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TESTO Il trionfo dell'amore e della vita

padre Gian Franco Scarpitta  

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Venerdì Santo (Passione del Signore) (10/04/2020)

Vangelo: Gv 18,1-19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Per chi osservava l'esecuzione di una sentenza capitale di crocifissione era certamente preferibile veder morire i subito il condannato piuttosto che assistere alle torture che questi era costretto a subire appeso su un patibolo nel quale l'agonia era lenta, il dolore agli arti trafitti dai chiodi era lancinante e occorreva far leva sulle gambe per respirare. Alla croce oggi si preferirebbe la fucilazione o la camera a gas, non per niente Cicerone considerava la crocifissione “la tortura più crudele e più tetra”.

Chi vediamo condannato adesso a questa morte truculenta? Chi sta soffrendo il patibolo infame della tortura e lo strazio del dolore, unito agli insulti, alle esecrazioni e alle canzonature degli astanti? Come accennerà poi Pietro, non è un assassino colui che soffre, ma l'autore della vita (At 3, 15), il Creatore del mondo, vittima in fin dei conti dell'ignoranza e dell'ostinazione degli uomini a non volersi aprire a una categoria di verità differente da quella a cui erano abituati. A morire sulla croce è il Santo, il Giusto (At 3, 14) che viene dato in pasto al dolore e alla morte in cambio di un malfattore, il Signore della gloria (1Cor 2, 8) che aveva dato la vita in abbondanza attraverso eloquenti opere di misericordia, soprattutto con la resurrezione del figlio unico della madre vedova e dell'amico Lazzaro. Era stato apportatore di vita e di speranza per mezzo delle stesse opere unite a parole e insegnamenti, di cui avevano beneficiato anche coloro che ora vogliono la sua tortura e la sua morte; tutto ciò che aveva detto e fatto aveva detto ogni cosa di lui, aveva dello straordinario e non era paragonabile alla sapienza o all'intelligenza comuni. Come poi dirà Paolo, si tratta piuttosto di una sapienza che non è di questo mondo e che a conoscerla si dovrebbe fare ben altro che crocifiggere il Signore della gloria (1Cor 2, 8).

L'insensibilità, la presunzione, l'orgoglio farisaico alimentato dal fanatismo e dall'ignoranza, la durezza di cuore sono state la causa della disconoscenza di questa sapienza e della condanna a morte del Figlio di Dio, che, autore di ogni benedizione, diventa egli stesso maledizione, poiché sta scritto “Maledetto chi pende dal legno”(Gal 3, 13). A condannarlo è stata anche l'arbitrarietà di una giustizia terrena del tutto tendenziosa e approssimativa, vista la natura non regolare del procedimento nei confronti di Gesù, cosi come lo riportano i vangeli e sul quale storici ed esegeti hanno più volte dibattuto. La cattura di un reo passabile di condanna, infatti, non andava eseguita di notte e neppure nottetempo potevano avvenire i processi capitali. Gesù viene invece arrestato in orari non consoni e di notte viene condotto nell'abitazione privata di Anna per un processo informale a porte chiuse, privo di fondamento anche perché svolto in un'abitazione privata e non nella “sala delle pietre squadrate” del tempio di Gerusalemme. Anche se Matteo cita che il sinedrio processa Gesù appena fattosi giorno, si tratta semplicemente dell'avallo del processo abusivo avvenuto durante la notte (Ravasi). Nel sistema giuridico ebraico andavano messi al vaglio tutti i testimoni e confrontate le loro escussioni, e invece falsi testimoni compaiono nel sinedrio senza che vengano prese in esame le loro affermazioni sulla presunta cospirazione contro il tempio. Cosa dicono contro Gesù? “Lo abbiamo sentito dire che può distruggere il tempio e ricostruirlo dopo tre giorni”; ma è chiaro a tutti che una simile espressione, per di più in assenza di rilevanze oggettive, non basta a condannare una persona. Ogni imputato non poteva essere processato senza il suo difensore legale, ma Gesù resta solo e impassibile senza ausilio da parte di nessuno. Le testimonianze “per sentito dire” non erano poi giudicate normalmente attendibili. Pilato, come egli stesso afferma, non aveva alcun capo di accusa per condurre Gesù alla morte poiché secondo la legge dell'impero solo gli assassini, i comprovati cospiratori e i rivoltosi meritavano la pena capitale e liberare Barabba al posto di Gesù era come lasciar circolare ai nostri giorni un pericoloso boss di Cosa Nostra. Non reggeva l'accusa di essersi fatto Dio o re dei Giudei come motivo di condanna a morte, neppure nello stesso ambito giudaico. Tantomeno poteva essergli imputata la lesa maestà contro Cesare.

