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TESTO La bellezza di portare vino

don Angelo Casati   Sulla soglia

II domenica dopo Epifania (anno A) (19/01/2020)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Nei testi che abbiamo ascoltato si parla di acqua e si parla di vino. Di acqua di cui non si può fare a meno, per vivere. E di vino. Di cui - qualcuno potrebbe dire - si può anche fare a meno. E lo svelamento, l'epifania, di Dio e del Messia, avviene nell'acqua e nel vino. Dell'acqua, della sete di acqua, parla il libro dei Numeri. Siamo nel deserto, il cammino -- dalla terra di schiavitù in Egitto verso una terra di libertà - dopo giorni di comprensibile entusiasmo, conosce anche giorni di fatica: è cammino in terra arida e quando la sete ti brucia la gola, quasi rimpiangi la terra che hai lasciato.

E ti viene da litigare con chi ti ha fatto uscire: "Il popolo" è scritto "ebbe una lite con Mosè". Fino a dubitare di Dio: era con loro o no? Il Signore parlò a Mosè dicendo: "Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua". Penso alla forza, all'incandescienza, di queste parole: "Parlate alla roccia". "Ma è roccia!" - staresti per dire - "è dura, è sorda, è impenetrabile". Pensate, non è forse quello che diciamo spesso anche noi dinanzi a situazioni della vita che ci sembrano irrimediabili? E' assurdo: "Parlate alla roccia".

Ebbene i commenti dicono che anche Mosè ebbe un'esitazione e batté due volte la roccia. Ho pensato: io chissà quante volte l'avrei battuta. E i rabbini si chiedono se è per via di quei due colpi che a Mosè non fu concesso di entrare nella terra promessa. Ma che cosa voleva dire Dio, che cosa voleva ricordare? Al dubbio se lui fosse o no con loro, con il segno dell'acqua voleva rispondere che lui c'era, e c'era anche prima quando la roccia era chiusa, dura, impenetrabile e ci sarebbe stato anche dopo, quando la roccia si sarebbe richiusa. Voi mi capite, non erano tolte le fatiche di un viaggio. Ma il segno era che Dio non per questo era assente; si era accompagnati. E a me, che non ho una fede da giganti, viene da pregare Dio che mi dia occhi per scorgere come, in alcune occasioni della mia vita, qualcuno per me abbia parlato alla roccia e la roccia dura si sia fessurata.

Vorrei tanto pregare con voi - ve lo confesso - perché un segno - di acqua che sgorga da roccia - per grazia sia dato a donne e uomini del mio tempo su cui pesa a volte la fatica del vivere e rischiano di esserne schiacciati. Che abbiano un segno. Che Dio è con loro. Non sempre - ricordiamolo - è così evidente la presenza. E così dal segno dell'acqua passiamo al segno del vino. Penso che anche voi abbiate provato stupore - tanti motivi di stupore - per il segno dell'acqua mutata in vino. Un motivo di stupore, che sempre mi si riaccende alla lettura, è che per Giovanni quello fu il primo segno.

E fu - pensate - in un silenzio quasi assoluto. Ma come? Fu il primo e chi se accorse? Maria, la madre, i discepoli, i servitori. Eppure tutti bevvero di quel vino. Sembra che tutto avvenga dietro le quinte, Gesù dietro le quinte, all'insaputa, quasi non gli importasse di essere, nemmeno di un minimo, ringraziato. Non c'è accenno. Anzi - e la cosa è stupefacente - ringraziati furono altri. Lui, protagonista nascosto. Fa e non appare! Quando il rito spesso, troppo spesso, è, al contrario quello di apparire, apparire e non fare. Ma in fondo che cosa stava a cuore alla madre e poi - dopo un'esitazione che durò un istante - anche a lui? Alla madre stava a cuore quel clima di festa. Lei era una donna e alle donne non sfuggono le sfumature, le sfumature e i dettagli. Che poi non sono dettagli.

Forse un uomo avrebbe reagito dicendo che, dopo tutto, il vino non è poi così essenziale e che, da un certo punto in avanti, se ne può anche fare a meno. Ma, vedete, a lei, a Maria, la madre, stanno a cuore le persone. Personalizza, non dice: "Non c'è più vino". No, dice: "Non hanno vino". Che figura avrebbero fatto? Le stava a cuore che non fosse rovinata la festa. E il vino era necessario alla festa. Ed era grande festa nei villaggi di campagna quando accadeva un matrimonio! Non succedeva così di frequente. A Maria, a Gesù, sta a cuore quella festa, quell'allegria, l'allegria un po' anche sopra le righe, che si respira, a pieni polmoni, in un banchetto di matrimonio.

Vedete, a volte, con la scusa che la cosa non è così necessaria, si cancellano tenerezze. Era così necessario che Maria di Betania versasse tutto quel profumo sul suo amico Gesù? Questo "misurare" non appartiene a Dio e il primo miracolo di Giovanni è nel segno che Dio non è nel "misurare", a Dio sta a cuore la festa. Non è certo la nostra aria compunta né sono i nostri gesti senza calore, a piacere a Dio. Il vino diceva certo la venuta del Messia: vino per tutti, secondo i profeti. Ma vino! Cioè allegria, un pizzico di follia. Senza passione, senza vino, langue, sfiorisce, anche una religione, ridotta tristemente a principi. Più o meno illuminati. Senza passione, senza vino, langue, sfiorisce, anche un'amore.

Certo il segno compiuto da Gesù a Cana, nasconde altri significati, anche più importanti di questo, ma io mi fermo qui. Lo sento anche come un invito a portare un po'di gioia, in mezzo a problemi e fatiche. A sollevare stanchezze, a creare ambienti in cui ancora ci si sorrida. E non è cosa da poco. Nemmeno per aver parte al mondo futuro. E chi ha parte al mondo futuro?

Ebbene concludo con una storia, quella di rabbì Baruqa di Chuzah, che, secondo il Talmud, andava spesso nella piazza del mercato di Lapet. Là un giorno gli apparve Elia e rabbì Baruqa gli domandò: "Fra tutti questi uomini, ce n'è almeno uno che avrà parte al mondo futuro?". Elia rispose: "Nessuno". Ma più tardi nella piazza del mercato vennero due uomini ed Elia disse a rabbì Baruqa: "Questi due avranno parte al mondo futuro". Rabbi Baruqa chiese ai due nuovi venuti: "Qual è la vostra professione?". Essi risposero: "Noi siamo buffoni. Quando vediamo qualcuno che è triste, lo rassereniamo. E quando vediamo due persone litigare, cerchiamo di farle riconciliare".

Portiamo vino. Per questo mondo, per il mondo futuro.

 

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