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TESTO Fino all'ultimo

don Alberto Brignoli  

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/11/2019)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Qualche giorno fa, a un corso di formazione per catechisti e operatori pastorali, era uscito un dibattito interessante sulla salvezza, concessa da Dio a tutti, in maniera indiscriminata. Tutto nasceva dall'incomprensione, o meglio dal fraintendimento, intorno al concetto di “predestinazione”: qualcuno dei presenti non accettava che Dio ci volesse “destinati” alla salvezza da sempre, dal momento in cui ci aveva fatti venire al mondo, e - nel caso dell'umanità - addirittura dalla Creazione del mondo, da sempre, appunto, perché Dio dall'eternità ama l'uomo al punto da volerlo salvo, costi quel che costi. Giustamente, qualcuno obiettava: “Ma come? Dio ci predestina tutti a essere salvi, per cui, indipendentemente da come ti comporti, se lui ti destina a essere salvato, sei a posto? E dov'è la libertà dell'uomo di rifiutare Dio? Dov'è la responsabilità personale e oggettiva di quello che facciamo? Dov'è, soprattutto, l'impegno che ci dobbiamo mettere per salvarci? Tanto vale comportarsi male, rubare, approfittare degli altri, vivere in maniera egoistica dandoci alla pazza gioia, perché, comunque, Dio ci ha predestinati a essere salvi!”. La faccio più semplice. La domanda di fondo era: “Ma davvero Dio ci vuole salvare tutti?”. Non è che ne siamo venuti a capo più di tanto, quella sera: anzi, qualcuno credo sia andato a casa ancora un po' dubbioso e tormentato su questa cosa.

Certo che se avessimo letto il brano di Vangelo di oggi, forse qualche dubbio in meno l'avremmo avuto, perché vedendo la vicenda di Zaccheo, ti viene proprio da dire che sì, Dio ci vuole salvare tutti. Ma proprio tutti! E fino all'ultimo, a quanto pare... Non abbiamo alcun motivo di dubitare che quel giorno, a Gerico, Gesù avesse incontrato un pubblicano di nome Zaccheo e gli avesse cambiato l'esistenza fermandosi a parlare con lui in casa sua. Certo è che Luca ci mette molto del suo per costruire ad arte un racconto dove viene messa in evidenza l'assoluta e totale volontà di Dio di salvarci tutti... ma proprio tutti!

La vicenda, tanto per iniziare, non poteva che avere luogo a Gerico. Se vogliamo cercare nelle Scritture una città che da sempre si è opposta al piano di salvezza di Dio, questa è proprio Gerico. Si trattava dell'ultimo baluardo incontrato da Giosuè nel momento del definitivo ingresso nella Terra Promessa: e l'epico racconto della sua conquista con il crollo delle sue mura per il suono delle trombe dell'esercito d'Israele, faceva parte dell'antologia religiosa di ogni buon ebreo. Il quale non poteva dimenticare che la conquista di Gerico è stata possibile anche grazie all'appoggio logistico di una persona di dubbia reputazione, ovvero una prostituta di nome Raab, che offrì copertura alle spie mandate da Giosuè a ispezionare in avanguardia la città. Cosa non si fa, per denaro...: del resto, quella donna era abituata a vendersi per denaro, ma con quell'appoggio logistico ebbe salva la vita, lei e la sua famiglia.

Brutto vizio, quello della gente di Gerico: vendersi per denaro. Al punto da sfruttare la tortuosa strada che proveniva da Gerusalemme per assaltare qualche malcapitato pellegrino proveniente dalla città santa e derubarlo (e sappiamo bene che se non fosse stato per un buon samaritano che passava di là, ci avrebbe rimesso la vita, oltre che la borsa). Del resto, una città così lontana da Dio, così pericolosa, così assetata di denaro e di bramosia di possedere, più di una volta viene descritta come una città priva di ogni possibilità di salvezza: una città brancolante nel buio, nelle tenebre del male, simboleggiate dalle tenebre nelle quali si trovava immerso Bartimèo, il cieco di Gerico, riportato alla luce da Gesù per la sua insistente preghiera.

Forse Gesù aveva veramente a cuore la salvezza di Gerico e dei suoi abitanti, se quel giorno, tra tutta la folla che faceva ressa intorno a lui, andò a cercare proprio il peggiore, un certo Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco. Siamo nella città del male e delle tenebre, la città in cui la gente è disposta a vendersi per denaro: e in questa città abita un uomo della peggior specie, perché è il capo dei pubblicani, ovvero la massima autorità nella peggior categoria di peccatori presenti nella Bibbia, perché collaborazionisti con i Romani, perché immondi, ladri, impuri, gente che rendeva impuro tutto ciò che toccava, i luoghi che visitava e i luoghi in cui abitava, nei quali bisognava guardarsi bene di entrare. Ci mancava che fosse ricco, questo capo dei peggiori peccatori della peggior città: cosa che Luca ci tiene a sottolineare, visto che gioca gran parte del suo Vangelo a condannare ricchi e ricchezze come eternamente e irrimediabilmente lontani da Dio. E come se non bastasse, Luca si diverte a prendersi gioco di lui, attribuendogli il nome di Zaccheo, che significa “uomo puro, immacolato”... Forse Gesù si è lasciato trarre in inganno da questo nome, se va alla ricerca di lui chiamandolo per nome e invitandolo ad aprirgli la porta di casa. O forse entrambi si stavano cercando, perché altrimenti non si sarebbero mai trovati, questi due uomini. Uno piccolo di statura, talmente piccolo da dover salire su un albero di sicomoro per riuscire a intravedere Gesù; l'altro che salirà più tardi, su un altro albero, quello della croce, passando anch'egli per il peggiore dei peccatori (tant'è, era entrato in casa di Zaccheo, per cui era già impuro), pur di salvare a tutti i costi qualcuno.

Dio ci vuole salvi a tutti i costi: a costo di passare non più per il Maestro, ma per un peccatore come tutti gli altri che condivide la casa e la mensa con i pubblicani; a costo di finire lui stesso su quel patibolo sul quale dovremmo finire noi, a causa delle nostre colpe; a costo di aspettarci fino all'ultimo momento della nostra vita, perché è sempre “l'oggi” della salvezza, l'oggi in cui un ladrone pentito può entrare in Paradiso, l'oggi in cui la salvezza può entrare nella casa di Zaccheo, perché - che piaccia o no - “anch'egli è figlio di Abramo”, e quindi fa parte anch'egli del popolo di Dio. E come finisca la storia, lo sappiamo bene tutti.

Credo proprio che a questo punto non ci possano più essere dubbi, riguardo alla volontà di Dio di volerci tutti salvi. Tutti: fino all'ultimo degli uomini, fino all'ultimo dei nostri giorni.

 

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