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TESTO Quando l'umano ha la prevalenza...

padre Gian Franco Scarpitta  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2005)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Qualche mese fa' mi capitò di avere bisogno di un accendino. Poiché non ne possedevo alcuno nella mia stanza, girai per tutto il convento nel tentativo di procurarmene uno o di rinvenire una scatola di fiammiferi o almeno un cerino, e poichgè neppure in sacrestia se ne trovavano più, dovetti uscire a comprarli; soltanto in questi giorni, mettendo in ordine gli scaffali della mia abitazione privata mi è capitato di trovare fra le varie cianfrusaglie un bellissimo accendisigari in argento che mi era stato regalato alcuni anni fa in occasione della laurea e che mi ero dimenticato di possedere... Lo avevo tenuto accantonato in uno sperdutissimo angolo trrascurando di farne uso per tutti questi anni, fino a non ricordare neppure di averlio! Se me ne fossi ricordato in quella determinata occasione, certamente mi sarei risparmiato il giro della casa e mi sarei servito di un oggetto preziosissimo, oltre che utile...

Evento questo che adesso mi fa' riflettere sul dono della fede.

La volta scorsa si affermava che essa è prerogativa importante per poter cogliere in pienezza Gesù Cristo Figlio di Dio e riconoscerlo come tale, e tuttavia essa non è da accogliersi una volta per tutte: essa va coltivata e alimentanta come alla pari della fiamma che rischia di smorzarsi o di sminuire la sua portata quando non le si infonde aria o materia da ardere. Personalmente non sono d'accordo nell'affermare che qualcuno possa "perdere" la fede. Proprio perché si tratta di un dono divino di provenienza gratuita, essa resterà sempre una prospettiva che, una volta che l'abbiamo accolta, caratterizzerà sempre la nostra vita e della quale resteremo sempre in possesso; ma può avvenire che noi SMETTIAMO DI COLTIVARLA E DI ALIMENTARLA, non ritenendo più opportuno viverla in tutte le nostre circostanze e di assumerla come punto di riferimento, fino a pensare di non possederla (come nel caso di quel prezioso accendisigari) e tutte le volte che ci serva un riferimento per la soluzione dei problemi lo si cerchi "altrove", cioè nelle altre proposte di effimeratezza o di illusorieetà mondana. Non che si possa -quiondi- perdere la fede, ma in determinate circostanze avviene che non la si viva né la si coltivi più.

E quando avviene questo? Beh, simili occasioni possono aver luogo in un qualsiasi momento della vita, soprattutto quando si manca di vigilanza su noi stessi e sulle nostre debolezze, oppure nell'occasione di un lietissimo evento che incute spensieratezza e ottimismo tali da farci dimenticare l'essenziale della spiritualità; come anche (e soprattutto!) nelle circostanze difficili di un grave lutto, di una sciagura improvvisa, una disgrazia.. In questi ultimi casi, è arcinoto a tutti come lo stato di angoscia e di disperazione imperversi nell'animo deglio interessati, gravati in modo ossessionante dalla prova del momento, il cui peso conduce ad abbandonare la speranza e a cadere in atrocissimi dubbi intorno all'esistenza di Dio e alla Sua Bontà infinita.

Sono circostanze certamente comprensibili e condivisibili, nelle quali tuttavia avviene che l'umano abbia la prevalenza sul fondamento delle cose che si sperano (appunto la fede - San Paolo) poiché si vorrebbe avere la certezza di immediati riscontri risolutivi soddisfacienti che rimangano nel concreto e non nell'astratto. in altri termini, le parole della fede non bastano a recare consolazione, ma si cerca la soddisfazione in qualcosa di più immediatamente tangibile.

