigliosa del Dio di ogni libertà (3° lettura - Es14,15-15,18). Irrompe così il canto di gioia, l'inno all'opera del Signore, che diviene delicata premura di Sposo anche quando si insinua il triste silenzio del tradimento del popolo (4° lettura - Is 54,5-14). E continua a rinnovare l'alleanza che salva con la Parola di vita che ricrea nel silenzio del giusto e nel tremore del povero, mai abbandonato dal Santo di Israele (5° lettura - Is 55,1-11). In questo silenzio cerchiamo, con i nostri fratelli che ci hanno preceduto, la sapienza che dà senso all'esistenza nostra, anche in questo tempo di prova (Ba 3,9-4,4). Ed è il silenzio personalissimo dell'intimità con il Signore, che scrive nel cuore di ciascuno la nuova Legge dello Spirito (7° lettura, Ez 36,16-28), a preparare la tappa definitiva della Salvezza, quando l'ottavo giorno traboccante di novità ed esuberante nell'amore sconvolge il decorso delle cose e irrompe per sempre nella nostra storia.

È il Risorto! All'alba dell'ottavo giorno, dentro il caos di cuori tristi, dentro la fiducia consegnata timidamente alle prime luci del giorno, dentro la fedeltà di donne e spose, maestre di silenziosa attesa anche per una Chiesa a volte irrigidita dai propri fallimenti. È il Risorto, manifestato con i segni primordiali di chi domina sui cieli e sulla terra, ma che per regnare nei cuori chiede umilmente permesso! È il Risorto, risposta e trascendenza dei nostri silenzi, riposo e partenza per nuovi cammini di grazia, ospite dolce dell'abisso dell'anima e viandante nei confini dispersi di altri cuori feriti.

Egli si mostra, e parte. Ci attende in Galilea: è la vita quotidiana, è la storia di ieri, vissuta però oggi con un cuore diverso. Paradosso dell'amore, la capacità di stare, come Maria, dentro le vicende feriali, dentro le dimore di famiglie e di cuori, trasformando ciò che è normale in una manifestazione cosmica di salvezza. Dio rimane qui per sempre. E fa dell'abisso della nostra ordinarietà lo scrigno inesauribile del tesoro dell'amore. Il Risorto non giace più in un sepolcro, e non ci tornerà, se non per riprendere per mano il nostro dolore e restituirgli senso e valore. È lo straordinario abisso di bellezza della nostra vita di Galilea il luogo dove il silenzio della morte è vinto per sempre dalla Parola dolcissima e vigorosa del Signore: “Cristo, risorto dai morti, non muore più [...]; così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi in Dio, in Cristo Gesù” (Rom 6,9.11).

 

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