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TESTO Chi accende la luce? Chi dà sapore al sale?

don Luca Garbinetto  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/02/2020)

Vangelo: Mt 5,13-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Prendete una manciata di sale. Sembra poca cosa. Una manciata, però, non un granello soltanto. Ognuno di noi è come un granellino di sale; ma insieme siamo una manciata che dà sapore. E Gesù ci vuole insieme. ‘Voi siete il sale della terra': una manciata di sale, poco visibile, destinata a scomparire. Eppure indispensabile per dare sapore. Necessaria a conservare e custodire. Utilissima per guarire ferite e disinfettare, pur procurando salutare dolore. Siamo sale, insieme. Ed è il sale che permette ai diversi ingredienti di trovare armonia di sapore. Il sale evidenzia gli aromi, favorisce l'integrazione, esalta le differenze ma ne fa comunione.

La terra ha bisogno di questo sale. Gesù riconosce in noi, suoi discepoli, coloro che sono capaci di offrire questo servizio al mondo. In una umanità di diversi, spesso dispersi, i cristiani convocano a unità, permettendo a ciascuno di essere se stesso nella propria dignità. In una umanità di scontri e di contrapposizioni, i cristiani restituiscono all'incontro il sapore di una scoperta, la fiducia di un dono, la speranza di una favorevole sorpresa. In una umanità ferita di rancori e paure, i cristiani investono, sciogliendosi nelle trame dei giorni, energie e creatività per il balsamo del perdono.

Ma non solo la missione, Gesù consegna ai suoi. Egli si preoccupa anche della fonte, della radice di tanta potenza di amore. Da dove viene il sapore al sale? Chi può rinnovare la forza misteriosa di una manciata di grani immersi nelle traversie del mondo? Il sale si raccoglie in riva al mare o nelle viscere della terra, dentro profondissime cave. Perché a formare il sale ci vuole il lavorio delle onde, il tempo paziente dei secoli, la trasformazione delle materie. Il sale diviene se stesso in una storia di sfregamenti e di conversioni: è il sapore della vita interiore, frutto di lunghi e invisibili percorsi. All'origine, la Vita che muore e rinnova la vita. Il sale acquista sapore da chi già ha dato gusto e senso alla propria esistenza, lasciandosi consumare, penetrare e trasformare dalle vicende del mondo, che ne hanno intriso la carne di passione.

Gesù è cava di sale. Perché in Lui la ferita del costato ha irrorato di Vita chi dal male era stato lacerato. Al Padre si va, per essere ancora grani della comunità dei discepoli del Maestro dei sapori.

Prendete ora un coro di candele, a formare un'unica luce. Perché ancora una volta Gesù non si rivolge ai singoli, non ci dice ‘tu sei la luce', ma ci chiama a unità. ‘Voi siete la luce del mondo', insieme! Solo Lui è la luce, ma noi in Lui siamo la luce insieme.

La luce sul candelabro non richiama lo sguardo verso se stessa, ma permette di vedere i colori e gli oggetti. La luce che brilla come deve, distoglie da sé l'attenzione ed evidenzia quello che si trova attorno. La luce sta in alto, non teme di esporsi, ma proprio allora scompare perché mostra quanto vi è di bello lì vicino. La luce autentica sa mettere a fuoco i dettagli, e non nasconde ciò che è sbagliato o sporco; permette anzi di definirlo e distinguerlo meglio, per discernere quanto invece vi è di buono e vero. La luce vince le paure della notte, ma non teme di convivere con le ombre.

Così è la vita: non fatta di bianchi e neri, bensì di infinite sfumature. E i cristiani, insieme, le sanno riconoscere, evidenziare, richiamare alla vista. ‘I cristiani nel mondo sono come l'anima per il corpo', celebra la Lettera a Diogneto, antichissimo documento della Chiesa. L'anima è luce che brilla attraverso gli occhi: non fredda separazione di colori, ma spinta e sostegno ad accogliere e a decorare. I cristiani sono la luce, insieme, perché mostrano il desiderio del cuore di tutti trasformato in realtà d'amore: è possibile condividere, volersi bene, sopportare, aiutare, ed avere per tutti un sorriso di pace.

Da dove, però, viene questa luce? Se dalle viscere della terra e dal grembo del mare scaturisce il sale, dall'eterno inesplorato viene la luce, come ci insegnano le galassie. Dal Principio, che attraversa i secoli da Lui stesso creati arriva a noi il mistero della Vita che rischiara. La luce è testimonianza di un percorso senza interruzione, di una radice che da frutto alimentando nuove candele. O meglio, di noi fa delle stelle in un firmamento di storie quell'attaccamento costante all'Origine, che è il Padre. Di Lui mostriamo la gloria, non di noi stessi o dei nostri successi. Le opere della luce sono miti e umili come fiammelle calde che illuminano adorando chi le ha accese di amore. Questa è la garanzia per i cristiani, per la Chiesa, di non cedere all'autocelebrazione: attingere insistentemente alla Parola del Padre, alla grazia dei sacramenti, alla gratuità del perdono per farsi stabili e inquieti stoppini da bruciare come cera che si consuma donandosi.

 

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