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TESTO Commento su Luca 18,9-14

Omelie.org - autori vari  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/10/2019)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Eduard Patrascu

„La preghiera e la pace del cuore”

Davanti a questa pericope del Vangelo di Luca che ci viene proposta questa domenica mi viene subito da dire: “ecco quale è la vera preghiera!” Ed ancora: “quanto è bello poter gustare la pace (= la giustificazione) del cuore che viene dalla preghiera!”.

Siamo alla seconda domenica consecutiva nella quale ci viene proposto di riflettere sulla preghiera, su ciò che essa è, su ciò che essa (com)porta. Abbiamo visto la domenica scorsa che il primo ingrediente della preghiera è... pregare costantemente. E magari pregare con la propria vita, cioè presentare al Signore ciò che noi siamo e ciò di cui abbiamo bisogno. Certo, le preghiere cosiddette classiche ci possono aiutare. Ma quante volte - ahimè - queste sono solo parole “al vento”, cioè non fatte nostre. Imparare a pregare bene: questo è il messaggio semplice e (magari proprio per questo) profondissimo.

É proprio Gesù che ci dice come si fa a pregare bene. Il brano del vangelo di questa domenica ci indica almeno tre cose di cui bisogna tener presente per pregare bene, cioè veramente.

1. Pregare vuol dire riconoscersi bisognosi davanti al Signore. Il fariseo si vanta delle sue conquiste... anche spirituali. Certo, ringrazia il Signore per questo, ma di fatto gli “rinfaccia” delle cose che lui - si sottolinea con “perseveranza”- fa ogni settimana. Ciò che il fariseo dice non è che una chiara prova della sua autosufficienza: nel suo discorso non c'entra per nulla la dimensione del dono, dei doni che ha ricevuto. E quando si dimentica la dimensione del dono, si annulla la preghiera. Sono parole al vento! Il pubblicano, invece, chiede insistentemente, ripetendo poche, ma vere parole, come vero era il suo bisogno. Il bisogno del dono della misericordia. Tutte e due sono andati al tempio per pregare, dice il testo. Ma solo uno di loro - dice, alla fine Gesù - ha pregato. L'altro ha sprecato tempo e parole.

2. Secondo Gesù, la posizione corporale durante la preghiera dice molto della profondità e della verità della preghiera. Questa, la posizione, diventa una specie di “esposizione del cuore”. Il fariseo, proprio purché si vanta, sta in piedi. Il testo non lo dice, ma lo si può intuire facilmente: stava ritto, nel primo banco, diremmo noi: gli occhi arroganti, il volto ironicamente sorridente, magari con le mani alle spalle, le sopracciglia alzate, e via dicendo per un atteggiamento presuntuoso ed arrogante. Il pubblicano, invece, in ginocchio, con il volto verso il pavimento (non certo per apprezzare il marmo o la rifinitura artistica!) e con il cuore spezzato dal dolore della propria miseria. Siamo chiari: il Signore non vuole che si venga a lui da “stracci”. No. Ma siamo noi che dobbiamo riconoscere che, davanti a lui, non meritiamo nulla, assolutamente nulla, nemmeno di guardarlo negli occhi. Dio vuole che noi, davanti a lui, siamo... noi stessi; persone che senza di lui non siamo nessuno, nulla. E solo riconoscendo questo possiamo pregare veramente. E la posizione corporale durante la preghiera ci aiuta moltissimo a riconoscere questa necessaria verità. E su questo punto sarebbe molto da meditare. Quanta irriverenza durante le nostre celebrazioni! Quanta incoscienza e quanta leggerezza! Qualcuno potrebbe obbiettare, come avviene spesso: “ma padre, che differenza c'è se, alla consacrazione, sto in piedi o in ginocchio?”. Ebbene, c'è differenza... ed è grande. É simile alla differenza tra - mi sia scusata la banalità - il godersi una bella cena festosa seduti o mangiarla in piedi, di fretta. Come la si godrebbe tenendo conto della posizione corporale? Ri-citando e portando avanti l'obiezione di sopra: “sempre nello stomaco arriva il cibo”. Si, ma come?

3. Vediamo che la preghiera, se fatta bene, porta frutti. Lo dice chiaramente Gesù: il pubblicano torna a casa giustificato. Il termine usato da Luca lascia intendere prima di tutto il fatto di aver ottenuto il perdono: essere giustificato da parte di Dio vale la remissione dei peccati. Ma possiamo tranquillamente allargare il significato e dire che, sperimentando la giustificazione, il pubblicano fa l'esperienza di Dio: lo sente, quasi lo tocca. E per questo possiamo dire che il pubblicano giustificato trova la pace del cuore. E questa pace del cuore è il più grande frutto della preghiera. O meglio, è il più grande dono di Dio. E quanto bisogno abbiamo di questa pace! Il pubblicano la trova perché si presenta al Signore in maniera semplice, cioè vera. Allora, la semplicità è il terzo ingrediente indispensabile per una vera preghiera.

Allora, vale la pena imparare a pregare bene, veramente. E lo faremo presentandoci davanti al Signore così come siamo: bisognosi di lui, della sua misericordia, del suo perdono, del suo intervento nella e sulla nostra vita. E non è indifferente che ci facciamo aiutare da qualsiasi cosa per poter conservare la consapevolezza della nostra dipendenza di lui... compreso l'aiuto della posizione del nostro corpo: è tanto semplice!

Che il Signore ci faccia gustare mediante la preghiera semplice la dolcezza della sua presenza... che ci assicura la pace del cuore e la serenità della vita.

 

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