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TESTO Con la meraviglia e l'incanto negli occhi

don Angelo Casati  

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V domenica dopo Epifania (anno A) (09/02/2020)

Vangelo: Gv 4,46-54 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 4,46-54

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. 47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. 48Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. 51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». 52Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». 53Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. 54Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Non era certo dietro l'angolo la cittadina di Cana di Galilea. Circa trenta chilometri separavano Cana di Galilea, dove era arrivato Gesù, da Cafarnao, in riva al lago di Tiberiade, dove soggiornava il funzionario regio di cui parla oggi i il vangelo di Giovanni. Di mezzo un cammino. Mi ha colpito il collegamento: Gesù è ritornato a Cana di Galilea, e da Cafarnao sale a Cana un funzionario del re, con un'angoscia devastante in cuore per quel figlio - non poteva toglierselo dagli occhi - che stava per morire.

Siamo a Cana di Galilea: Gesù vi ritorna. Lì aveva salvato una festa di nozze con quella dismisura incredibile di vino. Nel frattempo, in viaggio tra Galilea e Giudea e poi ancora Galilea, erano avvenuti incontri, due particolarmente importanti. Incontri in cui di mezzo non ci sono più cose - il vino - di mezzo ci sono persone, e lo stare di Gesù a tu per tu con persone, in incontri che rimarranno incancellabili. Uno accadde nella notte, aveva bussato un capo dei farisei, Nicodemo e avevano finito parlando dello Spirito che ti fa rinascere e sei come nel vento: un incontro con un uomo della più pura tradizione ebraica. Poi Gesù deviò verso la Samaria, e in pieno giorno, presso un pozzo, incontrò una donna in sete di acqua, e di amore vero: divenne pozzo per lei con il suo sguardo e le sue parola, era come se avesse visto sussultare il deserto: un incontro questa volta con una tradizione religiosa spuria, non ossequiente ai canoni tradizionali.

Ora è a Cana, e l'incontro è con un pagano: a cercarlo è un funzionario regio. E noi con gli occhi su Gesù. Che cosa accadrà,? Di fronte ha un pagano. Uno che di strada ne aveva fatta per arrivare fin lì. In cammino. Non so se ha colpito anche voi, nel racconto, quella strada: Cafarnao, Cana e ritorno. E quante le cose che accadono per strada. Tutto il brano è racchiuso in una strada, in cammini, sulla strada accadono incontri, incontri che ti cambiano la vita. Importante è, nel racconto, sostare sugli incontri.

Dico questo perché potrebbe accadere anche a noi di lasciarci catturare totalmente con il pensiero dalla meraviglia della guarigione, per lo più operata a distanza da Gesù: da lontano fa passare il figlio del funzionario dalle ombre incombenti della morte alla vita. Ma fermarci a questo sarebbe riduttivo. La domanda va più a fondo, a chiedersi quali passaggi, che sorta di cammini erano avvenuti dentro i protagonisti del racconto. Perché quando un incontro è vero ti cambia dentro. La bellezza e l'urgenza di cambiare dentro. Vedete, anche a noi spesso capita di sperare in un cambiamento. Ma il pensiero che mi attraversa è che, se non si cambia dentro, tutto finisce per rimanere come prima.

Cambiamenti declamati, urlati, perché tutto rimanga come prima. Pensate invece al cambiamento del funzionario: era venuto a Cana che era uno e ritornava a Cafarnao che era un altro. Un cammino dentro, che, in un certo senso, era iniziato quando a casa sua decise di salire a Cana di Galilea. Dopo tutto non aveva forse superato un possibile pregiudizio nei confronti del Rabbi di Nazaret? Non apparteneva forse a una tradizione religiosa decisamente lontana dal suo modo di vedere e di pensare? Dopo tutto lui era un pagano! Esce dalla sua cittadina e sale a Cana. Pensate quante volte noi per un pregiudizio non usciamo, non saliamo, non diamo fiducia, non andiamo ad incontrare.

Ma che cosa aveva intuito del Rabbi di Nazaret? Che cosa gli avrebbe chiesto? Gli chiese "di scendere a guarire il suo figlio". Mi colpisce il verbo "scendere" che ritorna più volte nel brano. Anche perché, in effetti, Gesù non scese. E allora perdonate se ho pensato che c'è un modo più interiore di scendere. E accade quando tu scendi nel problemi dell'altro, non sei uno che sta in alto. Scendi come il samaritano da cavallo. Ti fa scendere la commozione. Che ti fa sussulto nel cuore. E il funzionario - vorrei dirvi - non si arresta. Gesù gli risponde con parole che potrebbero anche risuonare come un rimprovero: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".

Parole che potrebbero scoraggiare la fragilità di noi umani, Ed è bellissimo: il funzionario fa come se non volesse addentrarsi in una disputa teologica. Gli disse: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia". Pensate, ancora "scendi", questo bellissimo verbo, verbo di Dio, di Gesù: "Scendi"! Perdonate, come se il funzionario ricordasse a Gesù il suo verbo. Ed ecco al funzionario di Cafarnao viene chiesto un passo ulteriore sul cammino. Gesù gli disse: "Va', tuo figlio vive". "Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino". Anche se Gesù non scende, anche se non ritorna con lui, anche se non ha in mano prove infallibili: "credette alla parola e si mise in cammino".

Ancora il cammino. Senza vedere: credendo a quella parola che gli risuonava come colma della compassione di Dio, di un Dio che scende, si mise in cammino: la fede è questo. Pensiamo ad Abramo, il capostipite dei credenti: "Vattene dalla tua terra...verso la terra che ti indicherò". Certo che la terra futura non la vede. Anche lui credette. E si mise in cammino. Potessero dire anche di me, di te, di ciascuno di noi: "Lui è uno che crede e si mette in cammino".

Finisco. Vorrei dirvi che per tanti motivi mi incantano gli incontri di Gesù, ma anche per questo - e vorrei così ricucire l'incontro con Nicodemo nella notte, quello con la donna samaritana al pozzo, quello con il funzionario regio su una strada - per questo: perché è come se Gesù con i suoi incontri facesse fiorire ciò che in germe è in ciascuno, uomo o donna che incontra, la bellezza che spesso ti è nascosta e ha bisogno di uno che te la faccia intravedere e poi ti aiuti a farla fiorire. E questa è un'arte. Un'arte di Gesù. Arte preziosa. Da apprendere. Lo ricorda Pablo Neruda in una poesia che mi è molto cara. Eccola.

Ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che con la meraviglia e l'incanto negli occhi la legga e gliela racconti.

Con la meraviglia e l'incanto negli occhi leggere la favola che è nell'altro e raccontargliela. Come faceva Gesù.

 

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