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TESTO E venne ad abitare in mezzo a noi

mons. Roberto Brunelli

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II Domenica dopo Natale (05/01/2020)

Vangelo: Gv 1,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Le celebrazioni del periodo natalizio sono ciascuna un diverso approfondimento del tema centrale: l'ingresso nel mondo del Redentore. Quella di oggi si colloca tra due celebrazioni che, non cadendo di domenica, non abbiamo avuto modo di segnalare e commentare: Capodanno e l'Epifania.

Per la verità, sotto il profilo religioso il 1° gennaio è festa non perché è il primo giorno dell'anno nuovo (in proposito, molti auguri a tutti i lettori), ma perché è l'ottavo giorno dopo Natale, che per antichissima tradizione, anche quando l'anno civile cominciava in un giorno diverso, è dedicato a celebrare la Madre del Redentore, cioè Maria in quanto Madre di Dio. E' questo, tra i suoi titoli di gloria, il maggiore, riconosciutole già l'anno 441 nel Concilio di Efeso: è il maggiore, e perciò sta alla base delle altre grandi feste a lei dedicate nel corso dell'anno: Dio ha preservato Maria dal peccato originale (vale a dire, è l'Immacolata) e l'ha portata con sé (vale a dire, è l'Assunta) proprio in quanto Madre del suo Figlio.

Anche la solennità dell'Epifania si collega a quella del Natale; ne è anzi quasi un duplicato, venutoci dall'oriente. Ma essi presentano anche una differenza, e non trascurabile: mentre il secondo celebra il fatto di quella nascita, la prima ne dice il perché, e spiega che il Figlio di Dio si è fatto uomo non per restare nascosto, o rivelarsi al solo popolo d'Israele che da secoli attendeva il Messia, ma per farsi conoscere, manifestarsi (la parola Epifania significa appunto manifestazione) a tutti i popoli, di tutti i tempi e di tutti i Paesi. Deriva da qui il compito fondamentale, anzi la stessa esistenza della Chiesa: tutti i suoi aderenti, dal papa all'ultimo dei battezzati, hanno il compito di far conoscere a tutti, perché tutti la possano accogliere, l'infinita bontà di Dio, fattosi uomo per salvare l'intera umanità.

Come la solennità che l'ha preceduta e quella che la seguirà, anche la domenica odierna si collega al Natale. Lo fa principalmente leggendo l'inizio del vangelo secondo Giovanni (versetti 1-18), il quale, a differenza degli altri evangelisti, non si limita a riferire quanto è avvenuto a Betlemme, ma comincia da molto prima, dichiarando apertamente chi è quel Bambino: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. (...) E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”.

In altri termini: il Bambino nato a Betlemme è il Verbo, cioè la Parola, che Dio ha pronunciato per manifestarsi: è, come già l'aveva presentato secoli prima il profeta Isaia, l'Emmanuele, cioè Dio-con-noi. E allora è importante aprire bene le orecchie, impegnare tutta la propria intelligenza per conoscere e capire quella Parola. Sconcerta costatare che c'è chi non se ne cura e vive come se Dio non ci fosse, magari avanzando l'egoistica piccina motivazione che “non serve a niente”, perché non fa quello che pare a noi. E' nel nostro interesse, invece, rendersi conto che Dio non esiste per “servire” a qualche cosa di nostro gusto o convenienza: non è il medico dei casi disperati, non è l'inadeguato supplente di politici incapaci, non è l'agenzia di assicurazioni da garantirsi con rosari o pellegrinaggi, non è la provvisoria risposta a quello che “per il momento” non capiamo o non riusciamo a fare, non è il capriccioso tiranno che fa o disfa senza regole comprensibili. Il Bambino nato a Betlemme è venuto a rivelarci che Dio è Padre, il Padre suo e Padre nostro, pronto ad abbracciare chi lo accoglie e si affida a lui. Si affida: vale a dire si fida, cioè ha fede, nella Parola che ci ha mandato.

 

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