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don Angelo Casati  

Battesimo del Signore (anno A) (12/01/2020)

Vangelo: Mt 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 3,13-17

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

22e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Non è un viso pallido quello di Gesù, il Figlio amato, il Messia. E la liturgia in queste domeniche, raccontando le sue manifestazioni, sembra preoccupata di scrostare da appesantimenti l'affresco, perché il viso ci appaia in tutta la sua intensità. Non c'è nella vita un viso uguale a un altro. E ad ogni viso è legata una missione: per che cosa sei venuto al mondo? Ed ecco che Gesù lascia casa. Penso che altre volte l'avesse lasciata. E lascia paese, penso che altre volte lo avesse lasciato. E' scritto: "Dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni". Il viaggio era lungo. Ma soprattutto il "venir via" era definitivo. Qualcosa gli si era illuminato a poco a poco dentro, quella doveva essere la sua missione.

Ognuno ha dentro la sua missione. E forse la scopri a poco a poco. Quell'andarsene creava di certo aspettative. Pensate, quando ci sono aspettative molto forti - e sulla venuta del Messia erano più che forti! - si resta in trepida attesa: ora scende in campo. Come sarà il suo inizio? Il suo primo giorno? Come si presenterà? E sfuggono le più sbrigliate supposizioni, le fantasie. Qualcosa di significativo sarebbe accaduto all'inizio della sua missione! Certo, se non facciamo l'errore di confondere significativo con eccezionale. Perdonate il bisticcio delle parole: l'eccezionalità per lui sta nella assenza di eccezionalità.

Se stiamo ai testi, lui arriva al Giordano come uno qualsiasi, uno dei tanti che accorrevano da Giovanni, per farsi immergere nelle acque del fiume. Qualcuno gli avrebbe potuto obbiettare: "Ma se proprio vuoi farti immergere nelle acque, visto chi sei, sorpassa almeno la fila, portati avanti, fatti vedere da Giovanni, tanto più che non sei uno sconosciuto, gli sei cugino". No, lui si mette in coda, aspetta il turno. Vedete, noi ci abbiamo fatto così l'abitudine a vederlo battezzato da Giovanni - spesso ritratto solo e per di più il Battista che gli versa acqua da una ciotola - che l'evento quasi più non ci meraviglia, un episodio come tanti altri. E invece no, è l'evento che lui ha voluto all'inizio. Quel gesto lui ce l'aveva in testa di farlo, da quando se n'era venuto via dalla Galilea per giungere sino al fiume, dove Giovanni praticava le immersioni come segno di conversione.

Ebbene ci viene il sospetto che alla comunità di Matteo - quella che veniva dall'ebraismo - facesse a tal punto problema quell'inizio sconcertante che l'evangelista si sente come autorizzato a inventare un dialogo tra Giovanni e Gesù, di cui non troviamo traccia negli altri vangeli, un dialogo da cui emergesse, senza ombra di dubbi, che Gesù era assolutamente il più grande: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?". Voi mi capite, viene da Nazaret, poteva segnare il suo inizio con un gesto che segnalasse la sua alterità, la distanza. Annulla ogni distanza.

Il suo inizio deve raccontare vicinanza. E per significarla, si toglie addirittura il diritto di essere lui protagonista del rito di purificazione: fa protagonista un altro, il Battista. Noi siamo abituati a vedere l'autorità nello stare in alto, sopra. E l'alto e il sopra crea distanza. Lui sembra inaugurare e raccontare dalle acque del fiume il tempo che si apre. Che è il tempo della non distanza, l'eliminazione di ogni gesto o parola che suoni come prendere le distanze. Fedele al racconto per tutta la vita. Pur se crea sconcerto. Dall'inizio alla fine: all'inizio è lo sconcerto del Battista che vuole - è scritto - impedirglielo; alla fine sarà lo sconcerto di Pietro che vorrà impedirgli che si chini a lavargli i piedi. Ed ecco che la vicinanza diventa la parola che racconta Dio e il suo Messia. E chi è Dio? E chi è Gesù?

E' la vicinanza. E sembra - lasciatemelo dire - che ci sia una firma dal cielo. Dio firma su quel figlio che ha annullato le distanze. Firma su di noi quando annulliamo le distanze. La voce dice: "Questi è il figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento". Tutto dice vicinanza, tutto sembra cantare vicinanza: si aprono i cieli chiusi, che raccontavano separatezze, scende lo Spirito, tocca le acque. Dice che Dio non è separatezza. Il suo spirito è un abbraccio.

Nell'aria quel giorno c'era il racconto di Dio. Firmava su di lui. Che annullava distanze e creava vicinanze. Io penso che Dio firmi per noi, per ognuno di noi e dica: "Tu sei un figlio amato" e che si aprono i cieli su di noi, ogni volta che ci immergiamo con tutti, ogni volta che rinneghiamo il delirio dello stare sopra e dello stare in alto, ogni volta che non saltiamo la fila scavalcando qualcuno, ogni volta che ci inteneriamo davanti a un ultimo, quello che è stato più lontano o ha fatto più fatica ad arrivare, ogni volta che lottiamo contro i privilegi, ogni volta che ci sentiamo carovana, la carovana di Dio sulla terra, non distaccati ma appassionati.

Anche la lettera agli Efesini oggi ci ricordava con limpidezza che Gesù "dei due ha fatto una cosa sola abbattendo il muro della separazione, cioè l'inimicizia, nella sua carne". Unire e non separare, non dividere. A volte mi sorprende e non riesco veramente a capire come ci siano persone che sembrano avere la vocazione di dividere, di separare quando l'arte, l'arte vera - quella che fa della terra un'opera d'arte - è quella di unire, creare vicinanza, è l'arte di Gesù che - scrive la lettera agli Efesini - da stranieri ci ha fatti della famiglia: "Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e famigliari di Dio! Concittadini fra di noi e famigliari di Dio. Il battesimo di Gesù dà evidenza luminosa.

Per me - ma penso anche per voi - è di un fascino ingualcibile questa l'icona di lui immerso con tutti nelle acque del battesimo. E qualcuno voleva impedirglielo. Certo con le migliori intenzioni del mondo. Mi sono chiesto se anche noi a volte non corriamo questo rischio: di impedire, con le migliori intenzioni di questo mondo - schiavi come siamo dei nostri modelli - di impedire che altri, donne e uomini, camminino non in ossequio a noi, ma fedeli al disegno che li abita. E' solo un accenno.

Ma vi devo confessare che questi due verbi nel racconto mi sono rimasti dentro, ad ammonizione: "Non impedire...lascia fare!".

 

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