Perché Gesù allora non rivendica i suoi diritti o almeno non protesta per ottenere valide disposizioni processuali? Perché resta in silenzio davanti alle accuse quando potrebbe reagire con rimostranze legittime e fondate? Semplicemente perché è proprio lui che si offre deliberatamente alla morte di croce, ben sapendo che non può prescindere da questa tappa dolorosa se si vuole portare a termine il progetto d'amore del Padre a beneficio di tutti gli uomini. Come aveva predetto più di una volta, sa benissimo che è necessario che lui consumi questo “calice” velenoso di sofferenza e che l'unico segno della sua vera onnipotenza altro non dev'essere che il “segno di Giona”(Mt 12, 38 - 41), cioè la sua permanenza di tre giorni nel sepolcro per poi uscirne vittorioso. Per Gesù quella quindi non è una condanna, ma una libera autoconsegna che lui fa senza riserve e senza opposizioni, quale Agnello innocente condotto al macello di cui Isaia 52 - 53. Al momento dell'arresto Gesù osserva che “Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre”(Lc 22, 53). Poco importa quindi se lui sia colpevole o innocente in sede processuale; la sua cattura non è stata dovuta alla competenza delle guardie o alla presunta astuzia del traditore Giuda e la sua mancata autodifesa non è dipesa dall'impotenza o dall'eccessiva timidezza nel controbattere le accuse. Gesù deve solamente realizzare il piano di amore impostato dal Padre, quello per il quale il suo sangue deve pagare sulla croce il nostro riscatto. Subisce pertanto il processo che noi dovremmo subire a motivo dei nostri peccati prendendo su di sé nelle frustate e nelle percosse tutta l'ignominia che meriteremmo noi. Sulla croce espierà poi i nostri peccati, riconciliandoci con il Padre e avvicinando la terra al cielo.

Dice il libro dell'Imitazione di Cristo che se vi fosse stato un sistema più adeguato per recuperarci alla salvezza Dio lo avrebbe certamente messo in atto, ma cos'altro potrebbe essere più caratterizzante e risolutivo se non il fatto che Dio stesso, nel suo Figlio Gesù Cristo, soffra il più atroce degli espedienti di condanna che l'umanità possa conoscere? Dio che è Amore rivela tutta la sua essenza semplicemente amando l'uomo fino all'inverosimile sulla croce, massima espressione dell'amore come dono sacrificato senza riserve.

Adesso vediamo Gesù spirare sulla croce e si ha l'impressione del vuoto e dell'oscurità. Sembra che le tenebre, che già hanno preso il sopravvento al momento della cattura e del processo, debbano ora prevaricare definitivamente in una apparente sconfitta di Gesù che lascia solamente il vuoto o l'insensatezza e la paradossalità del nulla. In realtà, rubando una frase a Bonhoeffer ucciso in un lager nazista: “E' la fine, per me è l'inizio della vita”. Nella morte di Cristo sebbene in silenzio trionfano l'amore che vince la morte e con esso il prolungarsi stesso della vita che diventa immortalità.

Ci dice la Scrittura e la Tradizione che appena spirato Cristo non ha subito passivamente ma è andato ad annunciare la Buona Novella alle anime dei trapassati (1Pt 4, 6; 3, 18 - 22), soggiornando con coloro che erano perduti in eterno affinché ricevessero un giudizio di vita. La vita piena della novità importante di liberazione che scaturisce dalla croce.

 

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