TESTO Luce dei miei occhi
don Angelo Casati Sulla soglia
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IV domenica di Quaresima (Anno A) (22/03/2020)
Vangelo: Gv 9,1-38b
1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Ancora una volta - e voi mi perdonerete, sono vecchio, e mi ripeto come i vecchi - leggo il vangelo, questo del cieco dalla nascita, e nel racconto mi incantano l'aria aperta, le strade, il fango, la piscina e mi deprime l'aria chiusa del tempio. E allora, pensando che sono giorni in cui non abbiamo proprio bisogno di ulteriori depressioni, se mai invece di illuminare visi, io sosterò molto più su strade e piscina, limitandomi a incursioni fuggevoli nel tempio.
E raccolgo un'immagine, non solo dal vangelo ma anche dalle altre letture, l'immagine della luce. Di luce parla il libro dell'Esoso. Direi, parla di una sovrabbondanza di luce, di una dismisura, quasi un troppo di luce, tanto se n'era imbevuta la pelle di Mosè sul monte. E' scritto che mentre egli scendeva dal monte, non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Dio. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui". Di assenza di luce, di deserto di luce, parla il vangelo raccontando degli occhi del cieco nato, un pozzo buio, al punto che il suo era un mendicare denaro e più non lo sfiorava il pensiero che potesse mendicare luce.
E poi occhi lavati, occhi illuminati. Ve li immaginate i suoi occhi? Forse vi pare di vederlo. Io restringo l'orizzonte e lascio a voi di leggere la bellezza di questo brano attraversandolo lentamente e sostando ai molti significati che aprono suggestioni a non finire, disseppellendo tesori nascosti tra riga e riga. Voi potete. Vorrei limitare il mio commento a una legatura che potrei chiamare: la luce e il parlarsi. Una legatura che era stata anticipata dal racconto del monte Sinai, dove, come ricordavamo, si dice che la pelle di Mosè "era diventata raggiante". Ma perché? "Perché" - è scritto - "aveva conversato con Dio".
"Conversato" - voi mi capite - non parole solo in un senso, da un parte, ma da tutte e due gli interlocutori. E dunque - lasciatemi dire - faceva piacere anche a Dio, come succede tra amici. Non per nulla nella Scrittura sacra è detto che Mosè era amico di Dio. Ecco la legatura: "conversare" ti illumina, "parlare con" ti illumina. Non tutte le parole ti illuminano gli occhi, perché non tutte e non sempre sono un conversare, un "parlare con", a volte sono monodirezionali, non hanno a cuore l'altro, neppure lo vedono, tanto meno ne provano commozione.
Succede all'inizio del racconto: ricordate le parole dei discepoli, fredde, distaccate, non sono un conversare, ma un discettare distaccato e visi pallidi. Visi pallidi i loro, che ancora legano le tragedie alla punizione di Dio: "Chi ha peccato perché nascesse cieco?". Succede anche oggi che gente, che si crede illuminata, legga il coronavirus come una punizione di Dio per i peccati dell'umanità. Abbandonateli, abbandonate simili discorsi, sono bestemmie, abbandonateli contrastandoli, come li abbandonò Gesù rivendicando per Dio, suo Padre, opere di vita e non di morte, un Dio che apre gli occhi dei ciechi. Visi pallidi i discepoli.
Visi pallidi, anzi bui, senza luce quelli degli inquisitori che il cieco trovò nel tempio: quello non fu un conversare, un parlarsi. Apparentemente un dialogo ed era un monologo. E non gliene importava niente, niente di niente, che dalla nascita lui avesse portato la tragedia di occhi che non vedono ed ora la grazia insperata di vedere. Nessun credito a un uomo che racconta la sua storia. Loro hanno i loro principi. Né può avere un qualche valore o significato la storia di un altro. Loro sdottrinano dall'alto. Non è un parlarsi. Sono i veri ciechi.
Il nostro brano liturgico purtroppo è stato amputato dei versetti finali, in cui è detto che quel gruppo di farisei, risentiti per le parole di Gesù, gli dissero: "Siamo forse ciechi anche noi?". Gesù rispose loro: "Se foste ciechi non avreste alcun peccato, ma siccome dite: 'Noi vediamo', il vostro peccato rimane". La presunzione acceca, la confessione della propria cecità porta alla luce. Ritorno al "parlare con". Che illumina.
Mi ha molto colpito una affascinante corrispondenza. Ricordate la samaritana al pozzo che dice a Gesù: "Quando verrà il Messia ci annuncerà ogni cosa"? Le dice Gesù: "Sono io, che parlo con te". Ed oggi nel nostro brano - intrigante corrispondenza - Gesù al cieco illuminato chiede se crede nel Figlio dell'Uomo. Gli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". E' colui che parla con te.
Ultima illuminazione: "parla con te". Ultima perché mi vien fatto di pensare che Gesù al cieco si sia illuminato a poco a poco: all'inizio illuminato da chiarore, quando lo sentì buttare all'aria l'immagine di un Dio che punisce i peccati mandando tragedie all'umanità, ma poi quando sentì sulla pelle le sue mani che spalmavano di fango i suoi occhi, era come se la tenerezza di quel rabbi, la raccontassero le mani, poteva dare fiducia a quelle parole "va' e lavati". Ho pensato che c'è anche un parlarsi con il corpo.
Nel libro del profeta Osea ho trovato scritto: "Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore". O meglio "sul suo cuore" (Os 2,16). Parlare sul cuore dell'altro, parlarsi con il corpo, il contrario di un parlare spento, vuoto di cuore. Meno parole e più cuore. Non so se capita anche a voi di faticare a reggere il fiume di parole che ci investono in questi giorni, parole che non ci parlano. Parole ad occhi asciutti. Fuggite dalle parole quando gli occhi sono asciutti. Ci parlano di più alcune immagini dove tocchi la carne.
Sono certo che vi hanno parlato e non finiranno di parlarci, tra le tante, due immagini di questi giorni. La prima, che ci ha straziato e ci strazia il cuore: quel corteo delle bare sul camion dei militari. Il silenzio, il solo rumore dei camion. Verso dove? L'immensa pietà. Seconda, l'immagine di un papa che se ne va solo per una strada di Roma, una veste bianca che si allontana e tu non riesci ad allontanarla dai tuoi occhi. E' di spalle, ma gli indovini gli occhi. Lui ci parla, noi gli parliamo.
"Sono io che parlo con te!". Gesù parla con noi.