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TESTO Commento su Matteo 3,13-17

fr. Massimo Rossi  

Battesimo del Signore (Anno A) (12/01/2020)

Vangelo: Mt 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

La profezia di Isaia che abbiamo ascoltato in questo ultimo giorno del tempo di Natale, verrà utilizzata dal Signore, per rispondere alla domanda dei discepoli di Giovanni, se fosse lui il Messia. Il Vangelo di Matteo, che ascolteremo durante tutto quest'anno liturgico, ci informa che tra Giovanni Battista e Gesù non c'erano particolari affinità elettive e, fin da subito, il primo si opponeva risolutamente alle richieste del secondo, le quali, a proprio modo di vedere, suscitavano dubbi fondati sulla vera identità del Nazareno. In verità, la richiesta del Messia di essere battezzato, appariva agli occhi del Precursore, una domanda quantomeno singolare.

Dovremmo chiedercelo anche noi: perché Gesù si mette in fila per ricevere il battesimo di penitenza? Che cosa aveva sulla coscienza, da farsi perdonare da Dio?...e se non aveva nulla, perché scegliere di sottoporsi ad un segno così compromettente? Perché, vedete, un conto è il desiderio di penitenza e di purificazione, senza dubbio meritorio, che spinge un credente a chiedere il battesimo. Questo segno esterno non fu una invenzione di Giovanni... era già presente nella cultura ebraica, ma con tutt'altro valore: si trattava di una pratica usata per consentire ad un pagano di entrare in relazione con un israelita; a motivo della radicale chiusura religiosa, culturale, economica, politica degli Ebrei nei confronti di coloro che non appartenevano al popolo eletto, se un pagano avesse voluto intrattenere rapporti di qualunque natura con un Israelita, avrebbe dovuto essere battezzato. Una via di mezzo rispetto alla circoncisione, la quale consentiva ad un pagano di accedere alla comunione piena con il popolo ebraico, rendendolo ebreo a tutti gli effetti. Possiamo paragonare il battesimo in oggetto a un atto di carattere amministrativo.

Giovanni adottò questo segno - non sappiamo se per iniziativa personale, o per ispirazione divina -conferendogli una valenza spirituale, cioè sostanziale. È infatti lo spirito a pervadere tutto il corpo, innalzandolo a dignità di persona. A proposito, che cosa sappiamo del nostro spirito? lo avvertiamo operante in noi? lo custodiamo come si custodisce un bene prezioso, il più prezioso? lo nutriamo come si conviene?...

Ma torniamo a Giovanni. A differenza del battesimo amministrativo, il suo non obbligava in forza di una legge, ma rispondeva a un desiderio personale di conversione: coloro che lo chiedevano confessavano pubblicamente di aver mancato in modo grave. Si trattava di un segno simile alla riconciliazione sacramentale, così come era concepita nei primi secoli della Chiesa: si trattava di una liturgia pubblica, alla quale si sottomettevano coloro che si erano resi colpevoli di delitti a rilevanza sociale; e in quel gesto facevano pubblica ammenda, esponendosi al giudizio di Dio, ma anche del popolo... Per questo motivo, non tutti chiedevano il battesimo di Giovanni, per proteggere il loro buon nome. Dottori della Legge e capi del popolo non si mescolavano certo a quella folla di disperati, e se ne stavano in disparte a guardare. Del resto, che cosa mai avrebbero avuto da farsi perdonare? Convinti di essere perfetti, tali volevano apparire agli occhi della gente.

Possiamo ben intuire l'iniziale rifiuto del Battista. Ma questo rito rientrava in un progetto molto più ampio, del quale rappresentava solo l'inizio: il figlio del falegname aveva accettato di sottoporsi ad un altro atto assai più ‘compromettente': la circoncisione; Lui, il re dei Giudei, il Figlio di Dio, Dio stesso, Verbo eterno del Padre, Sua parola creatrice,...

Sottomettersi alla circoncisione, e a tutte le norme prescritte nella legge di Mosè, costituiva un gesto di umiliazione totale, che fece di Gesù uno di noi, ma che più tardi lo avrebbe posto in una condizione tale da rendere difficile, per non dire impossibile, credere in Lui in quanto Messia.

Se ragionate un istante, il Messia non può essere uno del popolo! Secondo la Legge di Mosè, chiunque si fosse dichiarato Dio, o Figlio di Dio - il che è lo stesso! - bestemmiava, e si rendeva meritevole di morte...

Agli occhi degli uomini, scegliendo di chiedere per sé il battesimo, Gesù commise due errori: il primo fu quello di assimilarsi ai peccatori; stare con loro, stare dalla loro parte, insinuava il sospetto che (Gesù) fosse uno di loro, un peccatore, e pure della peggior specie.

Ma il secondo errore fu peggiore del primo: essersi schierato tra le file dei peccatori, costituiva un precedente chiaro e inequivocabile che Gesù non poteva essere il Re dei Giudei, il Messia annunciato dai profeti, l'Emmanuele, il Dio-con-noi. Il dubbio di Giovanni divenne presto la convinzione senza ombra di dubbio del Sinedrio di Gerusalemme.

Un ultimo accenno alla vicenda del Giordano; l'evangelista scrive che “appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento.”»; si tratta della descrizione della Trinità: c'è Gesù, c'è lo Spirito Santo in forma di colomba; e c'è la voce del Padre.

La visione della colomba è per il Figlio; ma la voce (del Padre) è per tutti coloro che erano presenti; La voce del Padre è per noi! più tardi Dio parlerà nuovamente usando le stesse parole: “Questi è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto...” e aggiungerà: “Ascoltatelo!” (Mt 17,5).

Credere in Gesù di Nazareth non è solo un atto di fede in un dogma che la Chiesa afferma da più di venti secoli: credere nella divinità di Gesù, significa credere che Lui ci può realmente salvare da noi stessi, perché quel giorno, al Giordano, decise da che parte stare: dalla nostra.

Alcuni anni dopo, scrivendo ai cristiani di Roma, San Paolo commenterà: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (...) chi potrà separarci dall'amore di Cristo?” (Rm 8,21-39).

 

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