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TESTO Commento su Luca 23,35-43

fr. Massimo Rossi  

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (24/11/2019)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

È la fine!... salutiamo questo anno liturgico; spero non sia passato invano per nessuno.

A questo proposito non sarebbe male fare un bilancio, non solo consuntivo, ma anche e soprattutto preventivo, delineando il programma che ci attende, dalla prossima domenica, prima di Avvento.

Come al solito la fede cristiana ribalta tutto... a cominciare dalle immagini. E per celebrare la regalità di Cristo, la liturgia ci presenta il nostro Re nei panni di un condannato a morte, appeso alla croce. Ormai ci abbiamo fatto l'abitudine, ma, a pensarci bene, l'idea è a dir poco sconcertante. Sarebbe stata più politically correct, più rispondente allo stereotipo del re vittorioso, o, come lo chiama l'Antico Testamento, il Signore degli eserciti, l'icona di Gesù trasfigurato sul Tabor, o del Cristo risorto... Mancherebbe tuttavia un elemento, anzi due, tanto nell'immagine del Figlio di Dio trasfigurato, che in quella del Risorto: la corona e il trono. L'immortale Fabrizio De André cantava di “un re senza corona e senza scorta”... Un re senza corona, né trono non è un vero re!

E invece, il nostro Re è il Crocifisso! La corona è un fascio di spine e il trono è il patibolo infame della croce. La ‘cerimonia' di incoronazione avvenne quel venerdì, sul Calvario; e in forza di quel rito crudele e straziante, dove la violenza fisica era addirittura superata da quella morale - umiliazioni, insulti, derisione,... -, Gesù diventò davvero Re dell'universo.

Che cosa ne abbiamo fatto di questa verità?

Sono più di dieci anni che, a fasi alterne, si riaccende la polemica del crocifisso alle pareti delle classi scolastiche e degli uffici pubblici... Mi sembra un po' riduttivo, peggio, mi sembra meschino. Che si invochino i sacrosanti principi della laicità per eliminarlo, oppure le radici cristiane dell'Europa per lasciarcelo appeso, abbiamo strumentalizzato il simbolo della fede cristiana per fini politici e di propaganda. Questa è la verità!

Ma torniamo ai Vangeli: il quarto evangelista inserisce nel racconto della Passione il dialogo tra Gesù e Pilato; costui aveva tentato di evitare l'incontro: un po' perché i reati contestati al figlio del falegname dalle autorità religiose ebraiche non rientravano nelle competenze del tribunale romano; e un po' perché la moglie del Governatore gli aveva consigliato di non aver nulla a che fare con quel giusto (cfr. Mt 27,19).

Entrato suo malgrado nel pretorio, “(Pilato) fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù.». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce.». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?» (Gv 18,33ss.).

Quante volte è già risuonata questa parola: verità! esistono verità con la ‘v' minuscola, e sono le verità degli uomini, le nostre verità. Ed esiste la Verità con la ‘V' maiuscola, ed è la Verità di Dio. Ma di questa Verità, gli uomini non si curano in modo serio, in modo integrale, in modo fattivo.

A meno che la Verità di Dio non coincida con le nostre, noi preferiamo le nostre.
E il Vangelo?

Certo, il Vangelo viene prima, che domande! il Vangelo non si discute! il Vangelo è sacro!...

Ma chi di noi avrebbe il coraggio di dichiarare che non solo ne conosce il testo, ma che questo testo costituisce il cibo quotidiano, grazie al quale può affrontare le sfide della storia presente?

Che cristiani saremmo se non frequentassimo regolarmente la Parola di Dio?

La vicenda del buon ladrone, raccontata solo da San Luca, rappresenta l'ultimo gesto di misericordia operato dal Signore, prima di entrare nella vita eterna. Del resto, il terzo Evangelo, cosiddetto della misericordia, non poteva concludersi diversamente...

Quell'uomo, colpevole di un crimine tanto esecrabile da meritare il peggiore dei supplizi, ci rappresenta tutti; è un po' come se anche noi entrassimo virtualmente nella vita eterna, condotti per mano dal Signore e accolti dal Padre suo.

“Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest'uomo era giusto». Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.” (Lc 23,44-48).

La vicenda terrena di Gesù di Nazareth si conclude con un bagno di misericordia per tutti coloro che erano stati testimoni della sua Passione. Percuotersi il petto è segno di pentimento; e chi si pente, anche in punto di morte, come il ladro crocifisso accanto a Gesù, è perdonato; non importa quanto sia grave il suo peccato. Comodo? Se fosse comodo, ci pentiremmo in molti di più, e non solo a parole. Invece, quanto è difficile chiedere scusa!

 

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