E' esattamente quello che sta succedendo a Pietro. come dicevamo la volta scorsa, che lui professi in Gesù il Messia Figlio di Dio è cosa evidente, giacché è lui medesimo a riconoscerlo come tale, più di tutti gli altri e in tal senso si rivela destinatario di un dono importante che non gli proviene "né dalla carne, né dal sangue", bensì da Dio stesso. In parole povere, ha professato la sua fede non prima di averla accolta come dono. Adesso però tentenna di fronte alla prospettiva del supplizio terreno di Gesù: vorrebbe impedire al maestro questa morte cruenta sulla croce; vorrebbe impedire che raggiunga Gerusalemme e che si sottoponga alla condanna, perché mosso da un affetto filantropico per il quale sta ora trascurando l'importanza e la necessità dei disegni divini di salvezza e pertanto è dimentico di coltivare la fede prima professata...

Ma che cosa suggerisce il dato umano, che in lui sta prevalendo?

Semplicemente di evitare al maestro la realizzazione dei piani di Dio, che richiedono sempre immolazione, sacrificio, perseveranza nello spiacevole e accettazione di ciò che è frustrante e nel caso immediato di Gesù vogliono che questi affronti la condanna crudele della tortura pre realizzare i disegni divini. I progetti dell'uomo richiedono invece che si imbocchino sentieri di agio e di comodità, che si ometta ogni genere di sacrificio e di rinuncia nel raggiungimento degli scopi e degli obiettivi, secondo la logica del "tutto e subito"e della fuga dal sacrificio ed è per questo che Pietro, alla pari di qualsiasi cristiano che incappa in questo genere di trappole -io per primo-, li preferisce ai primi anche in merito al suo Signore. Ma chi garantisce che i piani terreni siano efficienti e duraturi? Non potrebbero invece identificarsi con quelli di Satana, che sfrutta sempre l'illusione del bello, del facile e del piacevole per trarre tutti in inganno e tutti condurre alla rovina?

E' molto più conveniente accogliere la pedagogia di Pietro che ci invita a resistere al Maligno saldi nella fede (1 Pt)

Ma affinché non rischiamo che la nostra fede possa affievolirsi al punto da non essere più sarebbe opportuno da parte nostra che noi consideriamo la difficoltà negli eventi e l'avversità quale occasione in cui poter saggiare e temprare questa fede che altrimenti risultarebbe vacillante, considerando ogni impedimanto come opportunità unica e privilegiata per poter conoscere il Signore crocifisso con noi che intanto opera per il meglio della nostra vita... In altre parole, che assumiamo volentieri la stessa croce di Cristo, associando noi stessi a lui e non temendo affatto la prospettiva del dolore, dell'abbandono e della crocifissione di noi stessi, nella considerazione che Lui ha accettatop di farsi crocifiggere, ben conscio della validità della sua immolazione.

Come afferma Paolo, la fede come oro che si prova attraverso il crogiolo, essendo proprio questo intanto a fortificare il prezioso metallo privandolo da corpi estranei e non ci si deve stancare pertanto di coltivarla, alimentarla e proteggerla in tutte le circostanze difficili nelle quali l'umano rischia di avere la prevalenza.

La Prima Lettura ci assicura che in tutto questo non mancherà il supporto e il sostegno dello stesso Dio Padre che allevierà le nostre pene e il nostro giogo, come nel caso di Geremia (I Lettura): chiamato alla missione il profeta viene addirittura "sedotto" dal Signore e dalla sua parola, nonché dallo stesso ministero che gli viene affidato: Dio lo sta infatti facendo innamorare di sè, affascinandolo e attraendolo e attraendolo in modo tale che egli della missione non tema il gravame ma apprezzi il beneficio e il sollievo con la finalità di poter successivamente sopportare tutte le immolazioni che essa comporta. E' un modo di affermare che nella tutela della nostra fede noi si è sorretti dallo stesso Dio che rende soave il nostro assillo, garantendo che pervieniamo alla bellezza dei risultati poiché in Dio ogni timore non assume più consistenza e non ha senso di essere preso in considerazione...

 

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