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TESTO Acqua zampillante per la vita feriale

don Luca Garbinetto  

III Domenica di Quaresima (Anno A) (15/03/2020)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

L'incontro di Gesù con la donna samaritana al pozzo di Sicar è, innanzitutto, un inno alla quotidianità. Che è fatta di abitudini e di semplici bisogni da soddisfare, come la necessità di attingere acqua per bere. Ma è fatta anche di sorprese e scelte inedite, come quella di uscire all'ora più calda, forse per evadere dagli sguardi curiosi e giudicanti dei compaesani. La vita di ogni giorno è feriale, per gli affetti e i doveri di una famiglia da mantenere e curare, ma è segnata anche dalle ferite di storie incompiute, fallimenti e delusioni nei rapporti più cari, come per questa donna, che ha conosciuto cinque mariti. La vita ordinaria è quella che stiamo sperimentando, un po' forzatamente, in questi giorni di prova, che in fondo comportano l'opportunità di stare a contatto con noi stessi e con i nostri cari più vicini in maniera inattesa e quasi totalizzante. Questa vita è visitata da Gesù, che bussa alla porta del cuore di una donna straniera, una di quelle che - chissà - avremmo anche noi considerato inadeguata per essere visitata da Dio.

È invece lui che prende l'iniziativa. Come con Levi, con Zaccheo, con la vedova di Nain: Gesù bussa alla porta di esistenze smarrite, ferite, lacerate. Non disdegna nulla dell'uomo e della donna, pur di chiedere il permesso di accedere alla profondità di ciascuno di noi. La fragilità non è automaticamente spazio di salvezza. Il peccato a volte incide dentro gli animi profondi solchi di paura e di disperazione. A volte la debolezza diviene anche motivo per rinchiudersi in un vittimismo distruttivo, per sé e per gli altri, oppure spinge a nascondersi e a negare il proprio anelito di liberazione. Potremmo rischiare di vivere così anche la nostra opportunità di stare in casa per costruire famigliarità e curare i nostri affetti più cari. Potremmo rifugiarci in rimpianti e polemiche, senza cogliere l'attimo per accogliere la visita del Maestro. Egli bussa anche al nostro cuore, perché sa che la vulnerabilità della nostra condizione umana è spiraglio, o meglio scrigno che nasconde un indicibile tesoro: noi siamo fatti per l'infinito, noi abbiamo sete di infinito!

Ecco quello che accade. Gesù accompagna la donna samaritana in un progressivo, delicato e coraggioso viaggio dentro se stessa. Lo fa partendo dallo svelamento della propria condizione di debolezza, poiché Dio ha voluto che il Figlio si facesse carne proprio per condividere e mostrarci la via. “Dammi da bere” è l'anticipo della croce, dove risuona ancora struggente l'invocazione del Signore: “Ho sete!” (Gv 19,28). In Lui anche i bisogni più naturali si trasformano in opportunità di apertura all'altro, di incontro, di presenza: è a partire dalla propria limitatezza che si socchiude la possibilità di entrare in relazione con l'altra, senza che ella si senta aggredita, giudicata, o scartata. Anzi, Gesù chiede aiuto, come tante altre volte ha fatto, e come farà fino alla fine. È un Dio debole, per poter essere se stesso: umile. L'onnipotenza dell'amore è reale soltanto nella dinamica spiazzante di un rapporto, altrimenti sarebbe imposizione narcisistica e autoreferenziale. Dio - sì, proprio Dio - ha bisogno dell'uomo perché ha scelto liberamente di amare l'uomo!

L'avvio di questo dialogo è dunque già uno sconvolgimento. Il “santo viaggio” dell'interiorità si compie, nella donna, con la normale fatica e le resistenze che ci attanagliano tutti. Sembra a tratti che il nostro discorrere - come il suo, e come quello dei discepoli, preoccupati di primeggiare piuttosto che di affidarsi all'amore (cfr. Mc 9,33-34) - sia lontano anni luce dal discorrere di Gesù. Il quale, però, ha la perseveranza dei raggi di sole, che scaldano anche quando ci si vuole sottrarre al calore. E così la pazienza e la dolcezza del Maestro approfondisce e scava, piano piano, fino a toccare la dimensione ‘religiosa' della donna, che è quella più profonda, quella che fa verità di lei, quella che veramente traspare nel modo in cui si vive la vita di ogni giorno. Dopo aver svelato la novità sconvolgente di un'acqua che disseta per sempre, ben diversa dall'acqua che può riempire una brocca di coccio, Gesù tocca con rispetto, ma nella verità, i cocci della storia personale di lei. E lo fa per darle l'occasione di ripartire, di ricostruire una nuova esistenza, in cui la scelta radicale è quella di optare per la sorgente zampillante di salvezza.

Gesù rivela il volto di un Dio che è Padre, Padre per tutti. Gesù scardina definitivamente ogni idea che deforma la verità di Dio, e lo consegna per quello che Egli veramente è: Amore incondizionato, unica fonte di pienezza che risponde in maniera traboccante al nostro desiderio di eternità. Scopre così, la donna e noi con lei, che i propri passi sbagliati, le proprie scelte inopportune, ma anche le ferite subite e il dolore rimasto, sono espressione di una identità tanto intima e tanto sfuggente, che è la verità di se stessa. In lei come in noi abita un anelito di vita eterna, espresso anche negli scivolamenti della propria esistenza, oltre che nelle preziose opere di bene di cui siamo capaci ogni giorno. Ma ecco la bellezza, che fa della donna una nuova apostola, precursore della Maddalena: proprio dove il nostro agire risulta un fallimento, proprio quando la vita feriale si è impregnata della sofferenza dei propri errori, proprio a chi il tempo ha lasciato tracce di dolorose schegge di egoismo, l'irruzione dolcissima dello Sposo restituisce dignità, speranza e diritto di esistere senza più vergogna.

Avviene così il mistero dell'Amore, che, quasi alludendo all'unione di due sposi, si unisce ma non trattiene, si consegna e lascia andare, si espropria e abilita a divenire, a nostra volta, sorgenti d'acqua zampillante. Non più per riempire brocche, ma cuori e vita feriale. Dai cocci raccolti e lavati nell'Acqua viva sgorga, piccola donna di Samaria, la fonte inebriante della vita abbondante per tutti!

 

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