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TESTO Mi vergogno: la mia fede misura "zero-virgola"

don Marco Pozza  

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/11/2019)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,5-19

In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Accumulate tutto il buio dell'universo, poi moltiplicatelo all'infinito. Ditemi: è abbastanza per spegnere la flebile luce di una candela? Quando mi si affaccia davanti, quella mamma ha il sorriso scritto in faccia: “Scusa se ti ho disturbato: volevo conoscerti, parlarti un po'”. A Venezia, nel frattempo, l'acqua sale, è alta. “Acqua-alta-a-Venezia”, dalle mie parti, è un modo di dire: incidenti, accidenti, contrattempi. Questa mamma, però, tiene casa sulla collina: il torrente che sciacqua il paese giù in basso, per quanto s'ingrossi, quassù non spaventa mai. Qui dentro, però, il rischio d'annegarsi è altissimo: c'è lui, un ragazzo stupendo di sedici anni, nel fior-fiore della giovinezza. Aveva undici anni, quella mattina era andato a scuola: felice, allegro, zaino in spalla. E' tornato, non da solo: lo hanno riportato. In carrozzina: d'allora sta a letto, in stato-vegetativo. Il volto è il fermo-immagine di quel volto bambino.

La guardo mentre lo accarezza, gli parla, lo bacia. Venezia sta annegando, i mosaici sono rosicchiati dal sale, le gondole vanno sotto-sopra: «Non vi terrorizzate (...) Vi saranno terremoti, carestie, pestilenze: vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo». A Venezia il mare-mosso è un fatto terrificante. Qui, in collina, una mamma accanto al suo bambino, è un segno-grandioso: fosse ancora vivo Buonarroti, riaggiornerebbe la sua Pietà. La prima pietà della storia: una Mamma, sotto la Croce, con suo Figlio tra le braccia. «La gente pensa che io sia matta - è confessione di donna, la supplente di Dio - ma io persevero nella speranza: continuo a credere che Lui potrà rimetterlo in forma, com'è partito quella mattina». Dio, è certa, l'aiuterà. Nel frattempo, lei manco se lo immagina, è lei ad aiutare Dio, a tenergli stretta la mano. Ha detto che, nel frattempo, persevera. La (ri)guardo mentre lo cala dal letto, lo sistema in quella carrozzina-altare, lo tratta come fosse Dio. E' la tenacia, non il talento, a governare la storia. «Verranno giorni nei quali, di quel che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli apostoli sono tutti maschi: iniziano le rivoluzioni. Maria è una (ma)donna: le porta avanti. D'allora, tutto come allora: cominciare una rivoluzione è facile, portarla avanti è molto difficile. Iniziarla è affare dei maschi, concluderla è faccenda delle donne. Che Dio ci aiuti è materia di teologia, aiutare Dio è professione di vera fede. L'unica garanzia per il fallimento è quella di smettere di provarci.

Una mamma è donna-salvavita: «Guardalo: non ti chiedo risposte, nessun uomo potrà rispondere al posto di Dio. Ho solo voglia di raccontarti». Finora mai nessuno mi aveva fatto sentire così a mio agio. Proteggendomi dal rischio delle insulsaggini: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, “Il tempo è vicino”. Non andateci dietro». Tradotto per me: “Lascia che ti sorpassino, don Marco. Tu vai-piano, stai tranquillo dietro a questa donna”. Che viaggia lenta, col bambino in braccio, con addosso le vesti di chi fa la manutenzione dell'umano. «Qualcuno ha il coraggio di dirmi: “Dio, per il tuo bambino, ha un disegno"». Se glielo dicono tanto per dire, vale il peso di una bestemmia feroce. Se lo dicono per fede, questo figlio è un quadro impressionista: “Bellissimo. Immagino valga un'iradiddìo. Ma che cosa ha disegnato il pittore?” Vale assai, la sua quotazione è proporzionale all'incapacità d'individuare l'oggetto ritratto. Il Papa, oggi, è moda dargli-addosso. Lei, invece, a Pietro si aggrappa, eccome: «Quando dubito, rileggo la sua lettera». Mi concede il lusso della condivisione: «Cari genitori, di fronte alla sofferenza dei piccoli penso sempre che, se potessi fare un miracolo, li guarirei tutti». Alzo gli occhi le parole ritornano: «Io persevero nella speranza». Molti fallimenti nella vita «sono di persone che non si rendono conto di quanto fossero vicine al successo quando hanno rinunciato» (Th. Edison). L'aveva detto: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». Cristo, senza che mi accorgessi, oggi mi ha spedito a ripetizione da una mamma con le mani in pasta. Con me adopera sempre mille precauzioni: ha una paura-matta che io mi stanchi ad aspettarlo.

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